Un Mago per papà: Helios Herrera racconta l’uomo dietro la Grande Inter
Il Mago Herrera gli aveva disegnato un futuro da calciatore. Oggi però il figlio Helios è un economista di successo e sorride ripensando a quella gioventù tutta speciale: i dribbling nel corridoio veneziano, le dure sessioni di allenamento, i consigli del papà motivatore. Presi direttamente dallo spogliatoio della Grande Inter
Grande Inter, Grande Mago. Per i tifosi nerazzurri, soprattutto di una certa generazione, non c’è passaggio logico più semplice: le due Coppe dei Campioni consecutive (1964 e 1965: il secondo anno fu triplete con Serie A e Coppa Intercontinentale) rappresentano un unicum nel calcio italiano. Ma qual è stata l’ultima squadra di Helenio Herrera? Ancora l’Inter? Il Barcellona? No, il figlio Helios! “Non era il solito papà che si incazza perché è andata male la pagella, per lui contava solo la mia partita”. Mica male, diranno i ragazzini. Oggi, a 45 anni, anche Herrera Jr. è un giramondo, parla quattro lingue e ha fatto carriera con i numeri. Ma non quelli del Mago, né quelli di un goleador: Helios è professore di economia all’Università di Warwick, dopo un PhD alla New York University e una laurea in fisica a Pavia.
Non esattamente quello che si aspettava Herrera padre: “Il calcio era la sua vita, ciò che l’aveva trascinato fuori dalla povertà. Voleva che facessi il calciatore perché quella era la via che aveva conosciuto”, ci racconta l’ultimogenito di Helenio in esclusiva su Gianlucadimarzio.com. “Mentre con i figli più grandi era stato occupato dalla carriera con me fu diverso. Nel ’74, durante la sua seconda esperienza all’Inter, ha avuto un infarto e lì di fatto ha smesso di allenare a tempo pieno. Ci siamo trasferiti a Venezia: all’epoca io avevo due anni ed ero tutto per lui.”
Quanti di noi, durante l’infanzia, si mettevano a giocare a calcio in salotto, fantasticando la rete di San Siro tra gli stipiti delle porte? Magari con una palla bacata che se rompeva un vaso la mamma ci inseguiva ed erano guai. Ecco, per il piccolo Helios dimenticatevi tutto ciò: “Mio padre mi allenava duramente, anche nella nostra casa veneziana. Prima di cena, in quel largo corridoio centrale del ‘400, fin da bambino mi faceva scartare birilli e coni”.
In apparenza, il sogno di ogni bambino. Ma quante pressioni, quanto difficile diventa trovare la propria strada: “Per forza. Se alle giovanili del Venezia non giocavo o non mi allenavo bene, lui mi lasciava lì e se ne andava. E io, 10-12 anni, dovevo pagarmi la merendina, il vaporetto per tornare a casa. Poi teneva il broncio tutta la sera. Era uno esigente, mi considerava come un calciatore che non aveva reso. Non ero un brocco, ma neanche un fenomeno. Mentre mio padre era world class”.
“Quando Helenio Herrera veniva alle mie partite, tutti puntavano gli occhi su di me aspettandosi chissà che cosa. Ero ok, ma c’erano almeno due compagni di squadra molto più forti di me. Uno oggi fa il pasticcere, l’altro è Edoardo Gorini, ex Varese e Cittadella.” Come dire, a me sarebbe andata peggio. Ma il Mago non era tipo da arrendersi facilmente: “Nemmeno quando mi sono iscritto a fisica aveva capito la mia scelta. Diceva che, a differenza degli altri figli, avevo grinta e classe. Forse ci credeva più lui di me, e forse alla fine ho avuto ragione io”.
Helios ha comunque imparato tanto da quella gioventù così speciale, senza maturare nessuna repulsione per il calcio: “Ci mancherebbe, per divertirmi ci gioco ancora! Se oggi ho una certa disciplina e continuo a fare sport devo ringraziare papà. Da ragazzo però i ritmi erano davvero tosti: calcio e un'altra attività fisica, a giorni alterni, tutto l’anno. Mi trattava come un piccolo giocatore. E pensare che io l’ho pure conosciuto addolcito dall’età”.
Un profilo unico, quello del Mago. Anche se oggi un allenatore che gli assomiglia c’è, rivela Herrera Jr. “Mourinho. Per il modo di provocare e di essere sfrontati. Mediatico, coinvolgente. La maggior parte delle conferenze stampa degli allenatori sono piatte. Quelle di Mou invece te le guardi". Evidentemente, uno stile che all’Inter porta bene. Teatrale, ma efficace soprattutto al di fuori delle telecamere. Senza ‘Taca la bala!’ forse non ci sarebbe stato nemmeno ‘Zeru tituli’. Perché Herrera era pioniere anche in questo: Mago proprio per la sua capacità di colpire lo stato d’animo dei giocatori in modo diretto, da gran motivatore. “Per caricare i ragazzi prima del match, papà era solito attaccare le sue massime nello spogliatoio del Meazza. E una delle più famose la riciclò anni dopo anche con me, ma per rimproverarmi.”
Come? Raccontaci ancora, Helios! “Il giorno della mia partita Helenio Herrera era sempre da solo, non la guardava in mezzo agli spalti. Si metteva in disparte, sulla ringhiera. E mi allenava da fuori, io correvo guardando questo che gesticolava: -Cosa fai? Più grinta, scatta di più! E gioca a testa alta!-. Una volta (secondo me avevo fatto anche una prestazione discreta), finita la partita scendo, vado verso gli spogliatoi e passandogli vicino gli chiedo: -Pa' com’è andata, com’è andata?-. Lui mi squadra, un po’ perplesso: –Chi non dà tutto, non dà niente!-”.
Herrera Jr. si era trasformato nell’Inter: ecco cosa succede ad avere un Mago per papà.