Eriksson: “Alla Lazio è stato il periodo migliore della mia carriera”
Attraverso un’intervista rilasciata a The Guardian, l’ex allenatore della Lazio ripercorre la sua carriera
L’ex allenatore della Lazio, Sven-Göran Eriksson, si racconta a The Guardian, ripercorrendo alcune tappe importanti della sua carriera: “Alla Lazio è stato il periodo migliore della mia carriera. Ho vinto sette trofei in meno di quattro anni. Quando ho detto sì all’Inghilterra, Nesta è venuto da me chiedendomi di restare. Volevo provare a tenere entrambe le panchine, ma era impossibile e ho rassegnato le dimissioni. Mihajlovic? Pensava di essere il migliore in tutto: miglior sinistro, miglior destro, miglior tiro, miglior velocità. Con lui, calciare una punizione era come tirare un rigore. Il suo sinistro era meglio del destro di Beckham”.
Le parole di Eriksson su Maradona
Eriksson, prima della Lazio, approda in Italia nel 1984, sempre a Roma, ma per allenare i giallorossi. Poi la Fiorentina, Sampdoria, fino ad arrivare ai biancocelesti: “Falcao era calciatore fenomenale, in un match contro il Napoli è stato anche meglio di Maradona. Diego era un uomo semplice. Ho cenato con lui alcune volte quando viveva a Dubai. Penso sia stato influenzato da persone cattive per tutta la vita. Come giocatore è stato probabilmente il più grande di sempre. Se fossi stato il suo allenatore? Maradona è Maradona, lo avrei lasciato libero per il campo”.
“Baggio, il più talentuoso insieme a Rooney”
“Baggio invece – continua ripercorrendo le sue tappe da allenatore – l’ho visto alla Fiorentina. È stato il giocatore più talentoso insieme a Rooney. Roberto aveva tutto: tecnica incredibile, visione, ritmo. Ricordo una partita contro il Milan di Sacchi in trasferta. Superammo due volte la linea di metà campo e due volte gol con Baggio. E in difesa c’era gente come Baresi, Maldini, Costacurta e Tassotti”.
Infine, ha rilasciato anche due parole su Roberto Mancini: “Alla Sampdoria dirigeva il club. Chiamava pure la cucina quando sapeva che avremmo fatto tardi dicendo di tenere la pasta in caldo. Era coinvolto in tutto, un figlio per il presidente Mantovani che spesso ospitava lui e Vialli a cena a casa sua. Roberto aveva standard molto elevati, in campo pretendeva il massimo e litigava sempre con gli arbitri e i compagni i squadra.Ma che talento! Poteva fare di tutto in campo”.