Caro Ibra…Tanti auguri! Una lettera per ripercorrere una carriera “da Dio”, da ragazzino qualunque a “Zlatan”
Caro Ibra,
chissà, magari non amerai particolarmente leggere una lettera per ricevere un lungo messaggio di auguri per il tuo 36esimo compleanno, ma è in fondo uno dei modi più particolari ed anticonvenzionali grazie al quale noi comuni mortali potremmo metterci (ipoteticamente) in contatto con te. Già immaginiamo tu sia un po’ arrabbiato per quel “33” ormai lontano tre anni dalla casella degli anni compiuti: sappiamo bene quanto tu tenga alle tue personalissime radici deistiche e da messia, dopo averle ribadite più e più volte tra dichiarazioni fuori dal campo e miracoli sul rettangolo verde. Ma in fondo, ci permettiamo di dirtelo, nella tua vita di rimpianti puoi averne ben pochi. Basta, semplicemente, ripercorrerla.
Forse quell’esperienza al Barcellona non andò come volevi, è vero: per un amante dell’autodidattismo sempre più sperimentato con gli anni e della pratica spiccia come te, stare in quello che tu definisti “collegio” ad ascoltare i discorsi di un filosofo del calcio come Guardiola non era forse la soluzione migliore. E ce ne siamo resi conto, visto il tuo ritorno dopo un solo anno a Milano. Fenomeno tra i fenomeni che non ha reso in maniera fenomenale (paronomasia perdonata?), nonostante 22 gol e 13 assist raccolti a fine stagione, chiuso e trasformato in quel clichè di Tiki-Taka e calcio a memoria riconducibile ad una prigione per uno spirito libero. Non essere uguali agli altri è ok, lo hai ribadito tu stesso nella Bibb… Bibliografia, che hai scritto. Ed in effetti, tra calci agli armadietti nello spogliatoio blaugrana e bocca mai e poi mai chiusa (da buon profeta), non può che essere così. A partire dalla tua infanzia.
Da un piccoletto pestifero con il naso grosso, ladro di bici e fan incallito di Muhammad Ali e Bruce Lee (Cassano può testimoniare…), pian piano sei diventato un gigante, fisicamente e mentalmente. Uscire grazie al calcio da una situazione familiare complicata, in mezzo a rapporti complicati con papà, mamma ed alcune sorelle e ad una fame sempre più intensa e placata a malapena con del pane, partire come portiere a 6 anni ritrovandoti poi attaccante. E meno male che l’attrezzatura da hockey costava troppo, altrimenti chissà cosa ci saremmo persi. O no? Rullo compressore contro ogni tipo di critica piombata addosso, ai dispetti e alle bravate fuori dal campo hai sempre risposto con magie sul terreno di gioco: dopotutto, quell’etichetta di ragazzo di Rosengard (città natale alla quale hai regalato un campo) l’hai sempre pagata, fino a quando non hai lasciato le giovanili del Malmoe per approdare, a 17 anni, in prima squadra. Ora, invece, la gente pagherebbe per essere come te: dal ghetto all’olimpo, tra sacrifici, povertà ed un poster di Ronaldo appeso in camera, sognando di diventare come lui.
Presuntuoso, arrogante e sempre sicuro di sè, sempre la solita storia… Ma forse è sempre stata proprio questa la tua forza. Fregartene di tutto e seguire i tuoi dogmi (e guai a fare il contrario!), lasciando da parte ogni tipo di convenzione ed andando controcorrente, come la carpa che hai tatuata sulla schiena. 85 milioni di corone sborsati dall’Ajax per portarti ad Amsterdam, la pressione e la 9 che era di Van Basten addosso ma… Quel sangue balcanico in un corpo svedese non mente. “Io sono Zlatan”, dicevi, “The Son of God”, e dietro quel nome despotico stampato sulla maglia sei riuscito a conquistare, pian piano, un po’ tutti. Prima odiato, poi sopportato, ora amato da tantissimi, che hanno cambiato parecchio idea su di te. Ricordi quando ti definivano un meraviglioso solista, soprattutto ai tempi dell’Inter? “Palla a Zlatan e pedalare”, “Zlatan accentra troppo su di sè il gioco”, in qualche modo riuscivi a far parlare di te sempre, nel bene e nel male, Taekwondo applicato al calcio. Normale che però, in mezzo ai tanti discepoli, la luce divina partisse da te: illuminante, geniale, capocannoniere, il tutto nonostante qualche nottata intera a divertirti sull’Xbox. Poi, grazie anche ad Helena, sono arrivati Maximilian e Vincent, e allora… Dalla consolle, si è passati a “The Sims” in versione reale. Calcio e famiglia, vita da totale professionista e papà spesa a placare quella fame di gol e successi che Capello e Galbiati, ai tempi della Juve, hanno impiantato nella tua forza mentale in progressione.
E tutti quei “mal di pancia” che tanto odiavi, poi? Alcuni enfatizzati (e qualche giornalista ne sa qualcosa…), altri reali, come quell’irrenfrenabile voglia di raggiungere il top, targato Barcelona, senza sapere che il meglio fosse in arrivo proprio dalla sponda nerazzurra di quella Milano che tanto hai amato. E riabbracciato, una stagione dopo, per continuare con il Milan la tua personalissima parabola degli Scudetti, interrotta solo un anno dopo da un destino che, nonostante tu ce l’abbia messa tutta, proprio non voleva saperne di farti conquistare un altro campionato. Così come quella coppa dalle grandi orecchie che non hai mai sollevato e che ancora ti aspetta, ma non ancora purtroppo per molto tempo. Sebbene tu sia inconfutabilmente eterno, ci mancherebbe…
Per Mourinho saresti stato più o meno disposto a morire: non a caso, appena si è presentata l’occasione, riabbracciarlo nel mondo del Manchester United è stata una formalità. D’altronde il PSG non ha voluto sradicare la Tour Eiffel per farti spazio… E per tornare al Milan, forse, avresti rinunciato anche a buona parte dell’ingaggio. Parte di quel processo che da sfacciato ed antipatico ti ha portato anche ad essere buono e misericordioso nel contempo, dispensando più sorrisi (anche di fianco alla tua personalissima cera) ed un’ironia diventata ormai marchio di fabbrica. Dio e possessore di superpoteri, usati per tornare il più velocemente possibile anche dopo un pesantissimo infortunio: possibile che, a un mese dalla fine dell’estate, ci si ritrovi già a festeggiare Natale? Naturalmente, ci risponderesti “siguro”, in un perfetto mix tra italiano e spagnolo, con un ghigno beffardo. Tutti ai tuoi piedi, fotografati ed appesi all’ingresso della tua dimora svedese. Perchè in fondo, tutta questa storia è partita proprio da lì.
Tanti auguri!