Francesco Camarda, figlio del Milan
Il gol (annullato) di Camarda visto dalla tribuna: le lacrime della madre, la corsa del padre e San Siro è una voce sola
Francesco Camarda funziona perché rappresenta tutti. Dal primo all’ultimo dei settantamila di San Siro. È il bambino che sogna di giocare al Milan, è il ragazzo che quel sogno l’ha dovuto accantonare da un po’ ed è pure il tifoso ottantenne nato tra i gol di Nordhal. Francesco Camarda è tutti loro. L’amore, la corsa alla balaustra, la commozione, l’urlo di gioia – poi strozzato dal fuorigioco. Momenti collettivi di occhi che brillano. Perché, oggi, per un milanista, nulla è più rappresentativo di questo ragazzino di sedici anni che in campo si danna col cuor e che all’ultima Champions vinta – nel 2007 – neanche era nato. Camarda è la speranza, la promessa. Amato incondizionatamente, per immedesimazione, da un popolo intero.
Settantamila voci urlano al suo gol contro il Bruges. Il ragazzino ha segnato in Champions, il più giovane di sempre. Una sola persona non trova la voce, neanche per esultare. La madre. Commossa per la gioia, le mani agli occhi per asciugare le lacrime. “Perché piange, signora?”, le chiedono. “Sono la mamma”. Sorride. Accanto a lei il seggiolino è libero: papà Manuel ha avuto la reazione opposta. Appena quel cross ha toccato la testa del figlio sapeva già l’epilogo: “Gliel’ho visto fare cento volte”. E infatti parte di corsa verso la bandierina col cuore in gola, ancora prima che la palla entri. Come Francesco in campo. E i due si ritrovano lì: basta uno sguardo.
In effetti, quel gol non è nuovo. Anzi, è il suo preferito: cross dalla trequarti o poco più avanti, girata di testa, palla in buca. Una formula magica. Perché la porta la sente anche quando è di spalle. Era così a tredici anni, è così in Champions League.
Peccato però che il fuorigioco rovina la festa. Il padre rientra al suo seggiolino con un sorriso a trentadue denti perché non ha ancora letto la notizia sul maxi-schermo. “L’hanno annullato? Va bene lo stesso”. Sorride come prima, fa spallucce. E inizia a cantare con gli altri settantamila il nome di suo figlio. San Siro è una voce sola, perché Francesco è figlio del popolo. Per l’attaccante che nelle giovanili ha distrutto ogni record. Per il cuore rossonero che a 14 anni ha rifiutato la Juve e che a 16 – corteggiato da tutte le big d’Europa – ha firmato il contratto da professionista con il Milan. Ma soprattutto, il ragazzino che quando può sale in curva e canta. La speranza a San Siro ha un nome e un cognome.
Camarda è una scossa elettrica. Pressa, si impegna. È un tifoso che gioca, prima che un calciatore. Lui che il Milan se l’è tatuato sulla coscia. E che – dannata bandierina – è stato a un passo da scrivere la storia. Un’altra volta.