“Che si inventi un premio per lui…”. Il 2017 perfetto di Modric: il Cruijff croato diventato galattico con il Real Madrid
“Visto che non gli si dà il Pallone d’Oro che almeno si inventi un premio solo per lui”. Apre così, Marca, oggi. Chioma bionda in prima pagina, trofeo ben stretto tra le mani: istantanea di una notte magica vissuta da leader. L’ennesima di un 2017 che non può non essere perfetto: “Il migliore della mia carriera, la giusta ricompensa del lavoro e della dedizione”. Schivo davanti le telecamere, giocarellone con i compagni. Parla poco, Luka Modric. A lui basta piazzarsi in mezzo al campo e avere il pallone tra i piedi. Con l’unica eccezione fatta per una persona speciale: la moglie Vanja Bosnic. L’unica volta che è stato al telefono per più di tre ore, dall’altra parte della cornetta c’era lei. Gli era bastato comporre il numero per capire che sarebbe stata la madre dei suoi figli. 180 minuti dopo ne era convinta anche lei.
INFANZIA DIFFICILE
Zaton, settembre 1985. Inizia qui, la storia di Modric. Un paesino sperduto, con poco più di 100 anime capaci di sopportarne l’inverno gelido. Tanto che per le strade inizia a girare anche un detto: “In inverno, a Zaton, possono sopravvivere solo i Modric e il luppolo”. Poi la guerra d’indipendenza croata e l’assassinio del nonno diventando incubo davanti agli occhi: “E’ stato scambiato per un partigiano, ma in realtà stava solo cacciando”. Sei anni ancora da compiere e un lungo cammino per scappare dalle barbarie del conflitto. In un hotel dove si sta rifugiando con la famiglia viene visto giocare al calcio da presidente dell’NK Zadar. “Quel ragazzino gioca bene…”. Colloquio coi genitori e via: prima esperienza calcistica, poi i ‘no’ dell’Hajduk Spalato e l’arrivo della Dinamo Zagabria. Troppo esile, però, Luke. Meglio mandarlo a farsi le ossa in Bosnia. Dove, 12 mesi dopo, diventa il miglior giocatore del torneo. Predestinato di un calcio mondiale che gli appartiene di diritto. Da qui, l’ascesa: dal ritorno in Croazia fino all’approdo in Premier League con il Tottenham, con la consacrazione definitiva a Madrid. Sponda Real, gigante tra i galattici.
IL CRUIJFF CROATO
Con Mourinho impara a conoscere il calcio spagnolo, con Ancelotti prima e Zidane poi ne diventa l’interprete numero uno. Direttore d’orchestra ma anche sradica palloni con una visione di gioco superiore ed un’eleganza fuori dal comune. “A differenza di molti giocatori piccoli, che cercano di trovare spazio lontano dal cuore dell’azione, Luka va proprio lì, lottando per la palla con giocatori che sono più grandi e più forti di lui. E solitamente ne esce fuori con la palla al piede. Ogni parte del suo gioco è perfetta”, per usare le parole di Slaven Bilic. In Croazia, poco più che bambino, in lui già vedevano il Johan Cruijff croato. Qualità tecniche sopraffine, carisma e propensione al lavoro a completare il profilo del campione. Vincente sempre… e da protagonista. In Nazionale è il cervello e il leader della squadra, al Real Madrid ogni trama di gioco passa prima dai suoi piedi. Con la certezza che, quando la gara conta più di tre punti, Modric non perde mai la testa. Gambe che non tremano, cervello che non va mai in confusione. Un numero 10 così imprescindibile che ai Blancos mancava dai tempi di Luis Figo.
STRAPOTERE MONDIALE
Come ieri, perfetto nella gara contro il Gremio che ha regalato al Real Madrid il Mondiale per club e il quinto titolo della stagione. Al termine del match, il ‘Pallone d’Oro’ della competizione era suo, davanti anche a CR7. L’ultima, immensa soddisfazione di un 2017 da incorniciare tanto a livello di squadra quanto individuale. Quinto nella classifica per il Ballon d’Or, miglior centrocampista dell’ultima edizione della Champions League e regia della Fifa Pro World XI affidata proprio a lui. Strapotere… Mondiale. Che, la prossima estate, vuole vincere con la sua Croazia. E a quel punto, chissà, un premio solo per lui si potrebbe inventare per davvero.