Dalla passione per i videogiochi all’accordo con la Sampdoria, il viaggio di ‘Lonewolf92’: “Ho realizzato un sogno, gli eSports e Fifa sono una cosa seria”
La storia di ‘Lonewolf92’ potrebbe iniziare più o meno così: un bambino, una passione smisurata per i videogiochi e un pazzo sogno da inseguire ‘chissà come sarebbe essere ingaggiati da una squadra di Serie A’. Pensava questo Mattia Guarracino, conosciuto nel mondo videoludico come ‘Lonewolf’, una decina di anni fa. Eppure all’epoca gli eSports erano un mondo ancora quasi del tutto inesplorato, soprattutto in Italia. Un sottobosco di nicchia, fatto di passaparola e volantini. Quello che ha cambiato la vita a Mattia indirizzava ad un torneo di Fifa ad Ostia: “E’ iniziato tutto un po’ per caso – Ha raccontato Guarracino in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com – Nel 2006 ho trovato un volantino e sono andato a quel torneo, l’ho vinto e da lì è iniziata la mia scalata”. Prima parola chiave per capire il mondo degli eSports: professionismo. “La cosa importante è che gli eSports non vengano accomunati ai videogiochi, che vanno visti come una passione e un passatempo”. Piccolo esempio per rendere l’idea ‘i videogiochi sono come il calcetto con gli amici, mentre gli eSports sono come la Serie A. Non tutti quelli che giocano davanti ad una console possono essere considerati dei professionisti’.
“VI SPIEGO COME SONO DIVENTATO PROFESSIONISTA”
Ci tiene a chiarire il concetto ‘Lonewolf’, il sei volte campione italiano di Fifa. La domanda però sorge spontanea ‘come si diventa un player professionista?’: “Partecipando a tanti tornei sia online che offline. E’ l’unico modo per emergere nel mondo del professionismo sperando che qualcuno noti le tue capacità. Io stesso è da poco che mi sono reso conto che Fifa è diventato a tutti gli effetti il mio lavoro. Ho iniziato a cambiare mentalità dal 2013/14 quando ho iniziato a girare il mondo scoprendo quanto fossero seguiti gli eSports fuori dall’Italia”. Un altro pianeta: in Corea sono più seguiti degli sport tradizionali, in Olanda hanno creato un campionato di Fifa parallelo all’Eredivisie. E l’Italia? “Non siamo ancora a quel livello, ma con il tempo potremmo arrivarci”. E il primo passo l’ha mosso proprio ‘Lonewolf’, uno dei pionieri sotto questo punto di vista. Passione e dedizione che lo hanno portato ad essere il primo player professionista ad essere ingaggiato da una società di Serie A, la Sampdoria: “Se ne parlava già più di un anno e mezzo fa, quando con la mia società sportiva dilettantistica abbiamo fatto dei tornei all’interno delle sale cinema Ferrero legate all’universo degli eSports, e proprio in quell’occasione abbiamo proposto il nostro progetto al presidente Ferrero, che ha capito subito le potenzialità di questo mondo”.
L’ARRIVO DELLA SAMPDORIA
E’ nato tutto da lì: una stretta di mano e la promessa di approfondire il discorso. Ora Mattia gioca a Fifa con la divisa ufficiale della Sampdoria, e a volte gli capita anche di giocare in coppia con qualche giocatore blucerchiato: “Il più fissato è Viviano, ma il più forte secondo me è Regini, mi trovo benissimo a giocare con lui”. Questione d’intesa, come quella che da un anno a questa parte gli eSports, con Fifa, hanno trovato con il calcio professionistico in Italia. Prima la Sampdoria, poi è stato il turno della Roma (qui l’intervista a ‘Insa’), per passare ad Empoli e Genoa. Dalle partite a casa con Kick Off e Pandemonium a promotore degli eSports in Italia. Mattia Guarracino ha realizzato il suo sogno, ma non è stato facile: “Da giocatore amatoriale dedicavo un paio d’ore al giorno ai videogiochi, ora naturalmente ne servono molte di più”. Sudore e allenamento, così si raggiungono i livelli più alti: “Il lavoro che svolgiamo può essere accomunato, anche se ovviamente in maniera diversa, a quello che svolge un allenatore di Serie A. C’è moltissima tattica: dalla scelta dei moduli allo studio dell’avversario. Prima di un torneo importante tra gameplay puro e studio si possono arrivare anche a 6 ore di allenamento giornaliere”.
“GLI ESPORTS SONO UN FENOMENO DI AGGREGAZIONE SOCIALE”
E pensare che fino a qualche anno fa ‘Lonewolf’ non avrebbe mai avuto tutto questo tempo a disposizione, perché il suo futuro lavorativo sembrava tutt’altro: “Ho studiato per diventare un perito informatico e fino allo scorso anno ho lavorato nell’e-commerce. Però in passato ho fatto i più svariati tipi di lavoro, come il commesso a Gamestop, e per un periodo ho fatto aggiornamenti software ai contatori del gas”. Vita stravolta con il joystick in mano, anche se in una cosa non è mai cambiato Mattia, e ci tiene a precisarlo: “A dispetto del mio gamertag che significa ‘lupo solitario’, non ho mai sacrificato la mia vita sociale in favore dei videogiochi prima e degli eSports poi. Anzi, sono motivo di aggregazione, e proprio grazie a questo ho potuto viaggiare per il mondo conoscendo tante persone”. Altro luogo comune sfatato quindi. Ma ce ne sono altri. Un esempio? ‘Gli eSports non possono essere considerati sport tradizionali’: “A livello atletico sicuramente, ma c’è una preparazione mentale identica, se non superiore, a quella di altri sport”.
Ha le idee chiare ‘Lonewolf’, le ha sempre avute. Anche quando gli chiedono quali siano i suoi prossimi obiettivi: “Sogno di vincere un Mondiale, anche se so che è veramente complicato”. Per provarci metterà in campo il suo Ultimate team, costruito nel corso del tempo: “Neur, Boatang, Alaba, Bailey, Valencia, Pogba, Vidal, Modric, Ronaldo, Suarez e Bale. Questa è al momento la mia squadra”. Un consiglio sulla formazione? “Prendete Musa, Gabriel Jesus e Begovic, sono i ‘bug’ di questa edizione”. Il consiglio più importante però ‘Lonewolf’ lo dà a chi vuole avvicinarsi al mondo degli eSports: “Bisogna sempre giocare con i più forti, perché dalle sconfitte si imparano tante cose”. Sarà stato così anche per Mattia, che la sua grande vittoria però l’ha già conquistata.
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