Derby – 4 | Diavolo…d’un’ossessione. Andrea, il più grande collezionista di maglie del Milan: “Ne ho circa 550, tutte match worn”
Il monito sulla passione è più che chiaro, pur arrivando solo alla fine di una bella e lunga chiacchierata: “Se ne trovo una che mi manca, sono come uno squalo davanti al sangue…”. E sorprendersi, di fronte ad un’affermazione simile, risulterebbe certamente la reazione più adeguata, quantomeno nelle proporzioni: a meno che la vostra curiosità, per chissà quale motivo, non vi abbia spinto fino ad una piccola frazione del bresciano, più precisamente Leno. Da non confondere con il portiere del Bayer Leverkusen, osservato con attenzione anche in Italia, ma inatteso scrigno di un enorme pezzo di storia. Soprattutto a tinte rossonere…
Per capirlo basta un numero, più o meno preciso: 550. Foto o ritagli di giornale? Acqua, e anche a scrosci. Solo ed esclusivamente maglie match worn: più italianamente, indossate in partita. Perchè Andrea Ronchi, dal lontano 1997 ad oggi, ha deciso di dare il via ad una vera e propria missione personale: possedere ogni singola casacca del Milan possibile, annata per annata, per far crescere sempre più una collezione senza eguali. Fuoco (stavolta sì, e soprattutto interiore) che ha portato il protagonista della nostra storia a coltivare un desiderio enorme in un piccolissimo spazio, più precisamente in un lungo armadio, destinato ad essere svuotato per godere di un’area apposita dove esporre il proprio tesoro: dal mondo dei motori, in cui attualmente lavora, alla creazione di museo personale, in arrivo il più presto possibile e destinato a fare invidia a qualsiasi altro tipo di esposizione calcistica.
L’INIZIO (CONTIENE: MERENDINE, SHEVCHENKO, C.MALDINI E NORDAHL)
“Tutto è nato quando ero piccolo, negli anni ’90, quando c’era la promozione della Ferrero sulle maglie dei mondiali giocati in Italia – racconta Andrea a GianlucaDiMarzio.com – e da lì, comprando le merendine, raccoglievo i punti. Mi ero fatto mandare un paio di maglie delle Nazionali che disputavano il Mondiale, così è nata questa passione: sono del ’77, nel ’90 ero ancora minorenne e non avevo ancora disponibilità economiche per comprarne tante. Poi, piano piano, con le mance che raccoglievo andavo in un negozio qui a Brescia e le compravo: con l’avvento di Internet il movimento legato alle maglie si è ampliato. Piano piano ho scoperto che le maglie che indossano i giocatori non sono le stesse che acquisti in negozio. E’ stato un po’ un trauma perchè mi sono reso conto che il materiale che avevo acquistato non valeva niente, e da lì ho cominciato a darmi da fare per riuscire a trovare i canali e i contatti per collezionare maglie match worn”.
Milanista e bresciano sì, con un cuore diviso a metà: ma…la scelta sulla duplice collezione di maglie è stata la stessa sin da subito? “E’ partito tutto dal ’97: all’inizio collezionavo maglie da tutto il mondo, ma iniziava a diventare una cosa un po’ dispendiosa, sia in tempo che soldi, e non riuscivo mai a completare bene una collezione. Così ho venduto tutte le maglie, tranne quelle del Milan e del Brescia, le squadre per cui tifo, e sono andato avanti collezionando queste. Sono diventato milanista grazie ai miei genitori e i miei zii, riuscendo ad andare a San Siro solo da maggiorenne e con i miei amici: la prima partita vista allo stadio è stata un’amichevole tra Brescia e Milan dell’87, al “Rigamonti”, andai con mio papà. Il bel ricordo che ho, dai tempi delle medie, era vedere le finali del Milan di Sacchi per l’Intercontinentale: giocavano in Giappone e bisognava alzarsi presto, spostandoci con il divano più vicino alla TV per non fare rumore”.
