Questo sito contribuisce all'audience di

Da Oddo a Ranieri, da Cosmi ad Apolloni: le imprese, la discesa. Il calcio, una giostra che non lascia scampo

Una maledetta magia.
Bella, sublime, indescrivibile a parole, il più delle volte. Ma pur
sempre maledetta. Capace di frantumarsi in un istante, di non
lasciarti scampo. Uno schiocco di dita, il tempo di un sorriso, di
una lacrima. Nel momento stesso in cui senti che qualcosa sta
inesorabilmente cambiando, è già troppo tardi. Una giostra
infernale, pronta a sospingerti su, cambiando poi le carte in tavola come in un triste
incantesimo. Che indecifrabile creatura, il calcio. Poesia, ossimoro.
Ruggito, sospiro. Sensazioni che si alternano, emozioni che
combattono. Mistero e bellezza.

Prendete Serse Cosmi.
Aveva preso in mano il timone del Trapani da Boscaglia, uno che in sei
anni di grandi ricordi da quelle parti ne aveva lasciati. Tutto era
iniziato l’11 marzo del 2015, fra incognite e un futuro tutto da
scrivere. Una squadra con valori importanti, con un tifo caldo e
appassionato. I primi mesi d’assestamento. Poi, qualcosa è scattato:
un profumo magico. La
stagione 2015-16 è stata una cavalcata indimenticabile. Una città
intera lì, a bordo campo. La Serie A, i grandi campioni, le luci del grandissimo
calcio. Possibile. Pian piano, il miraggio all’orizzonte iniziava a prendere
forma concreta. Quarantadue giornate di pura passione, il terzo posto
dietro Cagliari e Crotone e i playoff. Il sogno ancora lì, a portata
di mano. A maggior ragione dopo la vittoria in semifinale contro lo
Spezia. La finale. Un ultimo passo prima di un’impresa storica. In
città tutti avevano trattenuto il respiro. Poi, Pescara di Massimo
Oddo
. L’ultimo ostacolo. Fatale. All’Adriatico i biancazzurri vincono
2-0. Nella finale di ritorno, finisce 1-1. D’un tratto, il sogno
sfuma. E la fame negli occhi di Cosmi si è trasformata in lacrime.
Era evidente che in quell’istante qualcosa si era rotto. Difficile
ricostruire tutto, ripartire dimenticando quella notte d’inizio
giugno. Troppo complicato ricreare la stessa, maledetta magia. Quella
tra Cosmi e il Trapani è volata via lì. Questa
stagione si è aperta fra mille difficoltà, rimpianti. Tempo qualche mese e, con la squadra
ultima in classifica in Serie B, Cosmi e il Trapani si sono separati. Tutto cambiato in cinque mesi. Un lungo
applauso, un sogno resistito per un anno in cui tutto sembrava
possibile.

Avevamo lasciato Massimo
Oddo
lì, accanto a Cosmi, in quella stessa notte di giugno. Mentre i
suoi ragazzi impazzivano di gioia, lui aveva vissuto quei momenti con
rispetto. Un abbraccio, prima di sospirare e godersi la prima, vera
impresa da allenatore. L’Italia lo aveva guardato (giustamente) con
ammirazione. Si era conquistato la Serie A con un calcio “pensante”,
come ama definirlo lui. Bello, propositivo, offensivo, ragionato.
Piacevole. Ed eccolo lì, Oddo, riportare il Pescara fra i
grandissimi dopo tre anni. L’ultimo a riuscirci? Zeman. Una
tradizione rinnovata, per palati fini, per chi non si accontenta di
vincere e basta. Ma in quella stessa notte, come per Cosmi, anche per
Massimo qualcosa è cambiato. Un salto grande, dalla B alla A.
Ma le prime partite confermano che
sì, Oddo di calcio se ne intende davvero. Il suo Pescara ferma il
Napoli (2-2) proponendo
un gioco che cattura l’occhio, che stuzzica gli esteti. I risultati, però, non arrivano: i biancazzurri perdono
contro l’Inter, e la vittoria non arriverà più. Fino a ieri, quando
dopo ore di riflessioni e dialoghi, la storia d’amore fra Oddo e il
Pescara si interrompe. Proprio il giorno di San Valentino.
Coincidenze. Amare, schiave di un dio strafottente chiamato
risultato.

Risalendo verso nord,
Parma. In tanti hanno maltrattato una società che negli anni ’90 ha
contribuito a scrivere pagine indimenticabili del calcio italiano (ed
europeo). Mesi da film horror, il fallimento, la Serie D. Lo spettro
di una rinascita nebulosa, tutta da scoprire, fra mille dubbi e
incertezze. Poi, l’arrivo di Nevio Scala come Presidente e la
rinascita. Che porta anche il nome di Luigi Apolloni, capace di
prendere in mano una squadra messa in piedi con intelligenza,
razionalità e competenza, e di riportarla subito fra i
professionisti. Una città in festa come non si vedeva da tanto, dopo
troppo dolore accumulato. Nel Girone A di Lega Pro i gialloblu sono fra i favoriti, ma non sempre viaggiano a pieno regime. 22 novembre 2016, Parma-Padova 1-4. Fine
della favola. Apolloni esonerato.

Può cambiare il campionato, la cultura, il calcio. Ma quella maledetta magia è sempre pronta a colpire, a
pervadere tutto. Nel maggio 2016 si è compiuta una delle imprese più
belle della storia del calcio. Una squadra che l’anno prima aveva
faticato dannatamente per rimanere in Premier League ha saputo
battere Manchester United, Manchester City, Chelsea, Arsenal,
Tottenham
, prendendo il calamaio e riscrivendo tutte le leggi e le
gerarchie del football. In panchina, un signore di nome Claudio
Ranieri
. Andato via dall’Italia, passando per la Grecia e per tante
critiche. Lo avevano dato per finito, bollito, ormai pensionato.
Ma è pericoloso considerare al capolinea uno che ha ancora dentro di sé la
fame per andare avanti. Schmeichel, Simpson, Morgan, Huth, Fuchs. Un
muro. Mahrez, il tocco della poesia. Drinkwater, Kanté, Albrighton,
corsa, anima. Okazaki, Vardy. Uno che qualche anno prima lavorava in
fabbrica e nel tempo libero segnava qualche gol nei campi della
periferia inglese, negli angoli bui del calcio, è diventato il
simbolo di un sogno (ir)realizzabile. Ora, quella
favola meravigliosa sembra svanita nei ricordi: il Leicester di
Ranieri è solo un punto sopra la zona retrocessione, viene da cinque
sconfitte consecutive in cui ha subito 12 gol e ne ha segnati zero.
Il club si è stretto intorno all’allenatore, provando a ricreare
quello stesso spirito che l’anno scorso ha permesso di andare oltre
l’impossibile. In Champions e in FA Cup sembrano rimasti frammenti di quella meraviglia. Motivazioni. In Premier no. Mormorii,
sussurri, ombre. Lo spogliatoio pare spaccato, c’è chi sembra
addirittura voglia la testa di Ranieri. Una magia persa, sacrificata. Forse, svanita per sempre.

Perché è una maledetta
magia. Bella, sublime, indescrivibile a parole. Ma che non ti lascia
scampo.