“Come si fa il cucchiaio? Ho imparato dal maestro, chiedete a lui…”. Musto, dalla Roma di Totti ai gol per l’Arzachena
“Sardegna? Ho scelto di tornare per riprendere il discorso interrotto…”. Per il suo ventiduesimo compleanno Lorenzo Musto si è regalato il ritorno nell’isola dopo appena 2 anni. Il gol in campionato contro il Monza, atteso da più di un anno, è arrivato alla seconda con la maglia dell’Arzachena e ha subito regalato un punto ai suoi nuovi compagni: sua la rete dell’1 a 1. Una liberazione per il prodotto del settore giovanile della Roma, che appena due anni fa, a 19 anni, mise a segno 18 reti nel campionato di serie D con la maglia della Torres. Nel nord dell’isola si è reso famoso per la freddezza sotto porta e per i gol a cucchiaio, tecnica imparata da vicino dal maestro per eccellenza, Francesco Totti. “Anni luce avanti a tutti” – dichiara un sorridente Musto ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “Totti in allenamento lo faceva in continuazione, il giovedì facevamo tutte le settimane l’amichevole con la prima squadra, era uno spettacolo. Ho avuto la fortuna di confrontarmi con dei giocatori fortissimi e chi mi impressionò di più fu forse Miralem Pjanic: Francesco, invece, lo conosciamo tutti. Erano solo amichevoli, si gestivano in quei momenti, se avessero voluto sarebbe finita… molto a poco! (risata)”.
Il gol con il Monza una rinascita? “Indubbiamente una rete importante per me e per la squadra, perché è stata decisiva. Fa sempre piacere a un attaccante buttarla dentro e a me serviva anche a livello psicologico, ma ho pensato soprattutto all’Arzachena in quel momento. Mi metto alle spalle un anno e mezzo difficile, ho segnato appena 3 reti ma questo è un dato relativo. Non ho avuto la possibilità di stare in campo come avrei voluto per via di diversi problemi fisici. Dovevo anche maturare sotto alcuni punti di vista e mi sono reso conto che questa esperienza degli ultimi 2 anni mi ha fatto crescere tanto”. Quanto ci metti a “somatizzare” l’astinenza da gol? “Sicuramente una punta soffre, la rete è necessaria come l’aria. L’attaccante va in campo per finalizzare il gioco della squadra, è il nostro compito, non mi sento a posto se non riesco a fare ciò che mi viene chiesto. Quanto dura la delusione? Beh, dai, dipende dalle circostanze, dall’importanza della partita. A volte durante la notte mi rivedo il film della gara, le azioni, e penso a come mi sarei dovuto comportare. Altre invece riesco a prendere sonno più facilmente”.
Sei tonato in Sardegna per scaramanzia? “Più che scaramanzia era la voglia di ritrovare un posto dove ho conosciuto un momento felice, anche se Sassari e Arzachena sono realtà differenti. In Sardegna ho vissuto un anno per certi aspetti “magico”, secondo me ritrovare questo ambiente poteva aiutarmi e speriamo che alla fine sia una scelta vincente. Quando è venuta fuori la notizia mi sono detto “perché no?”. Con la Torres era andato tutto bene, credo nel bis. L’Arzachena l’ho seguito anche l’anno scorso, nel campionato di serie D. A un certo punto il favorito sembrava il Rieti, poi sono usciti fuori gli smeraldini e devo dire che hanno vinto con merito. Squadra compatta, tosta da affrontare, la società ha confermato tutti i pezzi da novanta e quando vinci un campionato difficilmente puoi sfigurare nella categoria superiore, ciò che sta accadendo”. Sei di proprietà del Bologna, ti aspetti una chiamata a fine anno? “Il calcio è strano, non si può mai sapere. Ora spero di fare il meglio possibile, di dare tutto me stesso per l’Arzachena, il resto potrebbe essere conseguenza. A fine stagione, se dovesse arrivare la chiamata, la prenderei al volo, sta a me decidere il mio futuro”.
Torniamo al cucchiaio, ci insegni come si tirano? “La tecnica per tirare i rigori a cucchiaio non spetta a me descriverla, ci sono dei maestri in questo settore. Posso invece confermare come la scelta di tirare il rigore in quel modo sia tutta dettata dall’istinto del momento. Io lo segnai due anni fa con la Torres e fu il gol più bello di quel campionato. E’ come un bluff a poker, basta che però il portiere avversario si butti: solitamente lo fanno. Se rimane fermo rischi una figuraccia, ma l’effetto sorpresa spesso ha la meglio: è un tiro fuori dal normale”. Modello? “Van Basten, studio spesso i video dei suoi gol su youtube, adoro i gol in acrobazia e lui era un maestro. Per senso del gol e determinazione direi invece Pippo Inzaghi, uno che stava sempre al posto giusto e cercava di giocare sugli errori degli avversari. Squadra del cuore? Da piccolo ero molto tifoso della Roma, anche perché la vivevo più da vicino. Spesso ho fatto il raccattapalle in un Olimpico zeppo di campioni. Poi, allontanandomi da quella realtà, un po’ di passione l’ho persa. Adesso tifo per la squadra in cui gioco”-
Esulti ancora con la pistola? (altra risata) “Era legata al periodo in cui Roy Makaay era nel Bayern, era uno dei più forti bomber europei. Giocavo nelle giovanili della Roma e spesso lo imitavo dopo un gol. Mi rimase anche a Perugia, ma adesso non ne ho una preferita, esulto come mi viene al momento”. In cosa pensi si eccellere e cosa devi migliorare? “Penso di avere un dono, quello dell’opportunismo sotto porta, credo sempre in possibili situazioni che magari a prima vista non sembrano scontate: mi faccio sempre un’idea in anticipo di dove possa andare la palla. Migliorare? Si deve sempre crescere, soprattutto alla mia età. Ho lavorato tanto sul supporto alla squadra, aiutare i miei compagni a salire. Poi devo mettere su qualche chilo di muscoli, sia nelle gambe che sopra. Dal punto di vista tecnico un po’ tutto”.
Cosa fai nel tempo libero? “Una mia grande passione è il pianoforte e quando sto a Roma mi capita di suonarlo. Ho preso lezioni da piccolo e ho coltivato questo amore e me la cavo abbastanza bene: suono anche i pezzi di Eminem. Adoro il rap, anche italiano”. Riti portafortuna? “Non specifici, li cambio spesso, ma se le cose vanno bene cerco sempre di fare le stesse cose. Uno? Metto sempre il parastinchi sinistro prima del destro”. Obiettivo? Ti sei dato un tempo per la scalata alla serie a? “Credo nel lavoro, il mio futuro dipenderà tutto da questo. L’ho scoperto ultimamente, allenarsi senza la testa giusta non serve a molto, quindi concentrazione prima di tutto. Passo dopo passo spero di conquistarmi la scalata, come detto, dipende molto anche da me. Stesso discorso per i gol, è controproducente stabilire un obiettivo minimo, il mirino va focalizzato sulla singola gara. Poi a fine stagione si contano, come fanno i grandi campioni come Higuain“. Per il pianisti Musto un “tasto” alla volta…