Dalla professoressa agli amici d’infanzia: “Lo chiamavano lo gnomo, ora è il re di Roma”. Viaggio alle origini di Francesco Totti
Tra i vicoli dove è nato, cresciuto e ha tirato i primi calci ad un pallone tutti dicono la stessa cosa: “è timido, gentile e generoso”. Nel quartiere di Porta Metronia, Francesco Totti è ovunque. È nelle magliette in vendita nei bar, è nel gigantesco murales dipinto in via Apulia, nei manifesti, nelle foto delle trattorie. Chiunque ha un aneddoto da raccontare, un autografo da mostrare, una maglia numero dieci da indossare. Qui non si parla d’altro, se non del capitano della Roma, che domenica giocherà l’ultima partita in giallorosso. E’ un angolo di città dove si lavora, tanto. Si respira la quotidianità romana, non fatta solamente dalle bellezze della città più bella del mondo. Qui, tra via Vetulonia, via Lusitania e via Populonia però si respira anche Francesco Totti, la sua grandezza, la sua semplicità e la sua generosità. “Alla fine scriveva solo della Roma, anche se il tema era una cosa completamente diversa”, dice Anna Maria, la maestra delle medie. “E’ stato un rapporto difficile all’inizio, grandi silenzi, è sempre stato timido. Io sono laziale, e su questo ci facevamo sempre delle battute, era una provocazione continua. Poi lui alla fine della seconda mi ha regalato una sua foto con la maglia della Roma, con la cornice giallorossa. E’ rimasto quello di una volta, semplice, umile e affettuoso. Era un ragazzino molto diverso fuori dalla classe, molto più sciolto. Come studente era nella media, non peggio di altri”. Anna Maria, nonostante il rapporto difficile agli inizi, adesso ricorda con orgoglio e soddisfazione il suo allievo, che oggi è diventato il simbolo della Roma. “Mio marito me lo diceva che avrebbe sfondato, e così è stato”.
Qualche isolato dopo, superato il mercato del quartiere, dove oltre a Totti si respirano anche altri odori, c’è la rosticceria “Viola”, dove Totti continua a venire a prendere la pizza con la famiglia. “Veniva con la nonna e con la mamma, una famiglia semplice che non si è montata la testa. Mi dispiace che si ritiri, noi lo aspettiamo e quando vuole c’è la sua pizza con le patate che lo aspetta”. Uno di casa, uno di loro, che non è mai andato via dal suo quartiere, almeno con la testa. Da queste parti Spalletti non si può neanche nominare, e la società ancora meno. Ma la timidezza di Totti, nota a tutti, viene da qua, da queste persone. La si respira, in pochi vogliono farsi riprendere, ma tutti hanno qualcosa da dire, come Marco, del bar che fa d’angolo alla via della vecchia casa d’infanzia di Totti, a pochi metri dalla scuola elementare: “Lo chiamavamo gnomo perché era il più piccolo, ma giocava con noi a tedesca, eravamo tutti amici del fratello che aveva la nostra età. Giocava perché era il fratello del nostro amico, solo per quello, e per finta ci facevamo smarcare. Lo prendevamo in giro, per scherzare. Nel nostro bar aveva un record a flipper, imbattibile. Pure lì era il numero uno…”
“Una volta si è fatto male in faccia, ma pur di vedere i ragazzi giocare a calcio si ì messo in macchina della madre, gli bastava vedere il pallone per essere felice”, dice la sua amica parrucchiera che ha il negozio proprio sotto casa sua. “E’ rimasto così, è lo stesso di sempre”, un coro unico, lo dicono tutti. Anche il proprietario del ristorante “Core de Roma 1927”, che si trova in un posto particolare, a cento metri dalla casa di Totti, vicino al cuore della sua infanzia. “Ha dato la sua vita e della sua famiglia per la Roma, per questo è diventato un mito. Ha collegato tre generazioni, la mia, quella di mio padre e quella di mio figlio. Mi auguro che anche dopo domenica lo speaker dica il suo nome, perché Totti scenderà in campo sempre con la nostra maglia. La maglia però non va ritirata, perché chi la indosserà saprà chi l’ha indossata prima, ne capisce il valore”. Da queste parti, domenica Totti non si ritirerà dal calcio giocato, lo dicono tutti: l’amica, la maestra, il carrozziere. “Lui rigira tutto come vuole, potrebbe fare anche un altro anno. Chissà, è intelligente, sa quello che può fare”. Totti, per la sua gente, può fare qualsiasi cosa: “per me è già presidente della Roma, come è già presidente della Repubblica, sindaco e anche papa. Spero che continui a vivere come ha fatto fino ad oggi, ti voglio bene Francè”. Domenica ci saranno tanti messaggi, tanti abbracci, tanti articoli. Ma lui sa, che in via Vetulonia di bene gliene hanno voluto sempre, e anche tanto e questo non se lo dimenticherà mai. Neanche contro il Genoa, quando giocherà la sua ultima partita con la maglia della Roma e ripenserà a quando nei temi scriveva delle partite della sua squadra del cuore. Quei sogni, quelle parole, le ha realizzate.
Servizio a cura di
Giacomo Chiuchiolo e Francesco Porzio