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Difensore rigorista del Padova, Russo: “Io e Giuffrida, grandi amici. La chiamata di Ciccio Graziani, la pallavolo, il gol al Tardini…”

Michele e non Clemente, il nostro Russo fa il calciatore. Con un * sulla professione. “Se non avessi dato calci a un pallone forse… lo avrei preso a schiaffi, con le mani”. Ergo. “Sarei diventato pallavolista perché arrivo da una famiglia di pallavolisti”. Mamma giocatrice, papà allenatore. Da quando aveva quattro anni, sempre la stessa storia, routine pressoché giornaliera. “Durante la settimana: palestra. Il sabato: partita”. Un mondo diviso da una rete. “Avevo talmente la nausea che inconsciamente ho cercato uno sport che fosse agli antipodi”. No mani, no contatto fisico, no spazi chiusi. E il gioco (del calcio) è fatto. Il nostro Russo che di nome fa Michele, è il ’19’ del Padova. Ruolo: difensore. Ma c’è un * bello grande anche qui perché segna come un attaccante: 14 partite di campionato e 4 gol. Di cui due (e mezzo) dagli undici metri. Rigorista? Sì, rigorista. Un po’ per caso. “Quando giocavo all’Entella mi fermavo sempre a provarli, insieme agli attaccanti, dopo l’allenamento del venerdì o del sabato mattina. Ad un certo punto il nostro attaccante, nonché mio compagno di stanza in ritiro, ne sbaglia due consecutivi. Al terzo mi dice ‘Miché fai una cosa…’ così da lì in poi ho continuato a batterli io”. Con un buon bottino: 11 centri in quasi 100 partite. L’ultima firma biancoscudata (su azione) sabato, al ‘Tardini’ di Parma (1-4), con tanto di dedica speciale. “Il mio piccolo maschietto compiva quattro anni (l’altra femminuccia ne ha due) così ho pensato subito a lui”. Ovviamente. Un regalo di compleanno a suo figlio, uno al Padova di Oscar Brevi. “E’ stato un giorno particolare, fantastico. Una grande emozione perché non abbiamo solo avuto la forza di rimontare ma siamo riusciti a stravincere in un campo affascinante, contro un rivale storico”. E dire che fino al 16 ottobre questo stesso Padova con questo stesso allenatore e con questi stessi ragazzi sembravano più di là che di qua: zero fiducia, pochi risultati, poco gioco. E con un Brevi sull’orlo dell’esonero. “Eravamo coscienti delle nostre qualità, che siamo una buona squadra che può diventare ottima col passare degli allenamenti, del lavoro, delle buone prestazioni alla domenica. L’80% della rosa è diversa rispetto all’anno scorso, bisognava solo che meccanizzassimo determinati automatismi. Bravo Brevi a continuare per la sua strada. Adesso dobbiamo essere bravi noi a migliorarla questa strada. Perché ci sono tanti aspetti da migliorare ancora”. Tra Reggiana, Santarcangelo, Modena, Bassano, Feralpisalò e Parma, il Padova ha portato a casa ben 15 punti. E alla prossima c’è la capolista Venezia per un derby d’alta quota, a dividerle solo quattro punti.

Il dialetto veneto deve ancora impararlo ma ‘qualcosa capisco’, il piatto tipico ‘quale potrebbe essere?’. C’è da lavorare. Ma quando gli dici ‘Santo’, Michele da Chiavari ti risponde ‘Antonio’. “A Padova mi trovo benissimo, sia in città sia con la gente. Vivo proprio vicino al Santo e devo ammettere che il clima che si respira qui attorno è speciale. Turisti, pellegrini, oltre alla bellezza estetica della chiesa in se. Davvero qualcosa di unico”. Prova del padovano superata. Quindi Michele Russo è religioso? “Abbastanza, ma non praticante. Prima di entrare in campo mi faccio il segno della croce, penso ai cari che non ci sono più”. Michele Russo è anche fashion, no? Lui ride, perché ha già capito. Prendiamo in mano il “Vanity Fair” del 10 maggio 2014, pagina 86. Spunta la foto della maglia del centenario dell’Entella «squadra rivelazione del campionato di Lega Pro». In copertina, il suo faccione. E come titolo: “Il capitano fashion”. Come la mettiamo? “E’ nato all’improvviso e senza alcun merito… fashion! Avevo semplicemente segnato la settimana prima”. A Padova però il capitano in questione è un altro. “Alfageme è senza dubbio più alla moda di me! Anche se devo dire che questo mondo mi piace, mi diverte. Nulla più”.

Calciatore. Pallavolista mancato. Abbastanza fashion, padovano in fieri. Altro? Il Michele Russo ‘concorrente di un reality’ è l’ultima versione, forse la più curiosa e conosciuta, tra chi il calcio se lo guarda dal divano di casa. Ha partecipato a ‘Campioni’ nonostante lo scetticismo iniziale. “Io non ci volevo andare al Cervia perché non volevo emergere dal punto di vista dello spettacolo. Volevo semplicemente giocare a calcio”. Dal ‘non vado, non vado’ ripetuto all’infinito alla chiamata di Graziani. ‘Ciao Michele, buonasera sono mister Graziani’. “Pensavo fosse uno scherzo giuro”. Dopo tre giorni di prova, Michele si trova bene e accetta la sfida. E cosa trova? Un amico, che sente ancora oggi. “Io e Giuffrida è come se fossimo amici fraterni, siamo diventati una cosa sola. Lui adesso gioca in Eccellenza, vicino Roma”. Esperienza da rifare? “Non so se la rifarei però conservo un bellissimo ricordo. Personalmente feci bene, professionalmente qualcosina mi ha tolto perché quando esci da lì sei etichettato come ‘quello che’. Dopo due anni però sono comunque riuscito a fare il salto nel professionismo”. Fino al Padova. Alla ricerca di un altro salto (di categoria) che fino al 16 ottobre sembrava impossibile solo pensarlo. Ma d’altronde, anche Michele avrebbe dovuto fare il pallavolista…