Questo sito contribuisce all'audience di

“Una palestra? No, casa mia!”. Iacorossi, che segreti: “Prima amico, poi preparatore. Io, Totti e le lacrime di Balzaretti”

Colpisce l’ambiente: “Palestra? Macché! Sembra casa mia…”. Pochi macchinari, una rarità: “Mi piace lavorare così, esercizi e corpo libero”. Fabrizio ha uno stile tutto suo, vincente. E una parola chiave: “Atteggiamento”. Fulcro di vita: “Nel calcio, nel lavoro. Ovunque”. Sempre. Impresso nella testa dei suoi calciatori: “Balzaretti, Burdisso, Vucinic, Rosi, Totti”. Negli ultimi 5 anni ha lavorato un po’ con tutti: “Rimessi in sesto piuttosto, suona meglio”. Professione? Personal trainer: “E’ il futuro ormai, anche se ho un sogno…”. Quale? “Preparare una squadra di calcio”. Parola di Fabrizio Iacorossi, uno con le idee chiare: “Lotto per arrivare in alto!”. Uno che segue passo passo i suoi ragazzi e instaura un bel rapporto: “Con alcuni entra in gioco l’amicizia”. Ha una palestra al Villaggio Azzurro, vicino Spinaceto (Roma). Particolare, unica: dal soffitto pende una bicicletta, il muro è pieno di polaroid, c’è una parete piena di magliette autografate e un quadretto di scarpini: “Stefano Okaka 89”. Storia, nella storia. “Ci siamo conosciuti grazie ad Aleandro Rosi, fu un anno duro perché non andò neanche in ritiro. C’era Luis Enrique, erano giorni difficili. Ci allenavamo da soli a Trigoria. Poi a inizio stagione venne reinserito e iniziò a giocare bene. Sembrava un centometrista! Tutt’ora lo sento e lo seguo, gli voglio un bene dell’anima…”. Domanda spontanea, chi è stato il primo atleta? Fabrizio inizia a raccontare e non si ferma più. Un giocatore, un aneddoto. Ne ha per tutti. Siamo stati nella sua palestra e l’abbiamo ascoltato, in esclusiva su Gianlucadimarzio.com. Ha parlato del suo lavoro e della sua passione, si è anche commosso ripercorrendo gli attimi più importanti della sua vita. I suoi successi.“XCross” il nome della palestra, con un messaggio preciso: “My gym is different”. Fin dagli inizi.

PIVOTTO A CHI?

“Nacque tutto nel 2004, andai a seguire il ritiro della Roma Primavera. Studiavo, ma già volevo fare questo lavoro. Insomma andai lì e legai con Dario Polverini (oggi al Pisa ndr). E’ stato il primo, poi mi presentò Rosi. Da lì sono arrivati Okaka e Mirko…”. Già, Vucinic. “Uno spasso, una persona fantastica”. Rapporto vero: “Abbiamo stretto subito amicizia, al di là del lavoro. E’ uno dei giocatori più tecnici della storia della Roma, per me. Lo seguo tutt’ora poi, l’anno scorso sono stato più negli Emirati che in Italia!”. Parte l’aneddoto: “Ti racconto come ci siamo conosciuti…”. Vai: “Aveva appena segnato una doppietta nel derby con la Lazio. Io tifo Roma, ero a cena con amici. Entro nel locale e lo vedo, era gasatissimo. Incrociamo gli sguardi per caso e lui che fa? Inizia a corrermi incontro. E io scappo! Lui continua a correre però, secondo lui ero uguale a Pivotto, ex compagno nel Lecce. Da lì è stato amore a prima vista”. Coltivato nel tempo: “Anche alla Juventus, dove per due anni è stato protagonista. Conte l’ha valorizzato”. Tornerà in Italia? “Sta bene lì. Si diverte, gioca, è rilassato. Vive il calcio in maniera diversa, spensierata”. Poca nostalgia, quindi. Da Vucinic a Miralem Pjanic. “Ragazzo tranquillo, tutto casa e famiglia. Con lui ho lavorato in maniera diversa, ho preferito il pilates. E’ un giocatore su cui mi piacerebbe impostare un lavoro muscolare, sarebbe devastante. Più di quello che è”. Prima Roma, ora la Juve: “Penso sia bello cambiare, avere altri stimoli, altre ambizioni. Stava bene all’Olimpico eh, ma ormai di Francesco Totti ce n’è uno solo”. Anche qui, una curiosità su come si sono conosciuti: “Mi chiama il suo manager, mi dice che avrebbe portato Pjanic. Allora ci diamo un appuntamento, ma io non ci credo molto. Sono scettico. Però dai, facciamo che ci casco. Invece no, era vero!”.

