Dai provini nel Milan all’esordio in A sfiorato a Parma, Gene Gnocchi: “Ho un debole per i ‘maledetti’ come Cassano e Gascoigne”
Fine anni ottanta. Periodo d’oro in Italia un po’ in tutti i settori. Il nostro campionato è il più ambito del mondo. Da noi giocano stelle del calibro di Maradona, Van Basten e Lothar Matthäus e in tv nascono programmi che segneranno un’epoca, nei quali al calcio si unisce un altro elemento, l’ironia. Miscela esplosiva. “Ho cominciato con Emilio – racconta Gene Gnocchi ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – era tutto un fiorire di programmi nuovi, novità assolute come ‘Mai dire gol‘. Tutti esperimenti andati a buon fine. Adesso trovare qualcuno disposto a sperimentare è dura. Nostalgia di quei tempi? Sì. Ora è tutto diverso e bisogna prenderne atto”.
Già, a malincuore: “Penso che ci sia la possibilità di parlare di calcio seriamente anche scherzandoci sopra. Per quanto mi riguarda le cose più serie le dico proprio scherzando, nel senso che avendo giocato posso rivendicare una certa competenza. So cosa significa stare in campo, capisco quando uno commette un errore, quali sono i rapporti all’interno degli spogliatoi. Ma anche la chiave di lettura di una partita da parte di un allenatore e le difficoltà a dirigere la squadra. Avere un occhio in più oltre a quello “codificato” del giornalismo sportivo, guardare il calcio anche in chiave ironica, ma con una certa competenza, secondo me può aiutare. Bisogna ricondurre questo sport in quello che è il suo ambito naturale, un gioco, che produce tanto reddito, ma che rimane pur sempre un gioco, una passione”.
Passione nata fin da bambino: “Ho cominciato da giovanissimo. Giocavo nel Fidenza. Poi a diciassette anni ho avuto l’opportunità di fare due provini per il Milan e sono andati entrambi bene. Però, sfortunatamente, quell’anno è stato abolito il campionato riserve. Quindi per scelte dei procuratori, a me l’hanno spiegata così, sono finito all’Alessandria, in Serie C, giocando tra Primavera e Berretti. Arrivato a quel punto devi decidere cosa è meglio per te. Un conto era giocare nella squadra riserve del Milan, un altro nell’Alessandria. Io ero il primo di sei fratelli e così, anche se c’era stata un’altra offerta importante dal Montevarchi, mio padre mi ha fatto capire che era meglio che mi laureassi e che cercassi lavoro. Scelta difficile, anche lui stravedeva per me come calciatore, però ho seguito il suo consiglio. Ho continuato in Serie D, che all’epoca valeva come la C, perché solo successivamente è stata introdotta la C2″.
Carriera interrotta a fine anni ottanta e ricominciata, a sorpresa, nel 2006. Gene Gnocchi ha sfiorato l’esordio in Serie A. Sarebbe diventato il giocatore più anziano di sempre: “C’erano possibilità concrete. Ero tesserato a tutti gli effetti con il Parma, che all’epoca era guidato da Ranieri e aveva in squadra un certo Pepito Rossi. Salvezza alla penultima giornata, quindi c’erano tutto le condizioni ideali. L’ultima gara era in casa con l’Empoli. Purtroppo nella partita precedente era arrivato un rocambolesco pareggio, con la Reggina: un 3 a 3 che aveva suscitato parecchie polemiche. Per non crearne delle altre non mi è stato concesso l’esordio A. Tifoso del Parma? Simpatizzante, la parola tifoso non fa per me. Io sono sempre andato a vedere le partite per i giocatori che mi ispiravano ed ispirano. Ho iniziato con Rivera. Ho un debole per quelli tecnici, fantasiosi, funambolici. Logicamente per il Parma, sia per questioni di vicinanza, che di “militanza”, ho sempre avuto una simpatia particolare, anche perché sono rimasto in buoni rapporti con i calciatori”.
