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“Bloccato in Kosovo”: il preparatore del Napoli di Sarri, tra paura e riconoscenza

Il racconto da Gjilan di Corrado Saccone, collaboratore del Napoli fino al 2016 . “Fino a sabato era tutto tranquillo. Questo è un Paese povero. Ma non scapperei: la mia professionalità lo impone”

“Se guardo fuori non c’è niente. Solo campi. Sono fortunato in un certo senso, perché non ho vicini di casa. Però un po’ di paura c’è adesso. Anche perché qui a Gjilan c’è solo un ospedale fatiscente”. Corrado Saccone ha passato questa domenica bloccato a casa. Come noi, distante da noi.

Lontano dalla sua Napoli dove ha lavorato per 8 anni: preparatore atletico del club, prima con Mazzarri, poi con Benitez e infine – solo per un anno – con Sarri. Oggi fa lo stesso lavoro al Gjiliani, terzo in classifica nella Superliga kosovara.


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“Mertens e Koulibaly sono come nipotini. Oggi ho visto Dries che si allenava sul terrazzo con la bottiglia: ha proprio imparato tanto da noi”. Corrado prova a sorridere anche adesso. Uno stile di vita, una vitamina per tenere lontana l’angoscia. Sì perché il Covid-19 non conosce frontiere. Fino a qualche ora fa il Kosovo sembrava un’oasi immune. Poi ecco i primi casi e lo stop del campionato. Cinque persone contagiate in tutto il Paese. Niente, se facciamo il confronto con i nostri numeri, ma quanto basta per mettere a rischio la salute pubblica di una nazione povera. Qui non ci sono i mezzi per affrontare un’epidemia. La gente è attentissima a non diffondere il virus: al supermercato ho visto quasi tutti con le mascherine. Qui ci sono due centri commerciali grandi, la città è piccola e le strutture sanitarie non sono certo al nostro livello. Ma dobbiamo stare tranquilli e aspettare: tanto non possiamo andare da nessuna parte”. Anche volendo, sarebbe impossibile. Tutte le frontiere in uscita sono chiuse, dal Montenegro all’Albania. “All’inizio della settimana scorsa ero andato a Tirana, dove lavoravo fino a giugno (campione albanese con il Partizani, per la prima volta dopo 26 anni) e dove vive adesso mia figlia che ha studiato lì. Già tornare qua era stato complicato, tra controlli e passaporto italiano”.

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IL LAVORO DA CASA: "VIETATO CORRERE FUORI"

Da sabato Corrado è chiuso in casa a fare il preparatore dal computer. “Ho già mandato i programmi personalizzati ai miei giocatori. Lavori di potenziamento da alternare alla corsa. Da fare in giardino, con scatti brevi. Meglio evitare di andare a correre fuori”. Una frecciatina per il suo “nipotino” Dries, che nei giorni scorsi aveva fatto jogging a Posillipo. Degli allenatori con cui ha collaborato a Napoli ha sentito solo Rafa Benitez, oggi allenatore del Dalian Yifang in Cina. “È tornato da poco lì e si è dovuto mettere in quarantena, venendo dalla Spagna”. Poi ha scritto a Gabbiadini “per fargli coraggio” e scambiato messaggi con i magazzinieri del suo vecchio Napoli, da cui si è separato nel 2016. “Non mi sentivo più gratificato e sebbene mi avessero chiesto spesso di restare, ho preferito andare via”. Otto anni di gioie e trofei, gli ultimi vinti dal club di De Laurentiis. “Ma io spero che presto il Napoli possa vincerne ancora. Resto sempre tifoso”.


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L'ALBANIA E LO STOP: "FINO A SABATO ERAVAMO TRANQUILLI"

La sua professione – dopo Napoli – l’ha portato in Albania. Al Partizani Tirana per tre anni, con uno scudetto e una supercoppa. Poi l’addio per divergenze con la nuova guida tecnica italiana del club e la nuova tappa in Kosovo, dopo avere rifiutato un’offerta dalla Macedonia. “La società è ottima e collaboro con un allenatore albanese che aveva apprezzato il mio lavoro al Partizani. È un’ottima esperienza, anche di vita”. Per il momento però anche lui è fermo. “La notizia è arrivata sabato mattina. Noi eravamo al campo. Credo che sia la scelta più giusta. Spero solo che adesso, quando si riprenderà, venga dato un annuncio tempestivo sulla data del nuovo inizio. Bastano due settimane di preparazione fatte bene per tornare a giocare una partita di campionato. L’importante è che non ci dicano di tornare a giocare dall’oggi al domani. Ma oggi le cose che contano davvero sono altre”.


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"SE CI FOSSE UN AEREO PER TORNARE, ORA NON CI SALIREI"

Corrado ha 59 anni e da pochi mesi è in Kosovo. Non si sente prigioniero e se domani partisse un aereo da Pristina forse non ci salirebbe “perché abbandonare un Paese e la propria professione non è bello. Poi se la situazione si dovesse aggravare, vedremo. Per ora ho davanti alla porta un bel foglio con il numero d’emergenza scritto sopra. Speriamo di non averne bisogno”. E di riprendere un campionato che ha andata, ritorno e un ultimo girone che somiglia a un playoff. L’obiettivo è provare a portare il Gjilani ai preliminari di una coppa europea. Per farlo serve arrivare primo o secondo. “Se avessimo vinto domenica scorsa, saremmo stati primi. Ma l’arbitro ci ha dato un rigore contro dopo 45 secondi”. Quanto ci mancano queste polemiche, quanto ci manca il calcio giocato. Adesso c’è da fare la guerra al Covid-19. Anche in un Paese che, dopo aver visto i missili, non pensava di doversi difendere anche dai microbi. Corrado la combatte da casa. Se chiude gli occhi, sente Napoli. Anche senza vederla.


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