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Tradizione e modello Atalanta. Il dg Benassi: “La Coruña vive per il Depor”

Una scalata in Segunda División con un progetto rinnovato. Il direttore generale Massimo Adalberto Benassi racconta la nuova realtà Deportivo ai microfoni di gianlucadimarzio.com

Tra la Ciudad Vieja e le soffici spiagge bagnate dall’oceano Atlantico, la passione per il calcio (e per la vita) dei galiziani è contagiosa, quasi viscerale. La Coruña è così. “Se non la vivi è difficile da spiegare”, racconta il direttore generale del club Massimo Adalberto Benassi ai microfoni di gianlucadimarzio.com. “È come stare in un’altra dimensione, difficile paragonarla a un’altra città spagnola. E il Deportivo è una conseguenza di tutto questo”. Ricordate quando all’Estadio Riazor andava in scena una delle più grandi rimonte nella storia della Champions League contro il Milan? Oggi, il club gioca in Segunda División – la Serie B spagnola, per intenderci – raggiunta proprio poche settimane fa dopo quattro anni di tentativi a vuoto. Il segreto? La valorizzazione del settore giovanile seguendo la filosofia di alcuni club italiani. Ma andiamo con ordine.

 

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Aquí Comeza Outra Historia

“Qui comincia un’altra storia” è lo slogan che ha accompagnato il cammino del club e la risalita verso la Segunda División. Eppure l’inizio non era stato dei migliori e Benassi, dopo un gran sospiro di sollievo, spiega com’è andata: “La scorsa estate la proprietà ha deciso di cambiare tutti i dirigenti. Abbiamo dovuto formare una squadra intera in due settimane: dopo otto giornate eravamo in zona retrocessione”. Poi, la svolta e l’intuizione che si è rivelata decisiva. Da gennaio abbiamo preso delle decisioni impopolari sul calciomercato: abbiamo recuperato diversi giocatori dagli infortuni e abbiamo puntato sui giovani. Dal 21 gennaio non abbiamo più perso una partita”. E non è un frase fatta: 14 vittorie, 4 pareggi e il Deportivo torna in Serie B con due giornate d’anticipo. 

 

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Beata gioventù

Arrivato in Spagna nel 2017, dopo le esperienze con Leganes e Ibiza, riceve la chiamata del Deportivo. Inizialmente inserito nell’area marketing, lo scorso luglio Massimo Adalberto Benassi è diventato il direttore generale del club. Qui le categorie sono molto più organizzate e competitive; le regole del Fair Play devono essere sempre rispettate: il controllo è molto rigoroso e la Lega aiuta anche i club più piccoli nella loro crescita”.

Dicevamo del settore giovanile: per il Deportivo una piccola Masia. “Attualmente in prima squadra abbiamo nove giocatori che provengono da lì. Ci stiamo puntando molto e i risultati ci hanno dato ragione. David Mella e Yeremay Hernández – esterni d’attacco – sono la nostra soddisfazione più grande. Hanno disputato una stagione pazzesca”. E uno sguardo, in questo senso, è sempre volto all’Italia:Come filosofia seguiamo i modelli di Atalanta, Parma e Venezia. Hanno lavorato molto bene negli ultimi anni, in termini di valorizzazione e competitività”.

 

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Passione viscerale

È difficile, quasi impossibile, girare per le vie di La Coruña e veder indossata una maglietta che non sia biancoblu: per gli abitanti esiste solo il Depor. Provare per credere. “La città è legata al club e viceversa, sono un tutt’uno”. Una passione vera e sincera. I 70.000 e oltre aspettavano una promozione che mancava da troppo tempo, fortunatamente per loro quel momento è arrivato dopo anni di attesa. “Nell’ultima partita casalinga c’erano 32.000 persone allo stadio e oltre 40.000 fuori ad aspettarci. Si respira un’atmosfera pazzesca, unica. In questa stagione abbiamo raggiunto il record di abbonamenti”, sottolinea il direttore generale. Per tradizione e storia, il Depor è un atipico club di Serie B. Sicuramente, un’anomalia destinata a durare ancora per poco tempo ma “senza grande fretta” aggiunge il dg. “Ti accorgi subito di essere travolto da un sentimento diverso da tutto il resto. Il centro sportivo ha delle strutture che tanti club di Liga non hanno. Un sentimento popolare che unisce e condivide. Una comunità sotto la stessa bandiera. 

 

 

 

 

 

 

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La nostra chiamata con il direttore generale termina con un desiderio o meglio, una speranza per il futuro. Tra cinque anni spero di vedere il Deportivo in qualche stadio italiano per giocarsi una competizione europea. E perché no, magari ancora a San Siro, contro il Milan.