Altra “simpatia”? Il Milan: “Sì, anche perché c’era Savicevic, uno dei giocatori di cui parlavo prima, per lungo tempo è stato un mito per me. Dopo la sconfitta col Sassuolo vedo difficile la scalata al terzo posto. Non tanto per i punti di distacco, quanto perché ci sono tre squadre davanti. La Roma è in forma, la Fiorentina un po’ meno ma è lì, l’Inter è in risalita. Sono nove punti, in dieci giornate, ci speravo fino a domenica, adesso è un discorso molto complicato”. Basta qualche ritocco al Milan per tornare tra le grandi? “Credo che non sia tutto da buttare via. Mihajlovic, eccezion fatta per l’ultima partita, aveva trovato un assetto molto interessante. Il problema è che quando non si riesce a vincere di squadra solitamente ci pensa qualche fuoriclasse e il Milan non ne ha tantissimi. Però, rispetto alle passate stagioni, non smantellerei tutto, c’è una buona base da cui partire. ‘Jack’ Bonaventura è un ottimo giocatore, così come Carlos Bacca. Zapata ha dimostrato che quando vuole sa essere un difensore su cui far affidamento, idem Antonelli. Honda ha fatto un ottimo campionato. E poi c’è Donnarumma, il miglior giovane portiere del mondo, che presto diventerà il miglior portiere in assoluto. Purtroppo quando si è sotto pressione si può incappare in giornate ‘no’ come quella di ieri, ma io il Milan non lo vedo così disastrato”. In testa c’è il duello tra Juventus e Napoli: “Ho l’impressione che la Juve sia anche quest’anno troppo organizzata e abituata, rispetto alle altre, a vincere i campionati. Mi piacerebbe lo vincesse il Napoli, anche per dare un segnale di discontinuità, ma la Juventus anche quest’anno è in grado di dare la zampata decisiva”.
La moviola in campo partirà dalla prossima stagione. Svolta? “Io sono assolutamente contrario. Sono nato in un tipo di calcio fatto anche di “furberie” e sapere che tutto è visibile e valutabile non riesco ancora ad accettarlo. Poi allargherei il discorso anche alla Superlega, altra novità che allontanerebbe sempre di più questo sport dalla sua vera essenza. Io sono un “romantico”, sono ancora legato a un certo modo di intendere il calcio e tutto ciò che lo avvicina alla playstation è ostico per me da digerire”. Mai avuto problemi con giocatori “permalosi”? “Sono più quelli che più accettano l’ironia, facendo però alcuni distinguo. Raramente ho avuto problemi, forse l’unico con cui ho avuto qualche discussione è stato Marco Materazzi, anche se poi ci siamo chiariti. Aveva difficoltà ad accettare il mio modo di fare, ma adesso quando faccio qualche battuta su di lui mi messaggia e ci ridiamo sopra: apprezza anche quello che scrivo. A livello di procuratori e dirigenti c’è invece un po’ più di permalosità. Ci sono invece discussioni con certi tifosi, perché spesso credono che dietro ad una battuta ci sia un disegno prestabilito contro la loro squadra. Ultimamente ero dell’idea che l’Inter non avesse un gioco o perlomeno non lo mostrasse e ho ricevuto tantissimi insulti dai tifosi nerazzurri. Ne approfitto per ribadire che non ce l’ho mai avuta con l’Inter, è una cosa che faccio con tutti. Il tifoso che non vede al di là della propria squadra è forse quello che più si dovrebbe abituare all’ironia”.
Giocatore preferito? “Tanti. Dejan Savicevic era un fuoriclasse in campo e ho avuto la fortuna di conoscerlo anche fuori. Lo reputo una persona straordinaria. Impazzivo, come detto prima, per Rivera, che aveva alcune caratteristiche in cui mi rispecchiavo. Poi sono diventato matto per i vari Platini, Zidane, Messi… ogni epoca regala un giocatore che ti ispira più degli altri. Ho sempre avuto un debole anche per i “maledetti” del pallone come George Best, Paul Gascoigne, Matthew Le Tissier, Antonio Cassano. Domenica ho visto fare tre o quattro cose a “Fantantonio” che sono la vera essenza del pallone. Chi ha giocato sa che il vero calcio è quello. Sono sempre alla ricerca di qualche giocatore che mi faccia sognare in questo senso”. Progetti futuri? “Mi piacerebbe rioccuparmi di calcio e fare una striscia quotidiana sugli avvenimenti del campionato. Ho fatto un po’ di proposte, vediamo se avranno successo. Ho in programma un nuovo spettacolo teatrale che sto scrivendo e ne sto facendo vedere in giro un altro sul rock, che faccio con mia figlia. Tante cose in ballo, alcune concretizzate alcune in attesa”.