Fernando Santos, l’ingegnere campione col Portogallo: Eusebio, la fede e una squadra ‘semplice come una colomba, prudente come un serpente’
F maiuscola è proprio il caso di dirlo per Fernando Santos. F come famiglia, F come fede, altra componente fondamentale nella sua vita e nella sua carriera. Casa, chiesa e campo. Fernando Santos è un altro Normal One, un commissario tecnico lontano dai riflettori per scelta, per carattere. Finché non ha vinto il primo Europeo della storia del Portogallo. Artefice della storia a lieto fine più bella del torneo. In sette partite, sei pareggi, una sola vittoria e la conquista della Coppa. Essenziale. Sarà per la sua formazione puramente scientifica. Studio, osservazione, lavoro, risultato. Perché è quello che conta. Elettricista a 15 anni ma l’amore per il calcio è nato prima, quando il padre da bambino lo portava al Da Luz a vedere Eusebio. Lo studio, sì, di questo gioco che l’ha catturato e che poi è diventata la sua professione.
Invece di finire dietro una cattedra ha scelto una vita sul campo da calcio, e poi in panchina. Anche se i genitori preferivano vederlo sui libri. “Non sprecare le tue energie dietro al calcio”. Gli avrà detto più o meno così suo padre, uomo rigido e scrupoloso. Così Fernando ha continuato a studiare, fino alla laurea in Ingegneria Elettronica. Dottor Santos. Ora mister e senza alcun rimpianto dal passato: “Mio padre era il mio migliore amico, a lui e mia madre devo tutto quello che sono diventato”. La famiglia ha sempre avuto un ruolo importante nella sua vita come nella sua carriera. Anche ieri, dopo la vittoria, il primo pensiero l’ha rivolto alla moglie e ai genitori. Ed anche a Dio. Rifugio, conforto. Vedendo i fallimenti degli amici, ha deciso che se fosse capitato anche a lui avrebbe dovuto reagire. In modo costruttivo, non distruttivo. Da qui la scelta di affidarsi alla religione, da qui, dicono, il suo carattere. Pacato, pacifico, tanto che per anni fu accompagnato dal soprannome ‘Sonno’. E ancora: altruista, emblema della stabilità in patria. “La fede è come la moglie: non si cambia”, sua frase simbolo come quella alla vigilia della sfida contro la Francia: “Una finale non si gioca, una finale si vince”.
Poche parole ma buone, visti i risultati. “All’intervallo ho detto ai miei giocatori che dovevano alzare la testa perché la partita poteva essere nostra”; detto, fatto. La capacità di farsi ascoltare che non tutti i ct hanno. Ieri ha ‘vendicato’ la finale persa 12 anni fa contro la Grecia. Sì, la Grecia. Ha allenato anche la nazionale ellenica prima di sedersi sulla panchina portoghese ed anche lì ha lasciato ottimi ricordi. Qualche parola in greco nella conferenza post finale e tanti messaggi di congratulazioni da molti suoi ex giocatori. La vittoria del Portogallo all’Europeo è anche (forse soprattutto) la sua ed ora si gode il trionfo e le luci della ribalta: l’allenatore ingegnere, tutto casa, chiesa e calcio, che è riuscito dove altri prima di lui avevano fallito. Che adesso in Portogallo sarà un po’ per tutti Fernando Santos… Subito!