Malta, Blessin e il Milan. Marchetti: “Nessun rimpianto. Lazio? Dispiace per come sia finita”
Il portiere dell’Ħamrun Spartans: “La fede e la lettura due doni. A Genova quattro anni stupendi, meno belli gli ultimi sei mesi…”
Ok, mi arrendo.
Anzi, no. Perché dovrei?
Cedere. È un verbo di seconda coniugazione, transitivo e sconosciuto a Federico Marchetti. No, non esiste questa parola nel suo vocabolario. “Nessuno mi ha mai regalato niente” racconta il portiere a gianlucadimarzio.com. “Mi vedo ancora in campo. Poi vorrei allenare. O almeno conoscere quel mondo”. L’ex portiere della Nazionale italiana gioca nell’Ħamrun Spartans, nella Premier League maltese. “Sto bene, sono soddisfatto della scelta. Ci ho messo poco ad ambientarmi”. Rimpianti in carriera? “Nessuno. Anche se quelle chiamate di Milan e Napoli…“. Fermi. A queste ci pensiamo più tardi.
Marchetti: “Stavo per finire nel dimenticatoio. La fede? Un dono”
Quel 14enne dallo sguardo vispo ne ha fatta di strada. Partito da Cassola (un paesino in provincia di Vicenza) con un borsone, i guantoni da portiere e un’irrefrenabile voglia di ‘spaccare il mondo’.
Il Torino lo vede. Lo studia. E decide di puntare su di lui. Ma nemmeno il tempo di arrivare che…‘Mah, quel ragazzino è troppo giovane. Forse dobbiamo mandarlo in prestito’. Detto, fatto. Pro Vercelli, Crotone, Treviso: non importa la categoria. Marchetti manda giù il boccone amaro.
L’ultimo ritorno sotto la Mole Antonelliana coincide con il fallimento del club granata. Quindi il ritorno alla Pro Vercelli, la Biellese e il primo vero cambio di marcia. “Avevo appena una presenza in Serie B. Era l’agosto del 2006: lì è partita la mia rinascita“. Dopo tanti viaggi in tutta Italia, Marchetti sposa il progetto Albinoleffe: “Mi presero gli ultimi giorni di mercato. Ero passato dall’essere il miglior portiere al Torneo di Viareggio al dimenticatoio”. Il ragazzo ha le qualità giuste. E ad accorgersene è il Cagliari: “Non ho mai mollato. Chi mi ha aiutato? La fede. Per me è un dono“.
“Lazio, sei stata tutto. Un libro da leggere? Il Cacciatore di Aquiloni…”
A Cagliari, dopo delle buone stagioni, finisce fuori rosa: “Ero in Sudafrica per il Mondiale. Ci fu una trattativa con la Sampdoria che sembrò chiusa e feci un certo tipo di dichiarazioni. Il presidente Cellino però cambiò idea all’ultimo. Da lì venni tagliato fuori”. Come una montagna che ti frana addosso: “Passai dall’essere il secondo di Gigi Buffon all’esser messo fuori squadra. Ringrazierò sempre Prandelli che nonostante tutto mi continuò a chiamare per lo stage”. Insomma, il come Federico non abbia mollato, ce lo chiediamo tutti. “In quel periodo ho letto molti libri. Avevo bisogno di distrarmi. Uno che consiglio? La mia compagna è un’attrice e spesso mi aiuta nella selezione. Ma se ne dovessi scegliere uno direi ‘Il Cacciatore di Aquiloni’. Mi ha aperto un mondo che non conoscevo”.
