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Vita da nonno, Calcutta e la Zeta Milano: viaggio alla (ri)scoperta di Dario Hübner

Dario Hübner
Dario Hübner

La nostra intervista a Dario Hübner, ex capocannoniere della Serie A oggi nonno e neo allenatore della Zeta Milano

A volte vorrei fare come Dario Hübner“. Così intona Calcutta – cantautore di Latina – in una sua celebre canzone, ricordando la decisione dell’ex bomber che a cavallo del nuovo milennio rifiutò varie offerte dall’Inghilterra pur di restare vicino alla propria famiglia. Una scelta d’amore, che forse da sola basterebbe per raccontare “Il Bisonte“. Ma dopo la recente notizia arrivata dai social, quella che vede Dario Hübner come nuovo allenatore della Zeta Milano di ZW Jackson in Seconda Categoria, siamo voluti andare oltre. Cosa fa davvero oggi il Tatanka? Dalla trattoria “Da Rosetta” a Passarera (vicino Crema) tra il profumo di tortelli cremaschi e il calore di chi ti ospita come in famiglia, ha inizio il nostro viaggio.

Sono sempre stato un ragazzo normale: negli anni 80 c’era chi era portato per studiare e chi no. Ho iniziato a fare il fabbro ai 16, lavorando 8 ore al giorno. Ricordo i weekend in vespa con gli amici fino in Jugoslavia e il mare di Muggia da marzo a settembre. Non avrei mai pensato di diventare calciatore“. Così si racconta l’ex Brescia (tra le altre) dopo averci accolto nel giardino della sua struttura, tra tanti sorrisi e una semplicità d’altri tempi.

Poi arrivano il calcio e quelle opportunità, spesso figurate come treni: “In Serie C lo stipendio era appena superiore a quello del fabbro, in più facevo quello che mi piaceva. Per questo ho continuato: poi però devi essere bravo a migliorare. In Prima Categoria ti alleni due volte alla settimana, mentre salendo lavori tutti i giorni. Magari se avessi avuto un po’ la puzza sotto il naso avrei potuto ottenere qualcosa di più. Ma io sono fatto così: non è che se sono stato il capocannoniere della Serie A devo sentirmi superiore a qualcuno. Ho solo avuto la fortuna di poter fare ciò che mi piaceva“.

Perché Dario Hübner è questo, nulla di più. Il volto di una scalata lenta ma inesorabile: partito dai campi di Fano e Cesena, fino a scrivere pagine di calcio tra Brescia e Piacenza. Più di 300 gol in carriera e il titolo di capocannoniere (a pari merito con Trezeguet) nella stagione 2001/02 all’età di 35 anni, grazie alle 24 reti siglate con il Piacenza. Poi qualche parentesi da allenatore fino a una chiamata inaspettata, quella della Zeta Milano. Ma nel frattempo, l’impegno più grande è in casa: quello da nonno.

Il calcio visto Dario Hübner

Non ho bisogno di andare a Dubai o chissà dove, da anni vado al mare a Gallipoli. La felicità è fatta di piccole cose. Ho tanti amici nei posti in cui ho giocato. La gente mi ferma per strada e mi fa i complimenti, anche tifosi di squadre avversarie. Forse perché sono sempre rimasto uguale: sento tanto affetto e riconoscenza per questo“. Lo dice con voce ferma Hübner, trasmettendo tutta la sua serenità. Anche se un piccolo groviglio c’è, e ci confida: “Non ho rimpianti, ma mi sarebbe piaciuto giocare in Nazionale. Ai miei tempi non chiamavano nemmeno gente come Montella o Di Natale, oggi c’è chi ha debuttato senza avere presenze in Serie A. Negli anni ’90 ci servivano almeno 200/300 presenze: mi sarebbe bastato nascere 10 anni dopo (ride, ndr)“.

Un calcio diverso, che seguiva un solo “Vangelo”: “I giocatori si analizzavano leggendo l’Almanacco: così i Direttori facevano mercato. Se uno in C segnava 20 gol per due anni, era un attaccante forte, punto. Oggi ci sono troppe statistiche: preferisco chi prova 10 passaggi in profondità sbagliandone 8 piuttosto di chi ne fa 90 all’indietro“. Bravura che deve sempre accompagnata dai compagni per l’attaccante ex Piacenza: “Io ero bravo nei movimenti ma senza chi ti serve il pallone non fai gol. Io ho avuto al mio fianco giocatori importanti: Stroppa, Pirlo, Poggi. A Cesena con Dolcetti e Scarafoni eravamo un trio che si trovava al volo, loro mi hanno insegnato tanto. E poi Baggio: abbiamo passato un anno insieme, è una persona umile e incredibile. Mi ricordo che ogni settimana gli arrivavano doni per posta, come le telline dal Giappone il martedì. Solo a lui poteva capitare“.

Dario Hübnerc on la maglia del Brescia (Imago)
Dario Hübnerc on la maglia del Brescia (Imago)

Calcutta, i nipoti e… la Zeta Milano

Ci avviciniamo alla fine del nostro viaggio tornando un attimo all’inizio, a quella famosa canzone. “Calcutta si è ispirato al mio mancato trasferimento in Premier League, quando ero al Cesena. Mia figlia andava all’asilo, mia moglie aveva le amiche e io stavo bene in Romagna. Dovevo cambiare tutto per qualche soldo in più e non me la sono sentita. Oggi è diverso e chi lo fa ha i suoi buoni motivi“. Ma oggi quindi, cosa fa ora Dario Hübner?Sono nonno a tempo pieno. Poi mi piace andare a funghi, in moto, in montagna, a o a pesca sull’Adda. Tutto questo mi basta e mi avanza”.

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Grazie al figlio, l’ex attaccante ha iniziato a seguire sui social la realtà della squadra di ZW Jackson (nome d’arte di Antonio Pellegrino, noto YouTuber), presidente della Zeta Milano. Squadra nata su Internet che l’anno scorso ha vinto il proprio campionato in Terza Categoria non perdendo nemmeno una gara e che l’anno prossimo, potrà contare in panchina proprio su “Tatanka“: “Ho commentato un post e dopo mezz’ora mi ha chiamato il Direttore generale Cristian Brocchi. All’inizio ero indeciso, poi ho incontrato il presidente e mi ha colpito. È una persona umile, semplice e con un’idea di calcio come la mia — gioca chi merita, non chi ha conoscenze. Ho accettato con entusiasmo: partiamo il 25 agosto, faremo tre giorni a Senigallia e poi ci sarà la Coppa Italia”.

E l’obiettivo non può che essere all’altezza delle aspettative: “La squadra è forte e vogliamo vincere, anche se non sarà facile: in queste categorie tutti danno il 300% contro di te. Dopo anni senza allenare sento di nuovo il fuoco. Poi devo tornare in forma perché ci saranno sicuramente numerose challenge da affrontare. A chi mi ispiro? Ho preso molto da tanti tecnici che ho avuto, ma non mi piacciono i paragoni: per me i giocatori contano al 90%“. Alla fine sorride, si alza e conclude: «Finito? Dai, andiamo fuori che ci fumiamo una sigaretta» In una frase, tutta la semplicità e l’autenticità di Dario Hübner. Con all’orizzonte, un nuovo inizio.