Questo sito contribuisce all'audience di

Dupont: “La sentenza Bosman non ha cambiato il calcio da sola”

L’avvocato Jean-Louis Dupont, che si è occupato dei casi Bosman e Diarra, ha rilasciato un’intervista ai microfoni di Sky Sport

A trent’anni di distanza dalla sentenza Bosman, l’avvocato che si occupò del caso, Jean-Louis Dupont – che ha seguito anche il caso Diarra – ha raccontato ai microfoni di Sky Sport quanto è cambiato il calcio da quel momento.

Ha esordito spiegando la portata della sentenza: “La prima cosa che devo dire è che sono davvero stufo, stanco, di parlarne. Per anni ho preferito evitarlo, perché mi sembrava che appartenesse a una vita precedente, diversa. Per me è stata, prima di qualunque altra cosa, una sentenza molto simbolica. Perché dal momento in cui per la prima volta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la CJEU, ha toccato il santissimo calcio, tutti, dagli abitanti dell’Andalusia, dall’Italia o del più piccolo villaggio, hanno scoperto che alcuni aspetti della loro vita erano in effetti dettati o regolati da qualcosa che si chiamava ‘Corte dell’Unione Europea’ o da una corte che si trova a Lussemburgo e che si chiama, appunto, CJEU“.

Dupont ha poi spiegato come, secondo lui, le conseguenze siano “spesso sovrastimate, perché se ha davvero cambiato il calcio, non l’ha fatto da sola: è avvenuta nello stesso periodo in cui è nata la televisione a pagamento, quella satellitare, che aveva bisogno di contenuti esclusivi. E qual era il contenuto esclusivo per eccellenza? Il calcio. È stata la combinazione di entrambi a cambiare davvero l’economia di questo sport. E, da un certo punto di vista, il gioco in sé“.

Dal racconto personale del caso ai cambiamenti concreti nel calciomercato e nel gioco: ecco le parole di Dupont ai microfoni di Sky Sport.

Dupont: “La sentenza? Come uno sportivo che trova il suo sacro Graal”

L’avvocato ha parlato di come ha vissuto il caso e la sentenza, arrivata esattamente trent’anni fa: “Beh, è il trentesimo anniversario, ma il caso è iniziato cinque anni prima. Ai tempi ero un avvocato molto giovane e inesperto e quegli anni furono terribili. Sei quasi da solo contro un intero sistema, non è stato un periodo piacevole. Quando è arrivata la sentenza, la sensazione era solo di sollievo. ‘Ok, lo abbiamo fatto per un motivo’, ci siamo detti. È come uno sportivo che trova il suo sacro Graal: non è felicità ma sollievo. Della serie: ce l’abbiamo fatta, possiamo dormire in pace“.

Conseguenze sul calciomercato, ma non solo. Dupont si è espresso così riguardo alle conseguenze sul campo della sentenza Bosman: “Se ha influito sul gioco? Sì. Anche se forse non sono la migliore persona per rispondere, perché non è il mio campo. Non dimenticate che la sentenza ha avuto un doppio valore: la libertà dei giocatori di muoversi a fine contratto, ma anche nessuna clausola sulla nazionalità. Prima, un club poteva giocare con tre stranieri, che più solitamente erano due assimilati, cioè stranieri che vivevano nel paese per più di cinque anni. All’improvviso è finito tutto“.

Se ricordo correttamente, più o meno due anni dopo, l’Arsenal, con Arsene Wenger all’epoca, giocò una partita ufficiale senza inglesi sul campo e senza inglesi in panchina. Senza le clausole sulla nazionalità, il calcio inglese è cambiato: con tutto il rispetto, parlavamo di un calcio ‘colpisci e corri’ che nel tempo si è trasformato con i portieri che potevano giocare con i piedi. E sono arrivati anche ottimi allenatori: non solo Wenger, ma anche Ancelotti, Guardiola e molti altri, che venivano con una diversa filosofia. Per questo penso che il calcio sia cambiato. Ma anche per un’altra ragione“.