DERBY, LACRIME E RISCATTI

Con Balzaretti rapporto speciale: “A lui sono molto legato. Ricordo il gol nel derby, ci abbiamo lavorato tanto. Lui giocava, era criticato, stava vivendo un periodo molto difficile. Iniziammo a lavorare in estate, a giugno”. Parla e si commuove: “Mi vengono i brividi, davvero. Guarda…”. Ha la pelle d’oca: “E gli occhi lucidi!”. Pensieri: “Ci siamo allenati quasi tutti i giorni, sempre. Anche durante le feste. Eravamo in palestra, la sua forma era strepitosa”. Fabrizio sicuro: “Fede, entro 3 giornate fai gol! Glielo dico. Passa una partita, due. Alla terza c’è il derby ma io sono convinto, segnerà”. Detto, fatto: “Non ci credevo, ho pianto in tribuna. Lui in campo ha fatto lo stesso. Dietro quel gol c’è stato un cammino incredibile, abbiamo dedicato tempo e passione al suo recupero. Sai com’è, spesso nel mio lavoro arrivano situazioni da risolvere. Vivono un momento difficile e cerco di riportarli fuori, ciò che faccio parte dal fisico e arriva alla mente”. Concetti che tornano: “L’atteggiamento è importante, non c’è miglior preparatore dell’atleta stesso”. Massima di vita imparata con… Florenzi: “Hai presente la rovesciata al
Genoa?”
Sì: “Ecco come nasce”. Altro giro, altro racconto: “Mi chiamò a
dicembre, dopo una partita con la Fiorentina. Non era al top. Iniziamo a lavorare sul fisico,
aveva un po’ di massa grassa in eccesso. Allora che faccio?
Alleggerisco, ma potenzio. Mette su 2kg di forza. Rientra col Genoa e
segna”
. Fabrizio sapeva, pure lì. Passiamo a Burdisso: “Gli voglio davvero bene”. Ragazzo umile, di spessore: “Mi ha detto di essersi pentito di non avermi conosciuto prima. Lì ho capito il valore di un allenamento. Era l’anno del Mondiale 2010, voleva andare in Nazionale ma l’allenatore non lo vedeva. Allora iniziammo a lavorare con l’obiettivo di andare in Sud Africa, era una sfida. Giocò alla grande, sia alla Roma che al Genoa. Ma non venne convocato, pazienza”. E lui? “Mi ha regalato un orologio che tutt’ora conservo. Grande cosa, è un giocatore che porto dentro, non so in quanti l’avrebbero fatto”. Questione di segreti: “Devi avere la loro fiducia, devono apprezzarti prima come persona e poi come preparatore. E’ questo il discorso”.

O CAPITANO, MIO CAPITANO!

Arriviamo al numero 10: “Eh, Francesco”. Sospiri e ricordi. Tanti: “Gli ho dato una mano”. Pardon, l’atteggiamento giusto: “Ancora oggi se lo porta dietro, poi per tutto il resto ci ha pensato Vito Scala, suo preparatore da sempre”. Ma la mano di Fabrizio c’è: “Ci conosciamo da parecchio, ogni tanto andiamo a prenderci un gelato”. Nel 2011 hanno lavorato insieme: “Era l’anno di Ranieri, non giocava sempre. A Capodanno eravamo a cena con lui, tutti parlavano del fatto che Totti dovesse giocare titolare. Io fui sincero, risposi di no. Nella sala calò il gelo, ma lui capì. Da lì l’ho aiutato a fargli capire che avrebbe dovuto fare qualcosa in più. Lo indirizzai dai un nutrizionista, gli diedi qualche consiglio e lui si mise sotto. A casa, a Trigoria, allenamenti extra con l’aiuto di Scala. E’ cambiato in un mese, poi nel derby ha segnato una doppietta”. Anche qui, profetica: “Gli ho detto, segni e ti togli la maglia. Accadde proprio questo, fu una bella soddisfazione”. Parere all’esperto: “Totti può continuare a giocare?”. Risposta chiara: “Certo, altri 2 anni. Sa gestirsi, sta bene. Ha un gran fisico. Poi dai, di che parliamo? E’ il giocatore per eccellenza, un fenomeno”.

IL PRINCIPINO E TUTTI GLI ALTRI

Capitolo Aquilani infine: “E’ il padrino di mio figlio, io lo sono della sua”. Più di un amico: “Persona fantastica, di spessore. Legge, si informa, studia, è un amante dell’arte”. Prima era noto come il giocatore di cristallo: “Certo, poi l’ho preso io e non ha più avuto problemi. Non per vantarmi eh, anzi. Io non mi vanto mai di ciò che faccio. Lo dico soltanto perché bisogna intervenire ad hoc per risolvere dei problemi specifici”. Chiacchierata quasi finita, ma Fabrizio ha ancora qualche chicca: “De Rossi mi chiama Barbafina, con lui ho lavorato una volta sola. Dice che con me fatica troppo”. Ride e riparte. Borriello? “Maniacale per il fisico”. Poi Macheda, ormai vicino al Novara: “Sta benissimo, mi ha promesso 10 gol”. Infine gli Inzaghi, Simone e Pippo: “Siamo vicini di ombrellone a Formentera, simpaticissimi. Li conosco bene!”. Enciclopedie del pallone: “Sono malati! Ero a cena con Simone giorni fa, di solito coi calciatori non si parla mai di calcio. Con lui sì, sa tutto di tutto. Come il fratello. E’ questo il loro segreto”. Persone preparate: “Studiano, si informano, grandi allenatori crescono”. E grandi preparatori poi. Come Fabrizio, che ne ha seguiti tanti e tanti altri ne seguirà. Pronto ad attaccare al muro l’ennesima polaroid. Sempre lì, nella “sua” palestra. Ops, casa.