Contestato, poi… accontentato. Lazio, adiós Biglia: storia di un capitano atipico
Auronzo, Dolomiti: è il #BigliaDay. Nel bene e nel male. Prima le visite in Paideia giovedì, poi l’arrivo in ritiro e il primo allenamento con
la squadra. Infine, in serata, l’annuncio: “E’ fatta col Milan”.
Ultima puntata di una telenovela durata mesi. Intricata, contorta, da mille
sfaccettature. “Montepaone a casa Milan?”. No, non è lui. E giù di misteri. “Ah,
il giorno dopo va in Paideia”. Lui, lui. E Biglia che saluta, da solo, in
silenzio. Pronto a togliersi la fascia da capitano. “Maledizione” targata
Lazio, da Nesta a Cesar. Fino a Oddo. Il Principito “se va”. Come tutti
gli altri, ma a modo suo: perché Biglia – tecnicamente – non è stato uno dei tanti.
Fondamentale. Regista di base con intelligenza e senso tattico, interditore e
ragionatore. “Tranquilli, ci penso io”. Centrali che si allargano, lui in
mezzo: un must di casa Lazio.
Odi et amo, grande giocatore ma…
personalità? Rivedibile secondo alcuni, pareri discordanti tra i tifosi. Shanghai docet. Biglia si presenta in
conferenza con la fascia al braccio, prima della sfida con la Juve, ma sul futuro risponde vago: “Può
succedere di tutto”. Dopo l’investitura, i dubbi. E l’insoddisfazione
dei tifosi. In sintesi, Biglia capitano per convincerlo a restare. E lui? Incerto. L’ennesimo capitolo del tema: “Cose da non dire in conferenza
stampa”. Da lì, fino ad oggi: una storia di 113 presenze e 16 gol. Un capitano atipico, silenziosissimo, quasi in disparte. Contradditorio, sì. Grandi capacità tecniche da un lato, scarsa leadership dall’altro. Benvoluto dal gruppo, questo sì, ma mai veramente guida morale. Più tattica. Arrivò alla Lazio nel 2013, lo volevano in tanti, ma lui scelse l’Olimpico per rilanciarsi dopo la depressione per la morte del padre: “Sono stato chiuso 10 giorni in una stanza buia. Mi scoppiava la testa, i medici mi hanno prescritto un sacco di medicinali, anche antidepressivi”. Rinascita. Rivincita.
Sorrisi? Prima zero. Un po’ per carattere. Lui
è così, pacatissimo. Timido. Ma adesso forse sì dai: Biglia accontentato. Ebbè,
dopo una giornatina così: 24 ore da suspance come nei film d’azione. Autografi
e selfie al termine della seduta, qualche tifoso gliela butta lì: “Allora? Vai
al Milan?”. Biglia risponde così: “Non credo”. “Vabbè – direte voi – è il
capitano, potrebbe mai dire “vado al Milan?”. Qualche ora
dopo è quasi ufficiale. Stato d’animo chiaro, visibile, emblematico. E tutto
tace. Indifferenza mattutina, ma nel pomeriggio c’è qualcosa: prima un breve
colloquio coi senatori della squadra, Lulic e Radu. Poi l’allenamento e… la
contestazione. Eccola qui. Un gruppetto di tifosi della Nord inizia ad
insultarlo: “Indegno!”. E ancora: “Alza i tacchi e vattene a Milano, il
biglietto lo paghiamo noi”. Vola anche un “capitano di me…”.
Un “porti sfiga”
che non guasta mai, in virtù delle 7 finali perse in carriera. Insulti
continui. Appena tocca palla, lì in regia e durante la partitella, Biglia viene bersagliato e contestato dalla Nord, che ormai ha scaricato il capitano.
Milan o non Milan. Indipendentemente da una decisione che comunque non arriva.
Nel mezzo, anche una rissa tra Hoedt, Wallace e Felipe Anderson. Clima teso.
E Biglia non ci sta, vuole solo rossonero. Pensa a Montella, Conti e Calhanoglu. In quel mondo tutto suo in cui non c’è più spazio per la Lazio. Neanche il tempo di rientrare in
albergo che c’è già la svolta: “Biglia al Milan!”. L’annuncio che tutti
aspettavano. Pure lui. E stavolta solo sorrisi, specie dopo 24h così.