“Con la sentenza messo a disposizione un unico mercato del lavoro in tutta Europa”

Dunque, per quale altro motivo è cambiato il calcio? Dupont risponde così: “Con la sentenza si è di fatto messo a disposizione un unico mercato del lavoro per tutta l’Europa. L’Uefa questo non l’aveva capito e non si è adattata: i talenti dei paesi piccoli, perché i diritti della televisione nazionale sono minori, si sono spostati verso i grandi paesi, verso le grandi leghe. Per esempio, Eden Hazard non ha mai giocato da professionista in Belgio, nel mio paese: a 16 anni era già a Lille“.

Quando si combinano la libertà di circolazione dei giocatori, il fatto che il modello territoriale dell’Uefa sia rimasto poco reattivo, con leghe più importanti e altre minori, e la nascita della televisione privata, si arriva a questo risultato: una concentrazione di talento nelle cinque grandi leghe. Anzi, adesso direi due o tre grandi leghe. Quindi sì, è cambiato anche il gioco. Ricordo che prima della sentenza di Bosman, penso che fosse nel 1983 o 1984, avevo visto l’Anderlecht vincere 3-0 contro il Real Madrid. Vogliamo rigiocare quella partita domani? Sia chiaro, io tifo per lo Standard Liegi… Ma parliamo di un calcio diverso“.

“Sentenza Diarra per il libero movimento e libera competizione”

Dupont ha confrontato così la sentenza Bosman con il caso Diarra: “Penso che quella di Diarra sia molto più rivoluzionaria! Bosman era solo per il libero movimento dei giocatori, Diarra è per il libero movimento e per la libera competizione. Per capire perché gli effetti di questa sentenza non sono così spettacolari come gli altri, dobbiamo presentare un confronto. Bosman, libertà di terminare il contratto: sentenza emessa il 15 dicembre 1995, significa che il 1 giugno 1996, centinaia di giocatori si sono potuti muovere a zero. Tutti lo vedono, è automatico. Nel caso di Diarra, invece, il tribunale dà ai giocatori la libertà di terminare un contratto unilateralmente, senza giusta causa, ma senza essere puniti dalla Fifa o dalle federazioni.

“Il giocatore deve poter ricevere il certificato di trasferimento internazionale: il suo prossimo club non sarà ritenuto legalmente responsabile, non riceverà sanzioni. In tutti i casi, il professionista deve comunque concludere il suo contratto per godere di questo privilegio: si tratta solo di una libertà a terminare unilateralmente“.

Ha poi spiegato come si è mossa la FIFA dopo la sentenza: “È dunque normale che durante l’ultima sessione di mercato estiva, tutti si chiedessero cosa bisognasse fare di quella regola. La Fifa, con intelligenza, ha imposto delle norme di transizione, che sono ancora contrarie al giudizio di Diarra ma che evitano di ricevere unilateralmente centinaia di richieste di interruzione di rapporto. Nel frattempo, la vera rivoluzione è iniziata: è la contrattazione collettiva, avviata il 1 dicembre sotto la guida della Commissione Europea. Viene definito ‘dialogo sociale europeo’, è normato dai trattati dell’Unione Europea e una serie di altri organi del calcio: è stato stabilito che a seguito della sentenza Diarra sono emersi i principi fondamentali di una nuova regolamentazione. Per cui, anche per l’Unione Europea, significa che le regole esistenti sono totalmente illegali e bisognerà cambiarle“.

Le parole di Dupont sulla sentenza Diarra

L’avvocato si è poi soffermato sulle prime conseguenze, non solo a livello europeo: “L’effetto è che bisogna portare una nuova armonia, ma bisogna farlo attraverso gli accordi di trattativa collettiva. Perché? Perché secondo la cosiddetta ‘legge Albany’, l’accordo di trattativa collettiva non è sottoposto alla legge di competitività dell’Unione Europea“.

“Quindi da qui si possono avere regole armonizzate per tutta l’Unione Europea, regole che si possono estendere all’Europa e al mondo, se l’Unione Europea e la Fifa vorranno farlo. Non sarà più una questione di leggi e norme nazionali: si può trovare l’equilibrio corretto tra gli interessi dei giocatori, dei club e anche dei tifosi, ovviamente“.