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Dionisi Carpi diem: il Frosinone supera la sua bestia nera e torna secondo per una notte

La vendetta non ha preveggenza, diceva Napoleone Bonaparte. Per lui il 5 maggio non fu affatto una buona giornata. Per Federico Dionisi, invece, questa data rappresenta il giorno della vendetta. E a differenza di quanto diceva il generale francese, un po’ c’era da aspettarselo che sarebbe stato lui a chiudere un cerchio. Il ritorno del Carpi a Frosinone, quasi un anno dopo la semifinale del 29 maggio che spezzò il cuore a una città. Una finestra aperta sulla memoria che sanguina.

E non importa se gli emiliani oggi non assomigliano nemmeno un po’ alla squadra di Castori. Basta il nome. Da 342 giorni, la parola Carpi in Ciociaria è come il fukù dei romanzi di Junot Diaz. Una maledizione che si ripresenta appena la pronunci. Per spezzare l’incantesimo, serviva un gesto. Tecnico e morale. Da bomber e da capitano. Federico Dionisi quel fukù l’ha avuto addosso più di chiunque altro. Nell’ultima notte del Matusa, fu l’ultimo ad arrendersi. Ci provò per 95 minuti a sovvertire il destino. Questa volta gli sono bastati 300 secondi per cacciare i fantasmi dal nuovo castello. Stop di petto su cross di Paganini e diagonale di piatto destro alle spalle di Colombi. Il nono gol della stagione, quanto basta per tornare secondi, aspettando che nelle prossime ore proprio Castori col Cesena fermi il Parma. “Io andrò al parco con mia figlia Giulia a quell’ora”, dice il bomber giallazzurro nel dopopartita.

Il giusto riposo dopo una battaglia nervosa e attesa.

Cinque minuti per togliere una maledizione e un’ora e mezzo a soffrire, con 10mila tifosi a soffiare per cacciare gli spiriti malvagi dal tempio. Il cielo di piombo, una pioggia da tregenda, il raddoppio che non arriva, l’ingresso fischiatissimo di Mbakogu, nemico numero uno del pubblico ciociaro dopo i gesti della scorsa semifinale. Fatalismo e paura, qualche occasione sprecata e un paio di brividi di troppo. Il triplice fischio che si avvicina, ma non arriva mai, come l’orizzonte di Galeano. Ma nel finale, c’è ancora il capitano a prendere tutti sulle spalle. Prima litiga con Concas, poi si mette alla bandierina e nasconde la palla per un tempo infinito. Dominatore, all’inizio e alla fine. “Ci tenevamo in modo particolare a vincere questa partita, sapendo anche cos’avevano provato l’anno scorso i nostri tifosi. Quel gol ha chiuso un cerchio, ma adesso restano i 180 minuti più importanti”. Entella e Foggia da superare, “gufando” il Parma. Prima di oggi, il Frosinone era a meno 1. Oggi va a dormire sopra le altre, coccolandosi per una notte quella A, lontana tre ore di gioco e tredici giorni. Carpi diem, verrebbe da dire. Come ha fatto Federico Dionisi, napoleonico e struggente, il 18 sulle spalle a lottare ovunque ci fosse bisogno, perfettamente a suo agio nel nuovo 4-2-3-1 di mister Longo. “Adesso giocherei pure in porta, figurati. Parto dietro a Citro sulla sinistra, sono a disposizione di quello che vuole il nostro allenatore”. Un’idea, lo dicono i risultati, sicuramente efficace: 6 punti nelle ultime due gare. A Brescia l’aveva risolta Ciano all’ultimo tuffo, oggi ci ha pensato FD 18. “Venerdì sera i ragazzi della curva si sono presentati sotto al nostro albergo per darci la carica. Ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che toccava a noi non deluderli. Ce l’abbiamo fatta, anche se è solo un piccolo passo”.

Piccolo o immenso lo sapremo solo dopo Cesena-Parma. Camminare avvicina il traguardo. Se fosse un’utopia, si allontanerebbe come l’orizzonte di Galeano. Ma non lo è. Tredici giorni per un sogno. O per una vendetta contro il fukù.