Ma torniamo a noi. In un modo o nell’altro, Federico lascia la Sardegna. Direzione? Fiumicino. Anche se…“Avevo un buon rapporto con Allegri. Mi cercò il Milan ma non si fece nulla, la trattativa fu complicata“. Quindi la firma con la Lazio: “Trovammo un accordo con il Cagliari. Sulla base di 5 milioni mi firmarono questa clausola rescissoria e accettai il trasferimento nella capitale”. Con i biancocelesti Marchetti scrive pagine indelebili nella storia del calcio a Roma. Peccato per quell’addio…“Lasciare la società dopo un anno vissuto fuori rosa era il mio ultimo pensiero – ma a parte questo – La Lazio è stata tutto per me”. E lo sa bene anche “l’altra squadra della capitale” – dice scherzosamente – che il 26 maggio del 2013 ha visto i biancocelesti alzare la Coppa Italia sotto la Curva Nord: “Una settimana surreale. Un ricordo indelebile”.
“Vi racconto l’infortunio segreto. Blessin? Non si comportò bene con i veterani…”
595 giorni. Quanti bastano per provare a ricucire una ferita (mai rimarginata) tra Marchetti e la Lazio. L’allora 35enne, di ritorno all’Olimpico da avversario, si lascia andare a un pianto di gioia sotto la Nord. La risposta? Una cascata di applausi e cori a lui dedicati. Per carità, anche a Genoa sono stati anni fantastici, “ma devo ammettere che non si è mai instaurato un rapporto tra me e i genoani”. Cioè? “Ho un bel ricordo della città. Lì è nato mio figlio e ho vissuto quattro anni straordinari. Sono arrivato in Liguria dopo un anno in cui sono stato fermo e ho accettato di buon grado i panni di secondo portiere. Peccato per gli ultimi sei mesi…”. Glielo si percepisce dallo sguardo. Dal tono di voce sempre più neutro: “La nuova proprietà ha tagliato fuori i veterani. Blessin? Si comportò male con me e gli altri ‘anziani’. Sarebbe stato meglio evitare certe umiliazioni…”.
Insomma, l’esperienza con il Grifone, in un verso o nell’altro, lo segna. Ma intanto passano altri quattro anni. Marchetti sta per toccare i 40 e nell’agosto del 2022 arriva la rottura del tendine d’Achille: “L’ho detto solo ai medici e alla mia famiglia”. Federico, è arrivato il momento di ritirarsi? Neanche per sogno. Recupero record, guantoni nel borsone e a gennaio arriva lo Spezia. Con lo stesso entusiasmo del ragazzino partito da Cassola. Complice l’infortunio di Drągowski, nella gara persa contro la Juventus, Federico taglia un altro traguardo: torna in campo a 40 anni e 12 giorni. “Una soddisfazione immensa. Non trovo altre parole. Deluso per il risultato, ovviamente. Ma la gioia provata in quel momento non è tutt’ora descrivibile“.
È quasi ora di cena. Marchetti è tornato da poco dall’allenamento. Prima di chiudere la videochiamata, facciamo un ultimo tuffo nel passato. Tra il Vicolo di San Gregorio Armeno e la spiaggia di Mergellina, in un trasferimento che, al Napoli, non si è mai concretizzato: “Il Genoa aveva un accordo per cedere Perin alla Juve. A Napoli avevano bisogno di un vice Meret e scelsero me. Non fu una trattative facile, avrei dovuto aspettare”. Il tempo passa e settembre si avvicina: “Le squadre erano in ritiro da un po’. Il Genoa mi propose il posto da titolare e accettati”. Lo dice con un pizzico di rammarico. Ma le scelte prese vanno onorate: “Dopo poche partite Radu diventò il titolare. A Napoli, invece, Meret si infortunò. E Ospina – arrivato come secondo – giocò tante partite. Nessun rimpianto – ribadisce – Ma chissà come sarebbe andata se avessi accettato…”. Chiunque avrebbe ceduto. Lui lo racconta con il sorriso. Il classico ‘What If’ di una carriera costellata da scelte pesanti. Ora Malta. in futuro chissà. “Io voglio continuare” un percorso lungo e ricco di ostacoli. Ma sempre con la stessa spensieratezza dei vent’anni.