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Buon compleanno Roby: “Vi raccontiamo Baggio”, viaggio nei ricordi di Carobbi e Antognoni

Difficile dire chi è stato Roberto Baggio per Firenze, città innamorata del suo genio e del suo talento calcistico nonostante il tempo e gli eventi. La 10 viola, del Divin Codino, la vendono ancora: maglia amarcord, sua o di Antognoni, in tanti negozi del centro storico. Richiesta non manca, perché Firenze – città d’arte per eccellenza – non dimentica mai il bello. Che sia bandiera, come Antognoni, o che sia rimpianto, come quel Roby che se ne andò alla Juventus. La solitudine dei numeri 10, e quei due (Baggio e Antognoni) saranno eternamente nella storia viola: “Tanti auguri Roby” ci sussurra Giancarlo al telefono, voce emozionata che ripercorre i ricordi di quella stagione. 1986/87: la prima in A per Baggio, l’ultima – in viola – per Antognoni: “Veniva da un infortunio, era in recupero. Mi ricordo la gara di Napoli, una delle poche che giocammo insieme. Dimostrò il suo valore col suo primo gol in A: in quella gara il Napoli vinse lo scudetto, finì 1-1. Per lui un ricordo piacevole, per me meno… ero quasi alla fine”. Poi Antognoni va avanti, apre l’album dei desideri e confessa: “Mi sarebbe piaciuto eccome giocare ancora con Baggio: quella gara fu un passaggio di consegne, sì. Lui scelse di andare alla Juventus poi, io seguii poco quella vicenda. Ha raggiunto traguardi importanti e vinto molto, pensa sia stata una scelta giusta”.

Chi con Baggio ha giocato per più tempo è Stefano Carobbi. Compagno di tante avventure in viola, fin dai primissimi momenti: “Ricordo quando arrivò in ritiro, a Serramazzoni, e aveva ancora il ginocchio malandato. Sembrava un uccellino pieno di paura, ma il campo disse il contrario: ha dato spettacolo e ha reso quell’annata stupenda”, confessa. Poi la voce si fa più debole, perché il capitolo successivo di quella storia si chiama B2. Baggio e Borgonovo: “Non era una squadra quella, eravamo amici veri e propri. Ci divertivamo molto insieme, era uno spogliatoio divertente e non oppresso da chissà che spirito di competizione individuale”. Aneddoti? “Dormivo in camera con Roby, e i primi tempi non sapevo della sua religione ancora. Lui era in bagno e stava pregando ad alta voce, pensavo però che si stesse sentendo male. Da lì iniziammo a parlare, tanto. Della religione, della filosofia…. parlavamo separati da un muro, e quando stava in silenzio senza rispondere avrei voluto sfondare la porta”. Il più forte italiano di sempre? “Uno dei più forti, sicuramente. Gli mando un grande abbraccio e mi auguro che la sua serenità trasporti anche la mia, perché ogni volta che lo rivedo mi sento più sereno”.

Il viaggio nel passato di Baggio prosegue, sempre più indietro negli anni. Stagione 1985/86: Primavera della Fiorentina. Esordì ad un Viareggio, torneo in cui quella squadra arrivò quarta. I ricordi, di questo suo capitolo di vita, li affidiamo a Giovanni Giovarruscio, compagno di squadra di Roby in quella Fiorentina: “Mi ricordo partite interminabili a calcio-balilla, al Bar Sorriso. Vivevamo tutti insieme alla “Villa“, era un gran giocherellone lui. Era un patito degli Eagles, ce li faceva sentire in continuazione… non ne potevamo più! Arrivò infortunato, ricordo la tensione nei suoi occhi alle prime sedute col Prof. Baccani, che curava i recuperi dei giocatori della Fiorentina. Lo chiamavamo il “metallaro” noi di Roma, perché era pieno di catenine, di anelli… Quell’anno mi regalò le sue scarpe Valsport, non le fanno neanche più. L’esordio in A? Me lo ricordo, io ero nel tunnel insieme agli altri suoi ex compagni: lui esordiva, e noi facevamo i raccattapalle. Ci incrociò con gli occhi, aveva lo sguardo commosso“. Si ritrovarono tutti insieme una sera a Firenze. Al Franchi, Baggio, ci è tornato. E non solo per raccogliere quella famosa sciarpa viola che gli lanciarono al primo Fiorentina-Juventus da avversario, ma anche (e soprattutto) per spingere la forza di Stefano Borgonovo. A Firenze, quella B2, non la scorderanno mai. Tanti auguri Roby, Divin Codino per sempre.