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Dall’esordio nel Brescia di Baggio e Guardiola alle 100 reti in B, Caracciolo: “Il gol è la realizzazione di un sogno che vivi sempre”

A ogni città il suo monumento…A Roma c’è il Colosseo, A Firenze gli Uffizi, a Milano il Duomo con la Madonnina. A Brescia? I monumenti non mancano di certo, alcuni sono patrimonio dell’UNESCO. I tifosi del Brescia vorrebbero aggiungerne uno e magari erigerlo davanti al Rigamonti: la statua di Andrea Caracciolo, rigorosamente a braccia aperte. L’Airone da quelle parti è un idolo, la sua maglia numero nove la più gettonata. I gol il suo pane quotidiano. Andrea è il miglior marcatore di sempre della storia delle “rondinelle” con 148 gol ed è il secondo giocatore che ha segnato di più con la stessa maglia nella storia della cadetteria, 100 gol, quota raggiunta il 19 dicembre contro lo Spezia: prima di lui solo Roberto Paci, a 2 gol. D’estate l’ennesimo gesto d’amore per la squadra che più di tutte ha segnato la sua carriera: rinnovo fino al 2018, a prescindere dalla categoria. “Questo club rappresenta la mia passione per il calcio – dichiara Caracciolo ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – Sono di Milano ma questa è ormai diventata la mia città: amo Brescia e Brescia ama me!”. Lo zio Fortunato è stato un discreto calciatore con la maglia del Varese. Anche il fratello e il papà hanno giocato, Andrea ha superato tutti: “Ho cominciato a giocare a 6 anni e mi divertivo tantissimo fin dai primi calci. Non mi bastava mai. Appena finivo l’allenamento tornavo a casa e organizzavo subito altre partite in cortile con i miei amici. All’epoca il mio idolo assoluto era Marco Van Basten, poi si è aggiunto anche Roberto Baggio“.

A otto anni entra a far parte delle giovanili del Milan.  Grande tifoso rossonero, spesso andava a seguire i suoi idoli dalla curva Sud di San Siro. Ruolo? Allora difensore, come l’altro Caracciolo, Antonio, suo attuale compagno nel Brescia: “Sono stato tifoso rossonero, andavo a fare il raccattapalle a San Siro, grazie ai miei 5 anni fatti al Milan. Ma da qualche stagione esiste solo il Brescia nel mio cuore. Simpatizzo per il Milan ma gioisco o soffro solo per il Brescia. E’ vero, cominciai da difensore. Poi arrivai al San Colombano da centrocampista centrale, trequartista. Sollier vide la mia altezza e mi disse: ‘Tu vai davanti…’. Accettai.  Mi piaceva l’idea di stare in attacco, ma comunque mi bastava giocare, e il ruolo era l’ultimo dei miei problemi…”. Arrivano i primi gol e le prime chiamate importanti: il 2000-2001 Andrea lo passa tra Como e Vercelli, C1 e C2. Nel 2001 inizia la prima pagina della fantastica storia con il Brescia. In squadra campioni che solo nominarli mette i brividi, fuoriclasse del calibro di Roberto Baggio e Josep Guardiola. Lì davanti un altro gigante, che insieme a Caracciolo rappresenta uno degli ultimi bomber veri del calcio italiano, Luca Toni. In panchina “Sor Magara”, Carletto Mazzone che lo fa esordire a Bologna, il 6 gennaio del 2002: “Il ragazzino ha stoffa, gioca lui”.

Andrea conferma: “Sì, l’esordio fu a Bologna e subito Pagliuca fece una gran parata su un mio colpo di testa. Tutti cominciarono a parlare di me e Mazzone, la partita successiva, mi spedì in tribuna. Altri tempi, altro modo di crescere i giovani… Mazzone? Un grande”. Ricordi bellissimi: “Con Baggio non parlavo molto. Avevo quasi paura a incrociare un suo sguardo. Lui era il ‘divin codino’ . Un sogno potergli stare vicino. Guardiola ogni volta che lo pressavo mi prendeva in giro. Non riuscivo mai a rubargli palla. Lui guardava a destra e sapeva tutto ciò che stava succedendo a sinistra”. Il 3 marzo 2002 arrivano anche i gol, nella partita contro il Piacenza: il primo da rapinatore dell’area di rigore, il secondo di testa, specialità della casa. In campo non ci sono né Baggio, né Guardiola, ma con l’attuale allenatore del Bayern è rimasto un ottimo rapporto. L’ultima visita a Brescia dell’ex regista spagnolo è targata novembre 2015. Foto ricordo e messaggio simpatico su Instagram “Mi spiace Pep, non vengo al Bayern”. Ecco, forse una grande squadra, magari il Milan, manca nella carriera di Caracciolo: “C’è stato un Gennaio (2007 n.d.r.) che ero sicuro di aver concluso con il Milan. Dovevo andare al posto di Oliveira, ma all’ultimo il Milan scoprì che Oliveira aveva già fatto il numero di trasferimenti massimo e quindi non poteva più trasferirsi e il passaggio saltò. Fu un grande dispiacere”.

Che tuttavia è durato poco: da allora altri 126 gol. Ma, a proposito, cosa si prova dopo una rete? “E’ difficile spiegare cosa si prova dopo un gol. Un attaccante pensa a qualsiasi partita e si immagina a fare gol, a esultare. Quindi quando succede è come realizzare il sogno che vivi costantemente quando pensi al calcio”. Un po’ tutti possiamo sentirci Caracciolo con questa risposta. Altro sogno realizzato è la Nazionale: “Quando vai in Nazionale vuol dire che sei il più forte di tutti! Non c’è altro da spiegare”. Carriera quasi tutta svolta al Nord, anche se il cognome non mente: “Sì, mio papà è di Reggio Calabria. Quando ero bambino andavamo spesso in vacanza a Saline, perché lui ha mantenuto i rapporti con alcuni cugini. Io però non ho altri legami giù al Sud”. Hobby, vizi, passioni? Com’è Caracciolo fuori dal campo? “Sono un ragazzo riservato, timido, ma ho un debole per gli aperitivi e dopo un paio di bollicine mi passa la riservatezza e la timidezza. Adoro stare con la mia famiglia, è il mio rifugio e vedere i miei 2 bimbi crescere giorno dopo giorno è fantastico. Non so rinunciare ai primi piatti. Potrei vivere di sola pastasciutta. Cosa mi fa più paura? In assoluto è la vecchiaia. Amo la vita da quando sono nato. Invecchiare vuol dire che arriverà il momento di smettere con il calcio giocato. I figli diventeranno uomini e si costruiranno le loro famiglie. I genitori di conseguenza invecchieranno…”.

Dall’inferno al paradiso, il Brescia dallo spettro della Lega Pro di inizio estate potrebbe, a fine stagione,  trovarsi in Serie A. Ci credete? “Siamo partiti con l’obiettivo della salvezza. Abbiamo ricreato entusiasmo a Brescia. Non pensiamo alla serie A, ma a migliorarci partita per partita”. Allora testa bassa, umiltà e tanti duri allenamenti. In campo il Brescia potrà contare sul suo grande capitano, che ci regala la sua frase di battaglia: “Non è importante come colpisci, l’importante è come sai resistere ai colpi, come incassi, e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti. Così sei un vincente! E se credi di essere forte, devi dimostrare che sei forte. Perché un uomo vince solo se sa resistere. Non se ne va in giro a puntare il dito contro chi non c’entra accusando prima questo o poi quell’altro di quanto sbaglia. I vigliacchi fanno così…”. Firmato Andrea “Rocky” Caracciolo.