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De Rossi e non solo: chi ha giocato e allenato la stessa squadra

Da Maldini a Conte, passando per i gol di Crujiff e Van Basten; la devozione di Redknapp e Beckembauer: giocatori simbolo divenuti allenatori

Da Roma a Roma. Quello tra Daniele De Rossi e i giallorossi è un legame indivisibile. Nato sugli spalti, passato dai primi calci nel settore giovanile e poi arrivati a Trigoria, all’Olimpico e fino al tetto del Mondo. Leader da giocatore e, adesso, anche allenatore. Il tutto con la stessa squadra. Quello di “Capitan Futuro” è solo l’ultimo caso di calciatori che diventano simboli delle loro squadre di club e poi decidono di tornare in veste di allenatori.

  

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 Italia: fra giocare e allenare ci son di mezzo i sentimenti 

L’Italia è custode di storie di pallone che testimoniano professioni di fede per un club. La Roma stessa ha qualcosa da raccontare con Bruno Conti, simbolo indiscusso della romanità. Indimenticabile talento sulla fascia, con uno scudetto vinto nel 1983 e cinque Coppe Italia, come a bordocampo, da responsabile del settore giovanile e talent scout invidiabile, fino alla parentesi in prima squadra nel 2005. Sfogliando le pagine degli almanacchi della Serie A si trova poi il cognome Maldini. Cesare, il padre di Paolo. Un pioniere di questa tradizione. Con il Milan scrive un’intera storia sul campo: dal 1954 al 1966. 4 Scudetti e la Coppa dei Campioni nel 1963. Primo della famiglia ad essere insignito della fascia di capitano. Smetterà di giocare, ma non di amare il Milan. Siederà in panchina dal 1967 al 1974 vincendo 2 trofei e facendo registrare uno storico 6-0 nel derby contro l’Inter. Mitico. Impossibile non citare Carlo Ancelotti, capace di legare il suo nome ai colori rossoneri prima e dopo: vessillo di un’era. Qualche chilometro e ci si imbatte in Antonio Conte. Capitano della Juventus con cui vince 13 coppe di cui 5 Scudetti e l’ultima indimenticabile Champions League nel 1996. Dal campo alla panchina la passione “Cerca solo la strada di casa”. Prende in mano una Juve reduce da due settimi posti e la conduce, per tre anni consecutivi, in vetta alla classifica di Serie A. 102 il numero che sigilla un legame. Amori indissolubili. Proveranno ad allontanarsi, ma torneranno. 

 

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 Ajax che passione!  

Amori indivisibili, inseparabili”. Una continua ricerca. Un vento che spinge oltre qualsiasi confine. Quello gelido della passione che soffia per le strade di Amsterdam dove c’è un’Ajax che scrive intense pagine di romanzi calcistici. Esperienze divenute leggende. Johan Cruijff; giocatore e capitano senza pari dal 1959 al 1973. Più di 300 presenze e 228 gol segnati. 8 campionati, 7 Coppe Paesi Bassi, 3 Coppe Campioni, una Coppa Intercontinentale il palmarès. Una relazione vittoriosa che continuerà in panchina. Una delle carriere griffate Ajax più iconiche di sempre. Passeranno gli anni, ma non i simboli. Sarà, quindi, la volta di Van Basten. Dall’81 all’87 a segnare gol pesanti con la maglia dei lancieri. Una bacheca che vedrà aggiungersi 7 trofei grazie alle prodezze del “Cigno di Utrecht”. Non resisterà alla tentazione di tornare lì dove spicca il volo verso una carriera da campione. Nel 2008 è allenatore della prima squadra e chiuderà terzo in Eredivise. Da capitano a capitano. Anche Frank De Boer, dopo quasi 400 partite, una trentina di gol e 11 premi sentirà la necessità di riavvicinarsi a quel sentimento chiamato Ajax. Allenatore dal 2010 al 2016, nel mezzo 4 Eredivise e una Supercoppa dei Paesi Bassi. Come farà Ronald Koeman. 

 

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 Un pallone per tornare

Anche nella Londra del football si nascondono leader capaci di costruire relazioni difficili da scalfire. Dal Chelsea di Lampard fino al West Ham di Harry Redknapp. Una vita intera al servizio degli Hammers. Dal 1964 al 1972 la parentesi sull’erba; dal 1994 al 2001 quella in direzione. Un trofeo per esperienza e il ricordo ancora vivo del Newham. Madrid e Zidane, Zidane e il Real. Il Barcellona di Guardiola: non serve aggiungere altro. Jupp Heynckes e l’epopea del Borussia Mönchengladbach: un sodalizio da 21 anni complessivi. C’è poi l’indimenticabile storia fra Beckenbauer e il Bayern Monaco. Simbolo della Baviera del pallone. Capitano per 14 anni, poi allenatore e, infine, dirigente. Una pietra miliare da 16 trofei. Perché, in fondo: “Tutti i cuori del mondo cercano la strada di casa”.