Donnarumma, lì dove tutto è nato. Il presidente della Scuola Calcio Club Napoli: “Aveva un pre-contratto con l’Inter, poi il suo cuore rossonero prevalse”
Tra Castellammare di Stabia – suo luogo di nascita -, Gragnano, Pompei e Santa Maria la Carità, località situate in provincia di Napoli, Gianluigi Donnarumma è un idolo. Da cosa lo si capisce? Semplice. Siamo andati alla Scuola Calcio Club Napoli, squadra che ha visto nascere e crescere questo ragazzino-ragazzone che adesso difende i pali del Milan e, per la prima volta, dell’Under 21. E all’ingresso in sede subito risalta agli occhi una foto incorniciata, con la foto di Gigio (“Mihajlovic l’ha chiamato Gigietto ultimamente in un’intervista, noi l’abbiamo sempre chiamato “Gigione”, ed è facile capire il perché”) in evidenza con la scritta “Esordio in Serie A a 16 anni e 8 mesi”.
E, adesso, dopo il debutto, ‘Gigio’ si sta confermando. E’ passato qualche mese e il giovane rossonero ha dimostrato di essere all’altezza, spazzando via ogni dubbio sulla precocità che potesse far male.
Un orgoglio per tutta la scuola calcio, che ha già avuto una buona discendenza di portieri: De Lucia, Antonio Donnarumma (fratello di Gianluigi), Iezzo. Non male insomma. Adesso Gigio è saldamente nella porta del Milan, coronando il suo sogno e quello di papà e fratello, entrambi cuori milanisti. Eppure il destino è incredibile alle volte. Già: pensate che una delle prime società a bussare alla porta del Club Napoli è stata l’Inter, proprio i cugini nerazzurri. E Donnarumma, sull’altra sponda di Milano, ci stava finendo per davvero.
“Sì, il primo pre-contratto – ammette in esclusiva ai microfoni di Gianlucadimarzio.com Ciro Amore, presidente del Club Napoli – è stato fatto proprio con l’Inter. Arrivò un responsabile della società nerazzurra, qui alla scuola calcio, per dirmi che lo volevano, ci diede un ultimatum e anche il padre accettò la destinazione. Andammo poi tutti a Milano e lo iscrivemmo anche a scuola per far sì che iniziasse la sua avventura al club dell’allora presidente Moratti”. “Quando Donnarumma andò a Milano con l’Inter, il preparatore dei portieri della prima squadra, Castellini, decise di prepararlo lui, perché capì che era un grosso talento” rivela Angelo Panariello, l’allenatore di Donnarumma alla scuola calcio stabiese.
Poi, però, si fece vedere anche il Milan. E quando il cuore chiama, non rispondere è impossibile. “Restammo cinque giorni a Milano e lui si allenava con l’Inter” racconta l’ex allenatore Panariello. “Era con i genitori quando è arrivato il Milan. Pare che il padre sia stato chiamato da Galliani e il suo cuore rossonero abbia prevalso. Tutta la sua famiglia tifava per il Milan. Gianluigi voleva seguire il fratello”.
E sì, non poteva essere altrimenti. Ecco come ha avuto inizio la sua favola, quella che oggi trova compimento nelle tre partite giocate con personalità e carattere, a dispetto dei suoi 16 anni. “Vederlo esordire è stata una grandissima emozione per tutti noi, abbiamo potuto godere di questi brividi al massimo, anche perché non c’era il Napoli”, scherza il presidente. Che poi continua, rivelando il Donnarumma bambino, anche se…”Donnarumma non è mai stato un bambino perché ha sempre giocato con i più grandi, e anche nelle categorie superiori tutti lo prendevano per un ragazzo più grande. Già da piccolo si capiva che fosse un campione, era palese che sarebbe arrivato in un top team”.
E poi un aneddoto in particolare: “Una signora litigò con la mamma di Gianluigi perché pensava che il ragazzo fosse più grande. Pensate che sua madre dovette prendere un documento per mostrargli l’età del figlio. Allora stavamo giocando con i ’97 e ’98, eppure lui era un ’99”. E poi, prosegue Panariello l’allenatore: “Aveva una qualità fin da bambino. Era molto diligente, tant’è che subito dopo l’allenamento andava a fare la doccia e dopo cinque minuti era già pronto per andare a studiare. Aveva due grossi meriti: uno il fisico e l’altro è quello di aver trovato qui un maestro, Ernesto Ferrara, che aveva già preparato Mirante, Iezzo, e Antonio, il fratello di Gianluigi. Quest’ultimo aveva una capacità di apprendimento unica. Ci metteva abnegazione, passione, oltre alle grandi capacità”.
E se volessimo sapere qualcosa che in pochi sanno? “E’ molto forte con i piedi. Pensate che io gli facevo battere le punizioni e ne segnò addirittura quattro. Noi rischiavamo di perdere le partite a tavolino pur di farlo giocare, perché era troppo piccolo e non poteva giocare nella categoria in cui lo schieravamo”. Sì, una costante nella carriera di Gianluigi: bruciare le tappe. E’ stato così al Club Napoli, è stato così nella Primavera di Brocchi ed è stato così con il Milan di Mihajlovic. Quella squadra che adesso difende e con il quale ha coronato il suo sogno. Quello partito tra queste strade di periferia, in mezzo a quattro paesi e su quel campo polveroso di Castellammare di Stabia.