Calciosofia – E se fosse Kant ad allenare Ibra e CR7?
L’accostamento fra filosofia e pallone è tanto affascinante quanto inevitabile. Il calcio è molto più di un semplice sport, e come tale va trattato. Noi ci divertiamo così: a far sporcare le mani – e i piedi – alla filosofia, facendola parlare di calcio. Con semplicità, rispetto e un pizzico d’ironia. Perché, come dice Mourinho, “chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”
Estate. È appena finito il campionato, e per molti appassionati inizia un periodo ancora più bello: il mercato. Speranze, paure, ma soprattutto sogni. Quelli di vedere la propria squadra prendere un grande giocatore, che cambi la carte in tavola. Se il mercato fosse fatto da noi, probabilmente lo gestiremmo come alla PlayStation: dentro tutti i calciatori più forti, e via. Tanto, mica è un problema nostro farli giocare insieme con gli altri giocatori, no? Invece – incredibile, vero? – c’è qualcuno che si preoccupa della convivenza fra i singoli quando si va a prendere un potenziale fuoriclasse. L’allenatore deve avere tutto sotto controllo: per lui la squadra viene prima delle individualità, per quanto affermate e decisive. Ed ecco la domanda: come possono coesistere le personalità più forti dei singoli nel rigido schema della squadra? In altre parole: qual è il posto di quella che la filosofia chiama creatività?
Immanuel Kant è quanto di più lontano possa esistere da uno sportivo. Il filosofo viveva nella sua tranquilla stanzetta a Königsberg, e passava le giornate meditando, fumando la pipa e bevendo tè. Letto-poltrona-tavola: questo era il suo tragitto, fino alla fine dei suoi giorni. Eppure sarebbe stato un grandissimo allenatore di calcio, almeno a giudicare cosa pensa sulla convivenza fra i fuoriclasse e la squadra. Per Kant infatti la creatività si esalta in presenza – e non in assenza – di regole ben precise. Nella storia della filosofia è una svolta: il romanticismo parlava di una creatività anarchica, slegata da norme. E invece arriva Kant, con la sua pipa e il suo tè, che dice che le regole sono la benzina della creatività. E non finisce qui: tanto più strette sono le regole, quanto più determinante risulterà il ruolo della creatività e dell’intuizione. Ed è per questo che il tedesco potrebbe essere un ottimo uomo di calcio: pensiamo a come è organizzata una squadra di calcio. Per un allenatore che ha già un sistema di gioco ben sviluppato non è facile inserire un fuoriclasse, cioè una personalità che tende a non seguire le regole e a metterne di proprie. Qualcuno ha detto Balotelli? Beh, il punto è proprio questo. Se Kant fosse il nostro vice, ci direbbe che la soluzione sarebbe un’“armoniosa interazione” fra il talento del singolo e i meccanismi della squadra. Al di là della difficoltà della messa in pratica, tutti i veri allenatori sarebbero d’accordo con Kant. Perché Allegri ha potuto inserire così facilmente Dybala, ad esempio? Perché alle spalle c’era un sistema, e la creatività di Dybala – predisposto ad integrarsi – si esalta nelle regole-schemi bianconere.
Ragionando come Kant, succederanno due cose. La prima è che tutta la squadra ne gioverà, dato che non sarà mai posta in secondo piano rispetto al singolo. Ed è così che il Sassuolo di Di Francesco può far giocare i Berardi e i Defrel pur rimanendo tutti uniti, e i risultati sono una prova. Chiedere al Milan per conferma. La seconda è che le straordinarietà dei giocatori saranno sempre rispettate, e riusciranno sempre ad inserirsi. Il fuoriclasse rispettando la squadra non limita la propria genialità, ma la esalta mettendoli al servizio del gruppo. Non è un caso che due dei più grandi calciatori della nostra epoca abbiano capito questo concetto: Cristiano Ronaldo e Ibrahimovic. Carlo Ancelotti li ha allenati entrambi e li ha definiti “generosi e altruisti”. Tutti e due hanno cambiato squadre – soprattutto Ibra -, ma sono sempre stati protagonisti e vincenti perché hanno messo le loro doti al servizio della squadra. Kant sarebbe stato fiero di loro, perché la loro creatività si esalta nei vari sistemi e nelle regole dei loro allenatori, senza che loro siano danneggiati. Basta vedere i trofei che hanno vinto in giro per il mondo per convincersi…
Ah, un’ultima cosa. Se incontrate Ibra per strada, non dategli del kantiano. Potrebbe arrabbiarsi.
A cura di Luca Mastrorilli