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Dejavù Immobile: ‘nu juorno buono per tornare a Torino

‘Nu buono guaglione fin da subito. Diligente nel lavoro: “Finiva la scuola, mangiava un panino e andava ad allenarsi”. Ragazzino. Ora uomo, marito, padre di due figlie: “Sono la mia forza, un esempio”. Prima di tutto calciatore. Bomber. Anche se all’inizio i ruoli erano altri: “Nel Sorrento giocava più da esterno”. Posizioni diverse, una sola attitudine rimasta tale: “Tirava da ogni posizione e segnava. Sempre”. ‘Nu buono guaglione, Ciro Immobile. Che ora – di buono – spera di trovare pure il “giorno”. L’ennesimo, sì. Quello per segnare alla sua ex per la prima volta da avversario. Come quello del suo amico Rocco Hunt, poi. Cuffie e musica. “Mi carico così, con le sue canzoni”. ‘Nu juorno buono per tornare a Torino, giusto Cirù? Rendimento top: 8 presenze, 5 gol. Le lodi di Inzaghi e la Nazionale ritrovata: “Adesso volo, sto alla grande”. In formissima. Come ai tempi di Torino. Pure meglio forse: in granata nessun gol nelle prime 7 di campionato. Poi, storia nota. Ricordi ed emozioni, squilli e triplette. Infine Ventura, ex maestro granata ora tinto d’azzurro. Che faville tra i 2: “Mi tratta come un figlio, sa cosa posso dare”. E lo sa pure Inzaghi: “Simone mi ha chiamato per chiedermi di Ciro, gli ho detto che deve andare in profondità” dice “papà” Giampiero.

Immobile mai, guai a farlo. Sempre in movimento sgusciando tra i centrali. Dall’Olimpico, all’Olimpico. Prima la Mole e oggi il Colosseo. All’ombra di entrambe. “L’avrà scetat’ o sol. Innamorato di Roma e dei suoi vicoli. Sempre in giro. Tanto ci pensa Jessica ad immortalare tutto su Instagram. “E se dovesse segnare al Torino?”. Non esulterebbe, basta leggere la lettera con cui si congedò prima dell’inizio col Borussia. Una sfilza di “grazie” distribuiti tra staff e giocatori. Ventura in testa. 22 gol non si dimenticano, specie quel titolo di capocannoniere che lo portò ai Mondiali brasiliani. Neanche l’amico Cerci, poi. Una spalla ideale. Torino è stata una scintilla, una schiocco di dita. Una lampadina che si è accesa all’improvviso grazie a un’intuizione di Petrachi, ds come pochi. Quella forza che ti dice “Sai che c’è? Ce la posso fare”. Consapevolezza. Al Genoa, Ciro aveva segnato solo cinque gol. “Un momento difficile”. Abbattersi: MAI. Rialzarsi: sempre. Style of live. Anche se con le lingue…“Me la cavo meglio col dialetto napoletano!”. Fece la fine di Signori e al posto di Zeman trovò Ventura: “Bomber? Io?”. Non reagì così, Immobile. In fondo bomber lo era già stato col Pescara e proprio col Boemo (28 gol). Ma stupì l’Italia intera, pure il fantacalcio. Si era un po’ perso, ci può stare. Ritrovarsi era più complicato e ci è riuscito alla grandissima. Diventando finalmente “Grande”.

Ne ha fatte di campagne in giro per l’Europa, ne ha combattute di battaglie. Ma tra Spagna e Germania ha sempre perso, non è dovuto andare neanche fino in Russia. Così così al Borussia: “Non parlavo con nessuno”. Tedeschi “freddi”. Malino anche al Siviglia. Panta rei, dicono. “Tutto scorre”. E infine sì, tutto ritorna. Come il Torino e i suoi tifosi. Come l’Olimpico. Come l’erbetta che l’ha reso uomo e l’ha riaccolto due anni dopo. Cinque gol, un infortunio e la nascita del tandem Immobile-Belotti, replicato anche in Nazionale. Infine, però, qualche dissidio col presidente Cairo: “Non è convinto? Non lo riscatto”. Sassolini, nulla più. Perché la sua storia col Toro resta tale. Come quella lampadina che s’accese all’improvviso illuminando il mondo pallonaro. Parte la musica, Rocco Hunt nella playlist. L’erbetta dell’Olimpico sotto gli scarpini. Brividi forti. E’ sempre ‘nu juorno buono per tornare a Torino.