Dalla, Massimino e il 4 Marzo. Dolci ricordi di papà Angelo, ventuno anni dopo
“Dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare”. E verso lo stesso faceva ritorno, quando perse la vita. In una data, nascita e morte. Dalla e il suo 4 marzo. Non solo suo. Anche del Cavalier Massimino. Presidente quasi trentennale del Calcio Catania. Come il soldato della canzone, andato a combattere per una giusta causa patriottica: farsi restituire la categoria di competenza, sottrattagli tre anni prima. Quando il Catania venne radiato dalla FIGC (poi declassato) per inadempienze finanziarie (causa un giorno di ritardo nel pagamento di una fideiussione). Sulla Palermo-Catania, nel tratto tra Scillato e Tremonzelli, si spensero le speranze. Si spense Angelo Massimino. Per colpa di un maledetto incidente stradale, finì di lottare in battaglia. (Ci vollero sei anni per risalire dall’Eccellenza alla C1 di allora).
Nel giorno del 21esimo anniversario dalla morte – e di quello che sarebbe stato il 74esimo compleanno di Lucio Dalla – Angelo Massimino vive ancora nel racconto dell’unico figlio maschio. Alfio, ha lo stesso identico sorriso del padre. È quasi commovente rivederlo in lui. Lo chiamiamo. Squilla il telefono. “Pronto?” – “Ciao Alfio, siamo tutti orecchi. Raccontaci il mondo di papà Angelo”. Così, mentre Alfio fa la spesa al supermarket, lo ascoltiamo attentamente. “Era un genitore all’antica – esordisce. Una persona semplice, che non girava in Ferrari seppur potesse permetterselo. Non amava le cose futili e troppo materiali”. Tanto che, alla domanda: qual è stato il regalo più bello che ti abbia mai fatto? Arriva la risposta che non ti aspetti. Regali originali, altro che all’antica. Nessun giocattolo. “Una volta mi regalò un Pony – ci dice. La volta successiva un cane”. Wow. Amava anche gli animali, dunque. I suoi hobby? “Coltivare il suo orto. Pensate che quando trovava quei piccoli momenti di libertà, nonostante la squadra gli occupasse la maggior parte del suo tempo, per rilassarsi andava in campagna e mi portava con lui. Gli piaceva visitare le zone dell’entroterra, adorava le lunghe passeggiate in montagna. La maggior parte delle volte andavamo a mangiare ristoranti ristoranti – in Sicilia si usa ripetere due volte la stessa parola per rafforzare il concetto. Era una buona forchetta, un mangione (dice sorridendo). Ma poi si ammalò”. Inevitabilmente si comincia a parlare di calcio. “Uno dei ricordi più belli che abbiamo condiviso risale ai Mondiali di Italia ’90, guardavamo le partite insieme e tifavamo Italia, ovviamente”. Il Catania, parentesi inevitabile. “Io e lui passavamo molto tempo insieme. Più sui campi, scontato dirlo. Era troppo innamorato del Catania per stargli lontano. Stavo sempre a bordo campo con lui. La prima volta mi portò allo stadio quando avevo tre anni, sono cresciuto al Cibali. Papà mi portava anche nei ritiri pre campionato. Stavo sempre a contatto con i calciatori. Ero la mascotte. Mi coccolavano, ma lo ammetto: li stressavo da morire”.
Ci furono tanti momenti belli, poi arrivarono anche quelli difficili. “Il periodo più bello della mia famiglia al Catania è quello che risale a prima della radiazione, poi papà iniziò a stare male, a perdere la vista a causa del diabete. Tanto da recarsi a Boston per operarsi, ma lì era già tanto debilitato (un sospiro e poi riprende a raccontare). I nostri ricordi più belli del Catania risalgono fino all’ ’86/’88”. Proviamo a capire cosa rimane di Massimino uomo ancora oggi. Senza pensarci due volte e orgoglioso del padre, Alfio ci risponde deciso. “A me personalmente ha insegnato più di tutto ad essere Uomo. Alla città rimane la sua onestà intellettuale e la passione che è riuscito a trasmettere. Tutto ciò che faceva, anche e soprattutto nel campo edile, lo faceva per sostenere economicamente la società. Ha dedicato tutta la sua vita al Catania. Come solo gli uomini di vecchio stampo sapevano fare. È questo che i tifosi sanno ancora riconoscergli”. Immaginiamo che il presidente di un club importante a casa avesse una postazione riservata per lavorare. “Mio padre era un imprenditore e spesso non stava a pensare comodo su una sedia o davanti una scrivania. Pensava mentre lavorava a ciò che bisognava fare, per il suo Catania. Non aveva un ufficio. Ricordo le riunioni fino a tarda notte nel salone di casa nostra, con tutti i collaboratori per pianificare al meglio il lavoro. Staff tecnico, dirigenti, medici”. Della sua scaramanzia che ci dici? Sappiamo spargesse sale (per allontanare le negatività) a bordo campo prima dell’inizio delle partite. “Pensava non facesse male esserlo, ma era furbo. Gli piaceva fare spettacolo”. Conclude Alfio.
Ci perdonerà Lucio Dalla. Ma conoscendo il carattere del “Presidentissimo”, voglioso di stare sempre al centro dell’attenzione – adorava essere osannato ogni domenica sotto le curve dello stadio che dal 20 giugno 2002 porta il suo nome – sarebbe stato capace di fare suo anche il ritornello finale. Lo facciamo noi per lui, nell’immaginarlo sempre qui. Da protagonista qual era. “E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del posto mi chiamo Angelo Massimino”. Lo scuserà ridendoci su, il Dalla appassionato di calcio. Buon compleanno Lucione, gli direbbe lui. Non ci resta che immaginarli. Staranno festeggiando in cielo – Lucio e “Angileddu” – a ritmo di sax e a “suon” di gol. Ne siamo sicuri.
Angela Sciuto