Caro Gigi…
Caro Buffon,
Che strano, “Buffon”. No, ora ti daremo del tu e ti chiameremo semplicemente Gigi.
Caro Gigi, è arrivata anche per te. Non importa se questa sarà la fine effettiva della tua carriera o se continuerai ancora a giocare, oggi un libro l’hai comunque portato a termine e mandato in stampa. Il libro della tua storia in bianconero, la più lunga, segnante, intensa della tua vita da numero uno. È difficile esserlo sempre, un numero uno. È difficile non disattendere le aspettative che ti avrebbero voluto perfetto, immune da critiche e da errori. Più da numero dieci, che da numero uno. Tu invece sei stato sempre uno, nel senso di unico: pregi e difetti, prodigi ed eccessi, debolezze nemmeno troppo celate, orgoglio invece mai nascosto. Capitano, quando hai dovuto raccogliere l’eredità di un monumento come Alessandro Del Piero. Hai preso per mano la Juventus, l’hai condotta verso nuovi record, poi nella storia, leggenda, mito: hai quasi semanticamente spostato il significato di vittoria, riferito alla Juventus, in “costante”. Non è stato però sempre tutto così splendente: più volte la luce ha fatto spazio alle tenebre. Quelle delle sconfitte, accettabili in quanto tali, ma dolorose. Eccome, se dolorose: Manchester, Berlino, Cardiff, Madrid. Le tenebre degli infortuni, dei lunghi momenti senza vittorie. Le tenebre della B, quando invece avresti potuto sognare ed ambire a riflettori dorati. Non l’hai fatto. E nelle lacrime di chi oggi ti ha salutato nel tuo stadio, c’era tutto questo.
C’erano i bambini per i quali sei stato il primo e unico capitano, che quando inizieranno a declinare la formazione senza il tuo nome, si sentiranno straniti.
C’erano gli anziani, per i quali sei stato l’ennesimo anello di congiunzione tra tempo, fede e amore, con unico denominatore la Juventus.
C’erano i ragazzi, che calcisticamente parlando sono cresciuti potendosi aggrappare alle tue spalle larghe.
C’era anche il cielo, che ha retto per 60’ e ha aspettato la tua uscita tra le lacrime per piangere anch’esso e non fermarsi fino al momento in cui vi siete riconciliati, quando gli hai mostrato l’ennesima coppa dello Scudetto.
C’erano i tuoi compagni, che in questi giorni ti hanno dedicato parole, pensieri, sensazioni: saranno smarriti anche loro, a luglio, quando il tuo armadietto sarà vuoto.
C’era tutto il mondo del calcio, che in questi giorni ha saputo apprezzarti, salutandoti e riconoscendo il tuo valore.
Caro Gigi, c’eri soprattutto tu. Hai stretto tante mani, durante il tuo giro di campo. Hai pianto. Hai abbracciato tante persone. Ti sei un po’ nascosto durante il giro in pullman: stavi scrivendo l’ultima pagina, quella più difficile. Ma non servirà più di tanto: leggendo questo libro, abbiamo già provato tutti sentimenti possibili. Abbiamo vissuto. E per questo ti diciamo: grazie.