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“Colpa di Alfredo”. De Zerbi e 40 anni di amore per il Brescia

Per la prima volta nella sua carriera da allenatore, Roberto De Zerbi affronta il Brescia da avversario. Nello stadio in cui suo padre Alfredo, responsabile del tifo organizzato, lo portava da bambino

Il destino è un tiro mancino. Magari a giro, come quelli che il piede sinistro di Roberto De Zerbi sapeva regalare. Aveva imparato a calciare così sotto casa, a Mompiano. Il quartiere dello stadio Rigamonti, il tempio del suo Brescia. Suo, ma non quanto magari avrebbe voluto: la gioventù passata in una curva dove papà Alfredo era il De Zerbi importante, due partite da avversario con le maglie di Catania e Napoli, fino alla gioia di indossare la maglia con la V. Stagione 2007-2008, un sogno durato solo 17 partite.

       


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La passione trasmessa da papà: "Quel giorno in curva con noi…"                                                                

Il giorno del suo esordio gli facemmo uno striscione. Ricordo la felicità negli occhi di suo padre che trascinammo in curva con noi. Una persona squisita: organizzava il tifo e amava talmente il Brescia che a volte non riusciva neanche a vedere la partita”, racconta Guido Franchi, storico tifoso bresciano.


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Quel 2 febbraio del 2008, Alfredo salì in curva per vedere suo figlio esordire con la maglia della sua città. Un giorno speciale per un uomo che a pochi metri da lì aveva visto il suo bambino dare i primi calci. Oratorio di Mompiano, campi in polvere e panni da lavare per la signora De Zerbi, nata e cresciuta a Malonno, in Val Camonica. Per le pulizie di casa tornava utile il lavoro del signor Alfredo, che vendeva le Rotowash, macchine lavapavimenti nel cuore di tante famiglie italiane sul finire dello scorso secolo. Ma per il signor De Zerbi nel fine settimana c’era soprattutto il Brescia.  Era il presidente del centro coordinamento Brescia club. Si era trasferito dal sud e ha sempre avuto un amore viscerale per la città. E per il pallone, naturalmente. Roberto me lo ricordo a due anni: era immarcabile. Saltava da tutte le parti, non si fermava mai”.


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Una pallina impazzita, un po’ come la sua carriera da calciatore. Prima le giovanili del Milan – con fughe il giorno dopo la partita per andare a vedere il Brescia – poi un lungo girovagare tra C e B fino al giorno in cui si trovò davanti il suo amore di sempre. Da avversario. Guido se lo ricorda bene:Era il 2 settembre 2005, Robi giocava a Catania, in serie B. Segnò un gol pazzesco su punizione, uno dei suoi”. La vittoria del professionista sul tifoso. Sinistro a giro, Agliardi battuto e cuore in tumulto.

La chiamata del Brescia nel 2008: un sogno durato poco

Come nel gennaio 2008, quando sentì squillare il telefono. “Ciao Roberto, sono Gianluca Nani, il ds del Brescia. Ti vogliamo con noi”. Roberto, all’epoca seconda linea del Napoli neopromosso in A, pensò a uno scherzo e buttò giù. Pochi minuti dopo fu richiamato: era tutto vero. In quei giorni il Cagliari premeva per portarlo in Sardegna. Sarebbe rimasto in A. Ma il richiamo del Rigamonti fu più forte di tutto. “Per noi che conoscevamo la sua storia, fu come iniziare un nuovo campionato. Esordì contro il Grosseto, poi alla seconda segnò: a Piacenza, vincemmo 4-2. Pensavamo fosse l’inizio di una storia da film”.


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E invece erano già i titoli di coda. Quello di Piacenza restò il suo unico gol segnato col Brescia. “Cosmi gli preferiva spesso Bazzani. Arrivammo in semifinale playoff. A Bergamo, contro l’Albinoleffe. Vittoria all’andata con gol di Caracciolo. Ci bastava un pareggio per passare, ma dopo venti minuti eravamo sotto 2-0. All’intervallo Cosmi mise Robi che giocò un secondo tempo da assatanato. Fece l’assist dell’1-2 per Feczesin e fu l’ultimo ad arrendersi. Ma perdemmo”.

Già, il destino è un tiro mancino. Giocare e perdere l’ultima partita col Brescia a Bergamo. Perché poi venne l’addio. Non senza polemiche. L’amara sensazione diffusa di essere stato trattato male dalla società per punire le contestazioni della curva al presidente Corioni, la voglia di non credere più alle storie a lieto fine. Acqua passata, inutile tornarci sopra.

Il ritorno da avversario. Almeno per 90 minuti

“Sono tifoso del Brescia, lo dico in maniera orgogliosa e non l'ho mai rinnegato. Ma nei novanta minuti sarò col fuoco dentro: ora alleno il Sassuolo e darò tutto me stesso per il Sassuolo”, ha detto nella conferenza che precede la sua tempesta sentimentale.


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Poco prima dell’inizio di Brescia-Sassuolo, Roberto verrà premiato con una targa da parte della curva nord. Quasi di sicuro papà Alfredo non sarà allo stadio. Difficilmente ci va negli ultimi tempi. E come succedeva col Brescia, fatica a guardarla per la tensione. Chi lo conosce, dice che accende la tv in una stanza e ascolta la partita in un’altra. Altri dicono che se Roberto avesse avuto il carattere di papà forse avrebbe giocato a livelli più alti. Chissà. Di sicuro prima di iniziare la partita, De Zerbi saluterà Corini. Un bresciano come lui. Forse si diranno una frase in dialetto, poi saranno rivali. Lo spazio di 90 minuti, il tempo di sperare in un tiro mancino al destino. Di un bresciano come Balotelli o di un calabrese come Berardi.

 Per una sera, nessuno vuole essere Robi.

 

CREDITSagenzia fotografica NewReporter  per le foto di Roberto De Zerbi con la maglia del Brescia in campo

 


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