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Da donna a donna con una Regina. Di cognome fa Baresi e di professione l’attaccante

Incontriamo Regina in zona San Siro, sul campo dove tre volte a settimana si allena da quando è piccola. E’ il giorno dopo San Valentino quindi partiamo dal cuore (dell’intervista) e dall’amore (per il calcio): “Ho iniziato quando avevo 8 anni. I miei non erano del tutto d’accordo. Ero una bimba e loro si aspettavano che praticassi sport più femminili: la danza, il tennis, la pallavolo. In effetti a tennis ho giocato 4 anni, poi per fortuna mamma e papà hanno capito che voler giocare a calcio non lede l”essere donna o la propria femminilità e mi hanno lasciato giocare a pallone, che era ciò che mi piaceva di più”. Regina ha personalità, sa quello che vuole ed è decisa nelle sue scelte. Sarà anche per ragioni di carattere che nell’Inter Femminile non solo gioca come punta (14 gol da inizio stagione) ma è anche il capitano. Con quale maglia? La numero 9, perché Ronaldo (il Fenomeno eh, non Cristiano) è da sempre il suo idolo. Regina però non è solo calcio e si racconta ai microfoni di gianlucadimarzio.com a 360 gradi: “Il tennis mi piace non solo da praticare ma anche da vedere. Tifo per Rafa Nadal, papà per Roger Federer. Abbiamo visto insieme la finale degli Australian Open…io da una parte del divano, lui dall’altra. Sapete già a chi è andata meglio!!!”.

Non solo non è solo calcio, ma non è nemmeno solo sport, Regina: “Mi piacciono tante cose: la fotografia, materia su cui mi sto specializzando, i tatuaggi […]” -ne ha un bel po’ ma non riesce a quantificarli- “[…] Mi piacciono i viaggi e adoro i cani; se potessi ne prenderei 10”. Di amici a 4 zampe ne ha due: Jenny, che è rimasta a casa, e Onda, la cucciola-mascotte della squadra, che ha presenziato alla nostra intervista e che Regina, se fosse possibile, si porterebbe in campo ogni domenica.

A proposito, le chiediamo come prosegue il campionato dell’Inter Femminile, che milita in Serie B: “Siamo seconde a -2 dalla vetta. Dobbiamo fare il nostro e aspettare che le avversarie sbaglino. Però la partita più sentita resta sempre il derby. E’ così lucida e pragmatica nelle risposte che andiamo diretti al tema più delicato: il calcio femminile e il poco séguito che ha in Italia: “Il nostro Paese è impregnato di pregiudizi e regolato da una società maschilista (purtroppo non solo nello sport). Tanti sono convinti che ci manchi la tecnica e che scarpini e tacchetti non ci appartengano. Per fare un esempio, se mi metto a palleggiare in spiaggia, mi guardano come se fossi un alieno. Tuttavia qualcosa sta cambiando, sono sempre di più le bambine che decidono di giocare a calcio (e non mi dispiacerebbe allenarle un giorno), e se i club maschili iniziassero a credere in quelli femminili, magari inglobandoli, ci sarebbe una crescita per tutti”.

Ammesso che ce ne fosse bisogno, ci ha convinti. Del resto, se alcune donne possono (e sanno) parlare di calcio, tra le quali Regina che è anche opinionista in una trasmissione televisiva, sarebbe assurdo pensare che non possano essere competenti anche palla al piede. Tutti ora devono convincersi che se una bambina non vuole le scarpette coi nastri, ma gli scarpini coi tacchetti, non c’è niente di strano. Perché l’amore per il calcio è universale, anche se di cognome non fai Baresi.