Dall’infanzia alla Ibrahimovic alla chiamata di Terim. Ecco chi è Emre Mor: il baby talento turco nato in Danimarca
“Appena l’ho visto ho pensato: non è un giocatore normale. E’ straordinario”. Parola di Fatih Terim, uno che di calcio turco se ne intende. Quello “straordinario” è Emre Mor, il nuovo obiettivo dell’Inter, sempre più probabile acquisto del club nerazzurro. Emre è senza dubbio un ragazzo con un background particolare, diverso quantomeno. Partiamo dal principio: papà turco, mamma macedone, ma lui è nato (nel 1997) e cresciuto in Danimarca. A Copenaghen, Bronshoj, un quartiere difficile. E forse non è un caso se uno dei suoi idoli è Ibrahimovic, nato al di là del ponte Øresund che collega Copenaghen a Malmo, la città natale di Zlatan. Anche lui figlio di una famiglia di immigrati, anche lui cresciuto in un quartiere ghetto.
Per fortuna sua, e nostra, esiste il calcio. Emre è un talento, e c’è chi lo ha capito presto. Primo fra tutti il suo agente, Muzzi Ozcan, che lo ha seguito anche in momenti difficili, come quando nel 2013, a 15 anni, un grave infortunio fece saltare il passaggio al Saint Etienne. Emre Mor è la risorsa del calcio danese per il futuro, ci sperano in tanti. Con la Nazionale fa tutta la trafila delle under ma poi prima di fare il salto…arriva Terim. Sì proprio lui. L’Imperatore turco lo ha seguito e lo vuole portare nella sua nazionale. Ci vogliono però i documenti per farlo giocare con la Turchia e ovviamente la firma del padre, che arriva da un luogo insolito. Un carcere, dove si trova in seguito ad un incidente d’auto. In Danimarca non tutti la prendono bene, l’allenatore del Nordsjaelland Kasper Hjulmand la definisce una “tragedia per il calcio danese”.
Emre inizia dal suo quartiere a giocare. Poi il Lyngby e il Nordsjaelland, fino all’anno scorso quando è arrivata la chiamata del Borussia Dortmund, la squadra tedesca per eccellenza sforna-talenti. E lui lo è, senza dubbio. Parte bene, con un gol in Bundesliga nel 6-0 contro il Darmstadt il 17 settembre 2016, tre giorni dopo un altro 6-0 contro il Legia Varsavia, nell’esordio in Champions League, dopo essere entrato al posto di Dembelè. Il 2016 è stato un anno di esordi per lui, oltre a quelli in Bundes e in Champions anche quello con la nazionale turca. che arriva il 29 maggio 2016, contro il Montenegro. In quella Turchia giocavano titolari due vecchie conoscenze del calcio italiano, milanese in particolare. Calhanoglu, il nuovo numero dieci rossonero e Caner Erkin, terzino arrivato e scaricato in un’estate sola dall’Inter di Mancini prima e di De Boer poi. Proprio l’Inter, sì, che adesso sta cercando in tutti i modi di portare Mor in Italia. Ci avevano provato anche Roma e Fiorentina, ma non abbastanza. L’Inter c’è e ci crede.
Perchè lo vuole Spalletti? Mor è un esterno mancino che gioca principalmente sulla fascia destra. E’ molto rapido sia di gamba che di testa e vuole sempre provare la giocata d’effetto, una caratteristica che dovrà essere “domata” da Spalletti nel caso arrivasse. Può essere un’alternativa ad Antonio Candreva, visto che, al contrario dell’ex attaccante della Lazio, è mancino. Alto 1,69 cm, gioca sulla fascia destra ed è veloce. I paragoni si sprecano, potenzialmente potrebbe ricordare un Messi (che è il suo idolo), quando era agli inizi, o Salah. In realtà, Mor è semplicemente Mor. Dovrà crescere, tanto, ma in fretta, perchè si sa che San Siro non è una stadio che perdona facilmente, anche se a volte si innamora dei giovani talenti e li sa aspettare (Gabigol insegna). Dipenderà da lui e dal lavoro di Spalletti, che dovrà centellinare il talento del turco-danese, saper capire quando sarà pronto. E “gestire il talento” è un concetto molto caro all’allenatore di Certaldo.
La Serie A e l’Inter lo vogliono, lo stanno aspettando. E a Milano potrebbe incontrare anche Calhanoglu, suo compagno di nazionale. Potrebbero fare delle cene a base di dolma e mercimek, parlando nella loro lingua… ah no! altro piccolo particolare: non sa una parola di turco e lo sta studiando da un po’ di mesi, e, dicono, lo stia imparando in fretta. D’altronde le lingue sono come gli sport, il calcio in questo caso. Se sei portato non è difficile, anzi.