Questo sito contribuisce all'audience di

Caro Ricky, perché? Primissima domanda: così, di getto, senza pensarci. Ricky, che fai? Ti ritiri? E a noi, cosa resta? Lacrime e sorrisi. Kakà lascia il calcio e ringrazia Dio: “E’ stato un viaggio oltre l’immaginazione…”. E noi zitti, senza parole, aggrappati ai ricordi. Perché ora, Ricky? Un paio di stagioni in più potevi pure fartele. Magari di nuovo al Milan, amarcord. O in Brasile. Ma meglio da noi. Giusto così eh, non per altro. Giusto per abituarci un po’ all’idea di un Ricky dirigente, con giacca, cravatta e classe. Come in campo. Smoking (bianco) d’ordinanza, istituzionale, dietro una scrivania. Ti ci vedi? Noi ancora no, scusaci. Noi siamo un po’ nostalgici, restiamo fermi a vecchie foto. Tu in campo, col 22, la maglia più larga del dovuto. Tu che scatti, bruci il difensore e la metti dentro col piattone. Fotogrammi. Cose che forse non rivedremo più. Perché il tempo passa, l’anagrafe dice 35 e le ginocchia cedono: “Provo dolore, non ho più piacere a giocare”. Cose che a volte è meglio non sapere proprio. Cose che fanno male e vanno dritte al cuore. Pugnalate. Guardi il palmarès e ti stupisci ancora: 250 gol, uno Scudetto, una Liga, una Champions, un Mondiale per club e via così. Tu che adesso non corri più e nemmeno ci provi, che alzi bandiera bianca e dici “no, basta. Dico addio”. Abbiamo ancora un’altra immagine però, perdonaci: tu che vinci la Champions e il Pallone d’Oro del 2007. Tu che arrivi alla Malpensa con gli occhiali, gli occhi sperduti, il talento mascherato dai giudizi. L’apparenza inganna: “Ma chi abbiamo preso?”. Gattuso offuscato, Ancelotti idem: “Quando arrivò pensai a uno studente…”. Benvenuto Erasmus. E obrigado, Kakà. Per sempre. Con un “grazie” a quel medico che ti salvò la carriera a 18 anni, dopo una caduta in piscina.

OBRIGADO KAKA’

Caro Ricky, in primis sorridi. Sii felice. Emozionati ancora, noi l’abbiamo fatto. E scusaci ancora se oggi siamo tristi. Un po’ così. Oggi una certezza del pallone saluta e dice addio. Oggi, forse, qualcuno diventa grande e lo capisce. Consapevolezza. E’ la vita. Oggi saluta l’infanzia di chi è cresciuto col 22, l’adolescenza di chi ha vissuto il miglior Ricky e lo schierava sempre a Pes, il ricordo di un Milan che correva veloce e dominava l’Europa. Come te. Insieme a te. E che adesso fatica, provando a riabbracciarti in altre vesti. Saluta un ruolo di cui si son perse le tracce, sacrificato sull’altare del tatticismo militante, ma di cui tu sei stato interprete eccellente. Fantasista, trequartista, l’uomo tra le linee pronto a pungere e a segnare, alzando le braccia al cielo Caro Ricky, ricordati Madrid. Il Real. Quei quattro anni di luci e ombre in cui non sei stato il vero Te. Una copia sbiadita alla continua ricerca di se stessa. I continui infortuni, il peso di 67 milioni sulle spalle, l’ombra di CR7 arrivato per 90. Mai stato Galattico, mai stato da “Real”. Dibattiti che hanno resistito al tempo e al ritorno a casa Milan: tecnicamente pochi in realtà, voto 10 in qualità e rifinitura. Uno così passa di rado. Caratterialmente, però, non sei mai stato un personaggio da “Blancos”. Lo chiamavano San Kakà, zero feste e zero uscite, tant’è che Berlusconi lo definì il “genero ideale”. La sua ex moglie non la prese bene: “A me ha fatto piacere, a lei un po’ meno, soprattutto quando il presidente ha aggiunto ‘peccato che sia già sposato”. Caro Ricky, corri. Più forte di prima. Dribbla le difficoltà di questo “nuovo inizio” e le insidie che verranno. Affrontale a testa alta spizzicandole di testa, superando due avversari come nella notte dell’Old Trafford. Un guizzo d’oro. Game, set, match. E Balon (d’Or). L’ultimo prima dell’interregno Messi-CR7.


INDELEBILE



Caro Ricky, l’Italia ti aspetta. Ti ha apprezzato davvero. Per correttezza e lealtà, talento e giocate, estro e genialità. Il Milan in primis. Caro Ricky, ricorda il Brasile e gli inizi, un soprannome passato alla storia grazie a tuo fratello, che non riusciva a dire Ricardo. Ricorda il Mondiale del 2002 vinto a 20 anni, le due Confederations Cup e il pensiero di aver dato tutto anche in Nazionale. Ricorda l’Orlando e l’epilogo finale, in lacrime, in America, in uno stato che non ha mai visto il miglior Kakà della carriera, ma che nonostante tutto ha pianto insieme a te nel giorno dell’addio. E in punta di piedi, in silenzio, lontano dai riflettori. Amazing. Caro Ricky, arriviamo al grazie. Di nuovo e mai abbastanza. Sincero e sentito. Indelebile. Non vedere più il tuo calcio sarà triste, ma è la vita. La consapevolezza di non essere più dei ragazzini. Ma averti visto giocare, forse, oggi, vale il prezzo di essere grandi.