Questo sito contribuisce all'audience di

Il triangolo offensivo di De Zerbi: come i Bulls di Jordan stanno influenzando il Brighton

In NBA non lo usano più, ma De Zerbi non ha dimenticato il “triangolo offensivo”

Il Brighton non può più essere una sorpresa. Non serviva di certo la vittoria a Old Trafford contro il Manchester United per consacrare questa squadra, ma la botta di consapevolezza è arrivata in tutta Europa questa volta. Anche prima di iniziare il vero percorso europeo. Domani 18 settembre è esattamente un anno da quando Roberto De Zerbi si è seduto sulla panchina degli inglesi. Le rivoluzioni fatte in 364 giorni sono inquantificabili: dal cambiare la visione dell’allenatore italiano catenacciaro in Inghilterra a un “guardiolismo” rivisitato e portato a livelli estremi. Ma forse la vera forza di questa squadra viene da un altro ambito, quello del basket.

 

de_zerbi_getty_pgo_ok.jpg

Il Brighton come i Bulls e i Lakers

Per capirlo bisogna riavvolgere il nastro e analizzare il “triangolo offensivo”, lo schema che ha dominato l’NBA tra gli anni ’90 e 2000. Nasce durante la Seconda Guerra Mondiale nei college, Tex Winter lo affina e Phil Jackson, l’allenatore dei Bulls di Jordan e dei Lakers di Kobe, lo fa diventare vincente. Il primo è l’assistente allenatore per eccellenza, l’unico assistant coach a essere inserito nella Memorial Basketball Hall of Fame. Nel ’62 pubblica amatorialmente il libro “The Triple Post-Offense”, considerato la pietra miliare dello schema ma che parla di tutto tranne che del “triangolo offensivo” che è nel titolo. Arriva a Chicago un anno dopo MJ, e nel 1989 diventa assistente di Jackson. Lì inizia la dinastia Bulls: dal ’90 al ’93 e dal ’95 al ’98. Poi altri cinque con i Lakers tra il 2000 e il 2010. Le due squadre ancora oggi sono tra le più studiate al mondo per la gestione del gruppo.

 

phil-jackson-wikimedia-commons.jpg
Phil Jackson e Michael Jordan

 

Nessuno ha analizzato il “triangolo offensivo” per bene al di fuori di Winter, e forse neanche lui aveva compreso la grandezza dato che nel libro lo cita a malapena. Ma rendendolo quantomeno comprensibile, è uno schema che prevede la continua creazione di triangoli composti da un giocatore per ogni vertice, tanti passaggi veloci e un valore fondamentale dei movimenti senza palla. Ma non è qui che il Brighton ha trovato la chiave, a livello tattico è tutto frutto della mente di Roberto De Zerbi (magari tra 20 anni, come oggi, anche il suo di assetto sarà inspiegabile come il “triangolo offensivo”).

La filosofia del “triangolo offensivo”

L’aspetto su cui i Seagulls si sono concentrati è più quello della filosofia del gruppo, da molti addetti ai lavori considerato anche il più importante. Il “triangolo offensivo” prevede il coinvolgimento di tutti i giocatori con un ruolo fondamentale nell’azione e nella vita quotidiana del club. Che tu ti chiami Micahel Jordan, Kobe Bryant o Rusty LaRue. Provate voi a fargli capire alle stelle più splendenti del basket mondiale che valgono, almeno in campo, come un giocatore che non è stato neanche scelto al draft. Eppure, diventerà il segreto della loro grandezza, perché entrambi iniziano a vincere quando entrano in quel meccanismo mentale dopo anni di convincimento.

 

jordan-wikimedia-commons.jpg

 

Il “triangolo offensivo” sviluppa la capacità di problem solving della squadra senza trovarsi impreparata di fronte alle difficoltà. E gli esempi nel Brighton dell’ultimo anno sono parecchi. Il più eclatante è stato quello di Trossard, il primo vero banco di prova di De Zerbi. Pochi mesi dopo l’insediamento, l’italiano mette fuori rosa il giocatore più forte e lo fa mandare all’Arsenal. Al suo posto ecco Mitoma, che senza il coinvolgimento perenne anche dalla panchina e come riserva non sarebbe mai stato così pronto. La filosofia di Tex Winter ha permesso ai suoi interpreti di scoprire tutte le potenzialità del proprio ruolo, sfruttando meglio le caratteristiche e facendo crescere la squadra. In parole povere, valorizza il singolo che allo stesso tempo lavora per il bene del club. Guardate i vari Mac Allister e Caicedo: portano il Brighton in Europa e poi vanno al Liverpool e al Chelsea. Ed è possibile solo perché De Zerbi sa che ha già giocatori pronti da mesi che possono sostituirli in pianta stabile.

De Zerbi non dimentica

Oggi in NBA il “triangolo offensivo” non viene più usato. Aveva talmente rotto mentalmente gli avversari che il loro unico scopo per un periodo è stato quello di decriptarlo. Poi è arrivato un altro genio, Steph Curry, che ha rivoluzionato il gioco ancora una volta, e il resto è passato in sordina per tutti. O meglio, quasi. De Zerbi è riuscito a non farlo dimenticare.