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Como, Ganz: “Sogno la A e la Nazionale. Modelli? Lewandowski. Juve? Aspettiamo per parlarne”

In area di rigore è un cobra velenoso, fuori un ragazzo semplice e sorridente. Simone Andrea Ganz ci è riuscito, con umiltà si è levato l’etichetta di “raccomandato” da papà. Stagione fantastica la sua. Al primo campionato in B è andato a segno 14 volte, portando più della metà dei punti alla sua squadra, il Como. “Avrei firmato per chiudere il mese di marzo a 14” – si legge nelle pagine di Tuttosport – “Al contrario, mi sarei augurato un cammino differente per il Como: abbiamo lasciato troppi punti per strada, ma non siamo rassegnati, credo si sia visto con il successo a Modena e il pari con l’Entella. E’ mancato il tempo per amalgamarci dopo un’estate in cui l’organico è cambiato. E quando ad una neopromossa vengono a mancare i risultati si crea un circolo vizioso, aumenta la pressione e ogni gara diventa più difficile. Cuoghi? Il cambio di modulo, passando al 3-5-2, e ha portato idee ed entusiasmo. Lui crede nell’impresa, dobbiamo farlo anche noi perché il tempo stringe. Anzi, il tempo è finito e non abbiamo più margine d’errore a partire da sabato a Pescara“.

Sul paragone con papà Maurizio: “Segreti? La mentalità, data dalla fiducia dell’ambiente: se trovo le condizioni per ben figurare, rendo al meglio. Mio padre merita solo i miei ringraziamenti, per i consigli che mi ha dato, soprattutto nei momenti difficili. Poi ammetto che da piccolo ho spesso sentito attorno a me il marchio di raccomandato, ma ho risposto sul campo. E questa annata in B, forse, è la prima in cui sono prima Simone Andrea, poi il figlio di Maurizio. In cosa ci assomigliamo? Mi ha trasmesso la voglia di fare ogni cosa nel modo giusto e l’importanza di qualsiasi azione: non conta se giochi 90 minuti o 15, devi essere sempre pronto. Milan? La festa a San Siro, pochi giorni dopo lo scudetto 1999, è il mio primo ricordo su un campo di calcio. Il Milan ha rappresentato tantissimo per me, ho giocato due anni negli Allievi e tre in Primavera sentendomi in famiglia. Con Allegri debuttai in Champions contro il Bate. Presi il posto di Robinho e giocai accanto a Ibra, che ai tempi mi mangiavo con gli occhi: vedere un fenomeno come lui che si arrabbia quando perde la partitella in allenamento vale più di mille lezioni. Poi, però, ho intrapreso il mio percorso”.

 

La stagione 2013-204, passata tra Lumezzane e Barletta, è stata la più difficile: “Ho capito quanto sia difficile questo mondo, uscivo dalla Primavera e mi confrontavo con realtà e persone differenti. E’ stata un’esperienza preziosa, anche se è stata dura passare dai 25-30 gol delle giovanili ad un’annata a secco: non dico che ho pensato di gettare la spugna, però mi sono posto delle domande. I miei genitori mi hanno aiutato a superare quel periodo, e trovare il Como è stata una fortuna”. Modelli? “Lewandowski: è impressionante negli ultimi 15 metri. E apprezzo due miei coetanei come Icardi e Dybala. Juventus? Non è ancora il momento di pensare al futuro, anche per rispetto nei confronti di un club che mi ha dato tanto: prima voglio salvarmi con il Como. Sogno la serie A e la Nazionale. Però per raggiungere certi obiettivi devo restare concentrato sul presente. Saranno gli addetti ai lavori a stabilire se varrò la serie A. Ma una cosa posso dirla: mi sono creato certezze importanti in questi due anni”.