Evra: “In Italia c’è troppa pressione sui calciatori. Ronaldo? Troppe critiche”
L’intervista di Patrice Evra, dai motivi dell’addio di Cristiano Ronaldo ai suoi ricordi con la maglia bianconera
Patrice Evra, per il popolo bianconero lo Zio Pat, ha rilasciato una lunga intervista a La Repubblica in occasione della presentazione del suo nuovo libro “I Love This Game”. Molto più di un semplice motto, per il terzino è diventato un vero e proprio stile di vita, tanto da diventare sempre più popolare sui social: “Ho creato un mostro”, afferma ridendo.
Evra, gli inizi difficili a Torino
Patrice Evra arriva a Torino nell’estate del 2014, ma non fu facile ambientarsi: “Non sono una persona depressa, ma, dopo Manchester, all’inizio non è stato facile a Torino. In Italia si lavora tanto, anzi troppo. Con l’equilibrio giusto le squadre italiane potrebbero vincere la Champions League con molta più facilità. In Italia ci sono troppe pressioni, l’ho vissuta alla Juventus, del tipo che se non ci allena in maniera durissima, non si vince mai. Non è vero. Per me è un segno di insicurezza. Io ho sempre lavorato duro nella mia carriera. Ma alla Juventus era tutto esagerato”.
“Il mio primo anno vincemmo il campionato e perdemmo la Champions League in finale”, continua l’ex terzino della Juve. “Sono convinto che quella coppa avremmo potuto vincerla se non fossimo arrivati così stanchi. In Inghilterra prima dei big match si canta e si balla nello spogliatoio. In Italia invece c’è troppa pressione sui calciatori”.
L’addio di Cristiano Ronaldo
Non solo compagni di squadra, ma anche grandi amici. Evra si confida anche su Cristiano Ronaldo, e quella decisione che ha lasciato i bianconeri a bocca aperta: “Ha bisogno di amore e rispetto. Ha capito che a Torino stava diventando il capro espiatorio dei risultati insoddisfacenti della Juve. Le critiche in Italia a Ronaldo sono state ridicole e anche un po’ ipocrite e poi le parole di Allegri quando disse “Cristiano non giocherà tutte le partite”, hanno avuto anche il loro peso. A Manchester nessuno si permetterebbe mai di criticarlo, a differenza di quanto accaduto quando era alla Juve. Questo è stato decisivo per il suo addio”.
L’intervista completa su La Repubblica