Così la Francia è rinata dalle sue ceneri
Gli Champs-Elysèes erano pieni di gente e bandiere anche il 9 luglio di 12 anni fa, ma si svuotarono in fretta. Di quella notte alla Francia rimarrà solo la delusione e la capocciata di Zidane che si è infranta sul trionfo dell’Italia. Stasera gli Champs-Elysèes sono ancora gremiti, ma questa volta le bandiere continuano a sventolare e la festa si farà fino a notte fonda. La Francia non ha dimenticato la delusione della finale persa nel 2006, ha fatto tesoro degli errori, ha sbagliato ancora. Poi è rinata. Ha saputo ricostruire una generazione vincente, è ripartita dai giovani. Ha vinto il secondo Mondiale della sua storia e ha riunito un popolo che qualcuno ha provato a spaventare più di una volta.
Davanti al Petit Cambodge, il bar dove qualche anno fa il terrorismo faceva 15 vittime ora ci sono facce sorridenti. A due passi dal Bataclan la gente ha dimenticato l’orrore e si gode la festa. La generazione d’oro che ha fatto grande la Francia calcistica è cresciuta in un periodo dove è stato difficile trovare pretesti per esultare. E allora il motivo se lo sono creato da soli. Coraggiosi e sfrontati, ventenni già diventati eroi. Hanno visto la Francia ad un passo dalla gloria e poi quasi sprofondare nel baratro. Hanno assistito all’ammutinamento della squadra in Sud Africa e al tocco di mano poco leale di Henry che ha evitato la catastrofe di una mancata qualificazione al Mondiale. Sono cresciuti osservando gli errori di una generazione ormai stanca e sono rinati dalle ceneri di una nazione che sforna talenti da sempre.
Il Clairefontaine, il centro in cui crescono i fenomeni francesi del futuro, è stato inaugurato nel 1988 e non ha mai smesso di funzionare. Da lì sono nati i vari Griezmann e Mbappé, simbolo delle generazione d’oro. La federazione francese ha investito 24 milioni di euro negli ultimi 10 anni per i centri di formazione sparsi in tutti il paese. Ha avuto ragione e ha tracciato la via. La Francia crea fenomeni in serie: da Pogba a Lemar, fino a Mbappé e Dembelè. Il ricambio generazionale ha ridato ulteriore linfa ad una squadra che appena due anni fa ha sfiorato la vittoria dell’Europeo. Ma della finale con il Portogallo solo 9 hanno resistito fino al Mondiale in Russia.
Niente teste calde e un codice etico ben preciso. Così Deschamps ha costruito la sua Francia. Niente Nasri, Menez o Ben Arfa, non c’è stato spazio nemmeno per Benzema, prima difeso a oltranza poi mollato dopo lo scandalo del video a luci rosse che lo ha visto protagonista. L’ex allenatore del Marsiglia è stato fischiato, criticato e ostacolato. Poi è diventato uno dei segreti della Francia campione. Ha avuto il coraggio di cambiare e ha ripagato la fiducia della federazione francese portandola sul tetto del mondo. Ha alzato la coppa al cielo per la seconda volta, mentre la Francia intera era riversata nelle strade. Senza più paura, ma solo con la voglia di tornare a fare festa tutti insieme. Anche solo per una notte.