Ma come si arriva a possedere così tante maglie indossate da campioni? L’inizio, per protagonista, non è certo dei peggiori: “La prima maglia match worn che sono riuscito a trovare è quella di Shevchenko, della stagione 2000/2001. Quando ho capito di voler collezionare maglie indossate ci è voluto un po’ di tempo per trovare i canali giusti, non è stato così semplice: anche ora le maglie le prendo da persone che gravitano nel mondo nel calcio, con eBay se hai la possibilità economica di partecipare ad aste benefiche c’è comunque più chance. All’inizio, quando ho iniziato io, non costavano così tanto: ho preso maglie che magari ora costano 4-5mila euro a 30mila lire. E la prima maglia della mia collezione è del ’63-’64 di Cesare Maldini, rossonera, insieme ad una bianca di David: ora, con tante richieste, sono aumentati anche i falsi, ed è difficilissimo distinguerle. Purtroppo non ho mai avuto una maglia regalatami direttamente da un calciatore, ma tante sono riuscito a prenderle da ex giocatori di squadre che hanno sfidato il Milan: ormai seleziono davvero tanto e si fa fatica anche a riconoscere i falsi dagli originali, qualcuno è riuscito a trovare telai toscani che con processi di invecchiamento e acidi riescono a falsificare le maglie e farle apparire datate. Esempio: avevo preso una maglia degli anni ’50 di Nordahl che avevo portato anche al museo di San Siro: confrontandola con maglie esposte lì, alla fine ho scoperto una piccolissima differenza. Chi me l’aveva venduta ha raccontato che la maglia gli era stata consegnata dal figlio di Liedholm in un momento particolare per la famiglia di Nils: sono riuscito a contattare Carlo, ma mi smentì tutto. Liedholm non gli aveva mai dato nulla, questa notizia venne fuori anche sui giornali”.
PRESSING, VIAGGI, STORIE: QUANDO ACQUISTARE UNA MAGLIA E’ (ANCHE) IMPRESA E SANA FOLLIA
Occhio di falco, attento ad ogni singolo, possibile dettaglio o cucitura per verificarne l’autenticità, e canali speciali (fino a Madrid), con collaborazioni instaurate anche con il Museo del Milan sino a qualche mese fa. Ma tra le 550 maglie possedute, ce ne sarà una più speciale di altre? “Ne scelgo due: una è la maglia di una certa importanza, usata da Gullit contro la Steaua Bucarest (finale di Coppa dei Campioni del 1989, ndr) contro cui realizzò una doppietta: me l’ha data un ex capo ultrà. Ricordo che lavoravo a Verona, ero andato apposta a prenderla a Padova smettendo prima di lavorare senza dirlo al mio titolare. Erano tanti anni che la inseguivo e quando chi la possedeva ha deciso di venderla ho mollato tutto e sono partito subito per andare a prenderla: è un po’ rovinata, perchè è stata usata anche per giocare a calcetto…. L’altra per cui ho tribolato un po’ è stata quella di Massaro, finale di Coppa dei Campioni nel 1990 a Vienna contro il Benfica: ai giocatori del Milan vennero rubate le borse all’aeroporto con tutto il materiale tecnico all’interno, e quelle maglie andarono perse. Sono riuscito dopo tanti anni a conoscere un giocatore portoghese che l’aveva scambiata con Daniele: dopo tanti anni in cui ho insistito per acquistarla me l’ha venduta, a seimila euro. Poi ogni maglia ha una sua storia: ho preso anche un aereo per andare ad acquistarne una, ad esempio a Palermo, una numero 18 del ’78/’79 bianca. Era stata indossata da un calciatore in un’amichevole del Milan a Trieste, regalata ad un ragazzino disabile in carrozzina e finita successivamente nelle mani di questo mio amico in Sicilia. In treno invece sono andato fino a Napoli da un amico, per prenderne una di Rivera della stagione ’69/’70: potevo farmela spedire a Brescia, ma non mi fidavo e sono andato giù a prenderla”.
LA MADRE DI WOOTER E “L’INTROVABILE”. TRA GIALLO E AZZURRO…
Da Lehmann a Guly, passando per Baresi, Vettori, Ielpo, Taibi e Constant. Considerazione quasi obbligata: non gliene mancherà davvero neppure una. E invece…: “Il prossimo obiettivo? Farei ponti d’oro per averla ma non si trova: è l’unica maglia che mi manca della gestione Berlusconi ed è relativa alla finale giocata contro l’Ajax, persa a Vienna nel 1994/95. Ho tampinato gli ex giocatori dell’Ajax di quell’anno, ma non riesco a trovarla: è particolare perchè è stata la prima occasione in cui i giocatori hanno indossato i propri cognomi sulla schiena, con una toppa incollata sulla maglia. Fu anche la prima occasione in cui sulla manica comparve lo star ball, la patch rotonda della Champions League: prima era quadrata. Una di quelle maglie del Milan l’aveva un giocatore dell’Ajax, Wooter, scambiata a fine gara con un calciatore rossonero: l’anno scorso, tornato a casa della madre in Suriname, non l’ha più trovata. Probabilmente gliel’ha buttata via la madre…”. Sacrilegio.
