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Cagliari, Cerri: “Toni e Amauri tra i miei modelli. Futuro? Prendiamoci la A, poi vedremo”

Allenamenti, sacrifici, rinunce. Alberto Cerri ha capito da subito cosa serviva per emergere. In casa due grandi esempi. Nonno Ercole Gualazzini, negli anni ’60, era uno stimato ciclista, vincitore di alcune tappe al Giro d’Italia e al Tour de France. Papà Davide, nato anche lui calcisticamente nel Parma, è stato meno fortunato di Alberto e ha vissuto la sua carriera in serie D. “Albertone” la scorsa stagione partì in maniera fantastica. Quattro gol nelle prime cinque partite di campionato, testa della classifica dei cannonieri e gli occhi di tutte le “big” addosso.  Un brutto infortunio al ginocchio, patito durante Lanciano-Pro Vercelli del 29 ottobre 2014, lo ha tenuto fuori per tre mesi. Per ritrovare il gol ha dovuto aspettare un anno, ma soprattutto ha dovuto aspettare la gara del “Biondi”, dove aveva segnato l’ultima rete, con la maglia del Lanciano.

 

Era già scritto? Alberto ride alla domanda: “Può sembrare così, ma è stata una semplice coincidenza” – dichiara Cerri ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “Sinceramente, l’unica cosa a cui ho pensato dopo quel gol era che finalmente mi ero sbloccato. Per un po’ la fortuna non è stata dalla mia parte, l’importante era riprendere a segnare, al Biondi o in qualsiasi altro stadio. E’ stata una liberazione. Io scaramantico? No. Non esorcizzo la sfortuna con particolari riti. Ascolto solo un po’ di musica prima dei match”. Difficoltà a cui era già preparato: “Sì, è vero. Sono nato in una famiglia di sportivi, ma questo fatto non mi ha agevolato in tutto. Sicuramente mi hanno fatto capire fin da piccolo che questo tipo di carriera comporta dei sacrifici, soprattutto quando si è ragazzini. Mi hanno preparato mentalmente ad affrontare le difficoltà nella maniera giusta. A quell’età magari vorresti divertiti con i tuoi coetanei, passare il tempo libero con loro e invece sei messo davanti a una scelta”.

Sacrifici ripagati adesso: “Gli allenamenti e le partite ti rubano molto tempo e magari se il tuo gruppo va al cinema tu devi studiare perché il giorno dopo c’è la scuola. Rinunce che si fanno volentieri per assecondare una passione. Mancanza di privacy? Non mi ha mai dato fastidio, non mi sento più di tanto osservato”. L’amore, quello per il pallone, è nato nella palestra della scuola: “Sì, come tanti ho cominciato lì e poi non ho più smesso. Il ricordo più bello di quel periodo è la prima partita in un campo in erba. Finì sette a uno per noi e feci sei gol. La prima società è stata la Fulgor e da lì sono passato al Parma. Otto anni bellissimi, ogni allenatore mi ha dato qualcosa, mi ha aiutato a crescere in campo, ma anche fuori. Ho avuto la possibilità di giocare sempre, in ogni categoria, per cui mi reputo fortunato”.

In tanti lo paragonano, anche per la stazza e la provenienza geografica, a Luca Toni. Lui ha avuto come modello un altro ex centravanti della Nazionale: “Nel periodo in cui sono stato aggregato alla prima squadra del Parma studiavo molto Amauri, era lui l’attaccante che più si avvicinava a me come caratteristiche. In generale, cerco di ispirarmi ai centravanti classici, come Toni. Non ho un solo modello,  cerco di rubare qualcosa a tutti i migliori interpreti del ruolo”. Dopo essersi sbloccato in campionato, Alberto si è sbloccato anche in Under 21. Martedì scorso è arrivato il primo gol in azzurro, decisivo per la vittoria sull’Andorra: “Belle sensazioni. Dopo la gara ho ricevuto tanti messaggi, ma quelli che mi hanno fatto più piacere sono delle persone che reputo importanti. I miei genitori, i miei parenti e gli amici di infanzia, le persone che so che mi vogliono veramente bene. Quello dell’Under è un grande gruppo, composto da ottimi giocatori, io sono fiducioso. Secondo me all’Europeo possiamo fare un bel cammino. Dire ora quali potrebbero essere le principali rivali è difficile, perché, come abbiamo visto in Andorra, ogni partita può nascondere difficoltà inaspettate”.

A Cagliari sono due le reti in campionato, una delle quali, quella ad Avellino, decisiva per i tre punti. L’impatto con la Sardegna è stato buono fin dal suo arrivo ad agosto: “Mi hanno accolto benissimo tutti fin dal primo giorno. Dai più giovani, alcuni li conoscevo già tramite le Nazionali, ai veterani, mi hanno fatto sentire uno di loro. C’è un bel gruppo, non posso esprimere preferenze, sono in difficoltà a fare un solo nome. Rastelli mi ha voluto fortemente? Anche con il nostro allenatore il rapporto è ottimo, mi dà tanti consigli, mi segue durante gli allenamenti, impeccabile. Fuori dal campo si relaziona con me come con tutti gli altri, credo sia giusto così”. Il sole di Cagliari e il calore dei supporters rossoblù hanno stregato Alberto: “La prima cosa che mi ha impressionato è il pubblico, i tifosi. Io avevo giocato qualche partita nel Parma, ma non facevo sempre parte dei convocati. Vivere una stagione da protagonista, con un pubblico del genere è fantastico. In casa e in trasferta sono sempre tanti, lo stadio ha un colpo d’occhio fantastico e inoltre sono molto calorosi e affettuosi. Poi il clima, meraviglioso. Io sono nato a Parma, sono sempre stato abituato a stare in mezzo alla nebbia. Venire qui ed avere quasi tutti i giorni il sole e giornate calde mi ha piacevolmente colpito. Molto bello vivere a Cagliari”.

Un anno fa se lo contendevano i top team italiani ed europei, adesso il suo destino è in parte già scritto, Cerri è di proprietà della Juventus, in prestito secco a Cagliari. La promozione è a un passo, resta da capire con quale maglia diventare protagonista in massima serie: “Penso a finire bene quest’anno. In base a come andrà questo finale di stagione potrò avere un quadro più completo per trarre delle conclusioni e prendere la mia decisione”. La precedente promozione, datata 2004,  fu festeggiata dai giocatori cagliaritani con dei parrucconi e i capelli rasati e tinti di rossoblù. Cerri come la festeggerà? “Davvero? (ride di nuovo, n.d.r.). Adesso pensiamo a fare i punti che mancano, poi penseremo anche a come festeggiarla”. Qualcosa trapela già, ma “Albertone” evidentemente un po’ scaramantico lo è veramente…