Questo sito contribuisce all'audience di

“E dire che mi sarebbe piaciuto fare il contadino…”. Gol e… “botte”, dalla serie A alla seconda categoria, Godeas si racconta

“Sono sempre botte…”. Poche parole, ma bastano a descrivere il gigante di Cormons. A quasi 43 anni Denis Godeas non ne vuole proprio sapere di smettere di segnare e far sognare… Quest’anno i fortunati sono i tifosi dell’ UFM Monfalcone, seconda categoria del Friuli- Venezia Giulia. Gol a grappoli, quasi 300 in carriera, 107 tra serie A e B, 3 in Coppa Uefa. Il bomber perde le categorie, ma non il vizio: 13 gol in 7 partite, un poker e tre doppiette. E Godeas, tanto per non smentirsi, si presenta all’intervista con un occhio nero… Denis, ma che ci fai in seconda categoria? “Sono rimasto affascinato da questo progetto, ho detto subito di sì” – racconta Godeas ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “Poi, sai, gli anni avanzano e adesso gioco per puro divertimento, non per i guadagni: mi piace provare tutte le categorie E’ arrivata un’età in cui bisogna prendere in considerazione alternative e infatti sto lavorando ad altri impegni con la Triestina, anche se non ufficialmente. Nel Monfalcone c’erano già quattro amici, conoscevo l’allenatore e il campo dista 10 minuti da casa: meglio di così non potevo chiedere! La categoria… lasciamo stare (risata)”.

Dalla Coppa Uefa e la serie A, fino alla seconda categoria: gol per tutte le competizioni… Qual è la rete indimenticabile? “In realtà mi manca qualche categoria e non so se riuscirò a completarle tutte vista l’età. Sicuramente il primo gol in serie A, contro la Roma di Totti e, e il primo in Coppa Uefa a Palermo, contro lo Sparta Praga, rimangono speciali, sono anche dei traguardi professionali. Però i ricordi più belli, più che alle reti, sono legati alle squadre. Per me la Triestina è il club del cuore quindi anche se giocavamo in serie B i gol segnati con quella maglia sono speciali. Ricordo ad esempio il derby vinto per 2 a 0 contro il Vicenza, un play-out per evitare di retrocedere in serie C. Sono tante le reti e parliamo di più di 10-15 anni fa, faccio fatica a ricordare tutto. Ormai sono vecchio… (ride)”.

Diciotto squadre in carriera, c’è qualche altra piazza speciale? “Premetto che in ogni club nel quale ho giocato non ho mai avuto problemi e questa, confrontandomi spesso con alcuni colleghi, è una cosa rara. Sono stato fortunato. Verona, Palermo, Messina, Venezia, Mantova, Como, Livorno, Bari, nonostante sia rimasto poco… Però la Triestina è l’amore più grande. A Trieste ho fatto le giovanili, ho esordito in prima squadra, ho fatto il record di gol, ottantasette. E’ casa mia, ho tutti gli affetti, amici e parenti e il Nereo Rocco è il mio giardino. Vivo qui 5 giorni su 7, non può essere diversamente”. E l’esperienza olandese come mai non andò bene? “Il De Graafschap era una società satellite dell’Udinese. Io sono stato legato ai bianconeri per 5 anni ed era la normalità andare a giocare in prestito. Dato che c’era questa partnership con altri 4 ragazzi andammo in Olanda. Ci rimasi poco perché poi andai a giocare a Treviso. Non era tra i miei desideri, calcisticamente parlando, ho dovuto accettare la decisione della società”.

Compagno e avversario più forte? Lungo sospiro: “Eh… bella domanda. Io ho giocato in un Palermo imbottito di giocatori che poi hanno fatto una grande carriera, come Barzagli. Andrea era già fortissimo all’epoca e con il tempo è diventato ancora più bravo. Anche Barone e Zaccardo sono diventati campioni del mondo. Ma fin dall’inizio ho avuto la fortuna di confrontarmi con campioni. All’esordio nell’Udinese in squadra c’erano Marcio Amoroso, Oliver Bierhoff, Paolo Poggi, Thomas Helveg… insomma, bei giocatori, vero? (ride di nuovo)”. Non meno facile la scelta del campione più bravo affrontato: Roberto Baggio, in assoluto. Tecnica, classe e carisma, come lui pochi, ma Baggio era già un campione assoluto, non fu certo una sorpresa. Chi mi stupì, invece, fu Clarence Seedorf. Quando lo affrontavamo si è sempre dimostrato di un altro pianeta, per lui noi eravamo come i bambini con i quali giochi nei parchi. Assolutamente superiore alla media dei giocatori di serie A. Se hai un paio di ore posso continuare… Era il miglior campionato del mondo, all’epoca da noi c’era veramente il meglio”.

Denis a Monfalcone è idolo della curva e dello spogliatoio. Anche degli avversari? “Sono sempre botte! A parte gli scherzi, nella mia zona sono molto conosciuto e rispettato. E’ chiaro che tutti sapendo che ho giocato in serie A e in Europa danno qualcosa in più per fare bella figura, per dimostrare di essere all’altezza. Ma ci mancherebbe, fa parte del calcio. E’ giusto così, lo facevo anche io quando con il Como, il Palermo e il Chievo andavo ad affrontare la Juventus o il Milan. Per fortuna fino ad ora sta andando bene a noi: gli avversari sono riusciti a strapparci solo un pari. Però adesso fammi toccare ferro…”. Prego, prego… Ma visti i risultati, forse non ce n’è bisogno. Anche nel profondo Nord-Est d’Italia esiste la scaramanzia… “Ma no, dai, non chiamiamola così. Io mi definisco più un abitudinario come, credo, un po’ tutti gli sportivi. Faccio sempre la stessa strada, mangio determinate cose, mi corico a una certa ora, la prassi alla quale sono abituato da sempre. Poi prima della partita ci sono i riti che mi accompagnano fin da bambino. Per adesso, toccando ferro, è andato tutto bene: e allora perché cambiare? Non lo so, forse un po’ di scaramanzia c’è. O forse no. Decidete voi… “.

Da grande Godeas cosa farà? “L’anno prossimo parteciperò al corso per prendere il patentino Uefa A per allenare, è una proposta che da Trieste e Udine mi fanno da diversi anni. Io ho voluto sempre rimandare questo passo perché mi diverto a giocare, prima o poi bisogna prendere una decisione. Ma ancora sono giovane… Mi piace stare in gruppo, lavorare sul campo, vedremo poi se sarò bravo. D’altronde ho “cento” anni di carriera alle spalle, qualcosa avrò imparato”. E se Godeas non avesse fatto il calciatore cosa sarebbe diventato? “Se non avessi fatto il calciatore… Qualche volta me lo sono chiesto, sai. Visto che sono nato in un paesino che non raggiunge i mille abitanti, dove ci sono tantissime aziende agricole, probabilmente avrei fatto l’agricoltore. Un lavoro faticoso, però mi sarebbe piaciuto”. Poi ha fatto altro. Decisamente meglio per Denis e per tutte le sue ex…