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La sua Roma, il maestro Mazzone, Guardiola e Baggio. Petruzzi: “Ho avuto tutto”

La nostra intervista a Fabio Petruzzi: dalla sua Roma al Brescia passando per Mazzone, Baggio e Guardiola

Una vita calcistica divisa tra la Roma, la sua Roma, e il Brescia, con Mazzone sullo sfondo. Fabio Petruzzi si racconta a gianlucadimarzio.com. Un insieme di emozioni, una che spicca sulle altre: la felicità. “Ho avuto tutto”. Sì, perché nascere in una città, tifare una delle squadre di quella città e poi giocare in A con quella maglia non ha prezzo. 

Petruzzi, la Roma e il derby

Il ricordo della carriera? Pochi dubbi: stagione 1994/1995, Lazio-Roma 0-3. “Blue eyes” spiega: “Era un momento complicato della mia carriera, dopo l’anno a Udine in cui avevo avuto problemi fisici. Mazzone mi diede fiducia proprio nel derby. Vincere quella partita contro la Lazio di Zeman, Signori, Nesta. Vedere Carletto sotto la Sud, l’abbraccio col grande Fernando Fabbri, nostro dirigente, le lacrime finali: è uno dei ricordi più belli in assoluto”. 

 

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Quel derby arrivava dopo una settimana particolare: “Su un giornale venne fatto il confronto dei ruoli tra la Roma e la Lazio e finì 10-1, dei nostri salvarono solo Aldair”. Per Mazzone diventò un’arma in più: “Ci caricò, anche se il derby lo sentivamo già molto. Eravamo tanti romani in squadra. Ci ha dato un ‘la’ in più per dimostrare che la differenza non era netta”. 

Giallorosso dalla testa ai piedi, la Roma prima tifata allo stadio e poi difesa con la maglia addosso: “Per un romano-romanista è incredibile. Entravo nel vialone con la canzone di Lando Fiorini, vedevo quella maglia, quei tifosi. Sono nato nel ’70, ho vissuto la Roma di Falcao e di Di Bartolomei, che per me è ‘La’ Roma”. Per Fabio la Sud ha un fascino che va oltre il calcio: “Per il me bambino era meraviglioso. Si andava allo stadio solo per vedere cosa facevano”. 

 

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In nome della Roma, Fabio rifiutò anche offerte importanti: “Ci fu la possibilità di andare al Milan. Ero in scadenza, ma rimasi. Giocare a pallone era il mio sogno da bambino, farlo con la Roma era inarrivabile. Ho avuto tutto”.

Brescia, la rinascita e Mazzone

Brescia come rinascita, l’avventura in cui essere ancora protagonista. Per “Blue eyes” la chiamata di Mazzone valeva così tanto da farlo dividere dal grande amore: “Arrivavo da un anno complicato, da un rapporto non facile con Capello, nonostante lui qualche anno prima mi volesse al Milan. La stagione prima mi ero rotto il crociato. Mazzone mi voleva, era lo stimolo per tornare a livelli altissimi, nonostante dovessi lasciare la Roma, con cui pensavo di chiudere la carriera. La sua fiducia nei miei confronti era incredibile. Sono uscito da momenti difficili della mia vita solo grazie a lui. Nonostante la squadra fosse in costruzione, sapevo che garanzia fosse la sua parola. Ho passato 4 anni con grandi campioni”.

 

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Baggio, Guardiola e non solo. Quel Brescia ottenne risultati importanti: finale di Intertoto col PSG, semifinale di Coppa Italia. In panchina lui, Carlo Mazzone: “Quando lo conobbi tornavo da un anno a Udine in cui alla fine avevo avuto l’ernia del disco. Fisicamente non ero al 100%. Durante la preparazione arrivavo spesso dietro, nelle lunghe corse. Lui questo me la ricordava sempre. Mi ha aiutato a creare quel carattere che ancora non avevo. Porterò sempre nel cuore le nostre chiacchierate, soprattutto quelle degli ultimi anni a Brescia”. 

 

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Il giorno dell’iconica corsa di Mazzone sotto la curva al pareggio contro l’Atalanta Petruzzi era lì, in campo: “Stavo abbracciando Filippini. Mi disse: ‘Guarda il mister!’ Mi giro e vedo Carletto correre sotto la curva. Mi è venuto da sorridere”.

“Baggio? Un giocherellone. Guardiola allenatore in campo” 

A Brescia, Baggio era a fine carriera: “Roby era una giocherellone, rideva e scherzava sempre. Era anche serio sì, ma era un uomo da spogliatoio. Aveva qualche acciacco ed era comunque un grandissimo calciatore, figuriamoci a metà carriera cosa poteva essere…”.

 

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Con Guardiola il rapporto era molto stretto. Lui e Petruzzi vivevano nello stesso condominio: “Pep era già allenatore in campo. Era molto entusiasta degli allenamenti e del possesso palla di Mazzone. Stavamo spesso insieme con le famiglie, parlavamo di tutto. Rimase impressionato dal lavoro del mister: lo ha riportato al Barcellona, anche se con velocità 200 volte superiore”. 

Il messaggio di Petruzzi ai giovani

Ora Petruzzi fa l’allenatore individuale, l’opinionista radio e TV. Ai ragazzi che si avvicinano a questo mondo ricorda: “Non bisogna pensare ad arrivare a tutti i costi, ma a divertirsi“. E ancora: “Bisogna sempre ricordarsi ciò che i genitori fanno per i propri figli per portarli a giocare. Penso ai sacrifici dei miei, non va mai dimenticato”. Guardiola, Mazzone, Baggio: chi meglio di lui può essere “insegnante”. Ma in fondo si torna sempre lì, alle origini. Fabio ha “avuto tutto”, coronando tutti i suoi sogni e senza mai scordare il percorso fatto: ora aiuta gli altri ad accarezzare i propri.