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Buffon: “Ritiro? Voglio essere me stesso fino alla fine, quando non lo sarò più smetterò. E sono pronto a studiare…”

Portiere e difensore, l’uno di fronte all’altro. Non in campo e da compagni di squadra o avversari, come la logica potrebbe pensare, ma speciali intervistatore ed intervistato per una bella chiacchierata tra passato, presente e futuro di uno dei più grandi portieri della storia del calcio come Gigi Buffon, intervistato per “The Players Tribune” da Gerard Piqué. Nella mezz’ora spesa insieme al centrale del Barcellona, il portiere della Juventus si è soffermato soprattutto sul proprio presente e futuro, con una decisione su eventuale ritiro o meno che verrà con ogni probabilità comunicata nella conferenza stampa fissata per domattina. Ecco le sue parole:

SUL CAMBIAMENTO DEL CALCIO

“E’ stato un cambiamento bello, giusto: il gioco del calcio ne ha giovato ed è migliorato, diventando più bello e spettacolare. Ci sono meno perdite di tempo, individualmente mi ha fatto migliorare, giocando anche con i piedi: diventa un lavoro più completo rispetto a prima. E questo mi piace: se ho 40 anni e gioco ancora è perchè ho lo stimolo di migliorare”.

SUL RITIRO

“Oggi non ci sono sorprese nuove, quando cominci ad avere un’età come la mia è giusto valutare mese dopo mese e settimana dopo settimana: è importante sentire sempre il desiderio di battersi, dannarsi ed essere protagonista. In più devi sentirti bene fisicamente, ho orgoglio e non voglio fare brutte figure: sono Buffon e voglio esserlo fino all’ultimo giorno. Appena vedo che non lo sono più, è meglio prendere e uscire: ci incontreremo col Presidente e faremo una valutazione in serenità. Sono felice e sereno: se vado avanti e gioco son contento, sto in un ambiente bello e sano con tanti amici e so di poter dare il mio contributo. Se so di non poterlo fare va bene uguale, ho fatto lo stesso una grande carriera”.

SUL POST RITIRO

“Se dicessi che non ho paura è una bugia, ma essendo una persona molto curiosa so che quando smetterò non mi annoierò mai, stimolerò sempre il mio cervello: è importante farlo. In questo, per me, sono uno che non si annoierà mai: non subirò l’uscita di scena dal palcoscenico. Per 23 anni però ho avuto persone che mi hanno organizzato la vita, lì dovrò farlo io e potrebbe essere una complicazione. Ruoli? Vorrei fare tutti i corsi formativi, imparare a fare bene il dirigente, il direttore sportivo, l’allenatore: poi con calma scegliere una strada e andare dritto su quella. Cosa sarei stato senza calcio? Sarei stato una persona peggiore, sicuramente, poi forse un professore di educazione fisica, come han fatto i miei genitori: mi è sempre piaciuto stare in mezzo ai ragazzi e allo sport. Il calcio mi ha reso una persona migliore perchè ho sempre concepito il gruppo come aspetto più importante, la condivisione con gli altri ti rende meno egoista e più altruista, una delle cose più belle che ti dà la vita. Diventando popolare, poi, ci sono aspetti positivi e negativi: quando fai qualcosa di sbagliato, vieni bacchettato da giornali e telegiornali in maniera esagerata. Ma questa punizione esagerata ti fa ragionare e pensare non sia bello che uno come te subisca questo, di conseguenza cerchi di fare un gradino ulteriore e diventare migliore”.