Tra il (tanto) rossonero dell’armadio di Andrea, tuttavia, spiccano anche colori particolarmente insoliti per la storia del Milan: “La maglia più particolare secondo me è quella gialla della Supercoppa Europea vinta contro l’Arsenal, è stata la prima volta in cui il Milan ha usato una casacca simile. C’è anche quella azzurra del 1995/96, con Lotto che aveva introdotto una serie di maglie che non c’entravano nulla con i colori sociali del Milan al di là del rossonero e del bianco come seconda”. E quest’anno? “La prima è stata quella di Borini, con sponsor cinese (usata dal Milan nella tournée in Cina, ndr), poi ho preso la terza nera di Bonucci e quella di Donnarumma, gialla, indossate a Roma contro la Lazio, avute tramite un passaparola”.
E se dovessimo metterle in campo oggi con un undici speciale, queste maglie? “Partirei da Albertosi in porta: avere la maglia di un portiere anni ’70 non è facile. Come terzini direi Tassotti, con Maldini dall’altra parte e il duo Baresi-Galli come centrali: ho anche conosciuto Filippo e tramite un suo amico ho avuto tante maglie sue. A centrocampo Rijkaard, di cui ho molte casacche, Gattuso e Pirlo, mentre in attacco sceglierei Van Basten, Gullit e Massaro: non so come mai, ma ho tante sue divise delle finali che ha giocato”.
IL DERBY, PIRLO E IL DESIDERIO CHAMPIONS
Ricordi tangibili, con tante maglie storiche davanti agli occhi, ma anche impressi nella mente. E nella settimana che porta ad un derby importantissimo per la ambizioni della sua squadra, qualche curiosità a riguardo è inevitabile: “Quello che ricordo più volentieri è di Champions, stagione 2002/03, quando pareggiando le 2 partite il Milan andò in finale: ero allo stadio, quella parata di Abbiati su Kallon…C’è anche il 3-2 in rimonta con il gol finale di Seedorf. Il gol storico, invece, è quello di Hateley di testa, visto in TV: ho anche la sua maglia. Per i tifosi credo sia stato un momento speciale. La maglia rossonera di un ex Inter al quale sono più legato è invece quella di Pirlo, anche con la scusa che è di Brescia ed è cresciuto in un villaggio a pochi chilometri da casa mia. Alle tante maglie che ho di Pirlo sono molto affezionato: soprattutto quella della finale di Istanbul, la casacca più importante nonostante la sconfitta…”.
Tanti Milan diversi vissuti, tra stoffa e campo: quello attuale che effetto fa? “Il progetto sembra serio, al pari di Fassone e Mirabelli: bisogna aver pazienza perchè nel calcio non è così facile vincere e avere successo subito. Il Milan ha perso un sacco di anni, dopo le ultime vittorie il progetto è stato un po’ abbandonato: post 18° scudetto sono andati via giocatori importanti e non sono più state fatte campagne acquisti serie diciamo, c’è ancora qualcosa da sistemare ma penso e spero che nel futuro ci sia successo. Sarebbe bello tornare in Champions ma non è facile. Come finisce il derby? Spero in una vittoria o almeno in un pari, se dovesse perdere credo Montella sarebbe a rischio…spero vengano fuori giocatori che sinora si sono visti meno”. Un po’ come quella maglia della finale di Champions a Vienna, piccolo buco e rammarico in una collezione pazzesca che, giorno dopo giorno, aumenta in quantità, qualità e…fama. Con più di 50 anni di storia e successi riacchiusi in una stanza in cui perdersi, appendino dopo appendino, diventerà presto consuetudine per molti. Ma i pensieri calcistici, per ora, restano due: la stracittadina di domenica e…la prossima maglia da collezionare. Di un giocatore decisivo? La speranza, per Andrea, è chiaramente quella…