Super Gigi si toglie il mantello con la consapevolezza di essere Buffon
Da Parma a Parma, un viaggio nella carriera di Gigi Buffon
Il tempo passa per tutti, tranne che per Gianluigi Buffon. O meglio, Gigi. Ormai è uno di famiglia. Per uno che è stato nel salotto degli italiani per più di venticinque anni di carriera è il minimo. Eppure, anche i supereroi vanno in pensione. Sì, perché questo è stato Gigi per il calcio italiano: la diapositiva della parata sul colpo di testa di Zidane nella finale del Mondiale contro la Francia del 2006 è solo la punta dell’iceberg di un calciatore che è entrato di diritto nella lista dei migliori del suo ruolo.
Buffon si ritira: un viaggio nella sua carriera
E non solo per la longevità e le vittorie ma anche per la costanza ad alti e la forza di volontà nei (pochi) momenti bui del suo percorso. Ventotto primavere di professionismo che hanno preso il via nel 1995, da predestinato. Nel Parma il titolare Luca Bucci si procura un infortunio e Nevio Scala lo aggrega alla prima squadra: esordirà a diciassette anni contro il Milan di Weah, Baggio e Boban mantenendo la porta inviolata. In Emilia cresce, da adolescente diventa uomo e vince anche il suo unico trofeo continentale: la Coppa UEFA.
Quanto basta per convincere la Juventus ad acquistarlo nel 2001 per 75 miliardi di lire (sì, c’erano ancora le lire). Pensate, fino al trasferimento di Jorginho dal Napoli al Chelsea è stato l’italiano più pagato della storia: diciassette anni di primato. Oggi è ancora sul podio al terzo posto.
In quegli anni i bianconeri di Marcello Lippi in Italia e in Europa: subito i primi due scudetti della sua carriera (ne vincerà 10, record) ma anche la prima grande delusione. Manchester, Old Trafford, finale di Champions League tutta italiana contro il Milan: di quella gara ricordiamo il super salvataggio in controtempo sul colpo di testa di Pippo Inzaghi e i rigori parati a Seedorf e Kaladze. Non abbastanza per sollevare il trofeo che rincorrerà lungo tutto il suo viaggio. Poi Calciopoli, la retrocessione in Serie B e la decisione di restare alla Juventus da Campione del Mondo.
2006, l’anno della consacrazione: per il Mondiale vinto da protagonista con appena due reti subite in tutta la competizione (un autogol e un rigore) e per il secondo posto nella classifica del Pallone d’Oro, certo, ma anche perché nel momento di tempesta più assoluta per la Juventus ha deciso di non abbandonare la nave insieme ai vari Nedved, Del Piero e Trezeguet. Perché così fanno i portieri: si tuffano, cadono e si rialzano. Lo stop sbagliato contro il Lecce o la discesa goffa sul tiro dalla distanza di Alaba sono solo dei puntini in quadro di parate e interventi decisivi.
Buffon da calciatore ha superato anche la depressione “Avevo 24, 25 anni. Facevo un campionato normale: non bene, ma neanche male. Non avevamo più obiettivi con la squadra. Le gambe mi tremavano e non avevo energia. La mia fortuna è che se sono in un momento di difficoltà, non mi vergogno a mostrarmi deboli. Non mi chiudo. Una grande medicina è stata che ne parlavo liberamente”.
Un anno all’inferno in B, due settimi posti anonimi e poi il dominio della Serie A con l’arrivo di Conte e il lavoro di Allegri: sette campionati consecutivi per un totale di 24 trofei vinti con la maglia della Juventus. Un palmarès che forse non darà mai comunque pace a Gigi per colpa della maledetta Champions: prima Messi nel 2015 e poi Cristiano Ronaldo nel 2017 condannano i bianconeri all’ultimo atto della competizione europea. Quel “bidone dell’immondizia al posto del cuore” gridato dopo l’eliminazione ai quarti di finale contro Real Madrid per un rigore assegnato al 95′ non era soltanto lo sfogo di un bambino che stava materializzando l’idea di non poter raggiungere quell’obiettivo. Una kryptonite che si è confermata anche a Parigi, quando il richiamo del Paris Saint-Germain è stato a tutti gli effetti la sua ultima occasione per vincere la vecchia Coppa dei Campioni. Anche stavolta lo condanna un penalty allo scadere negli ottavi contro il Manchester United.
In bacheca si aggiungono comunque una Ligue 1 e una Supercoppa francese per poi fare ritorno a Torino, dove da secondo di Szczęsny diventa il calciatore con più presenze in Serie A (657) e con la maglia della Juventus (526).
Non sembra ma in tutto questo Gigi ha spento 43 candeline. E con la consapevolezza di chi sa di aver dato il massimo decide di tornare dove tutto è iniziato: a Parma si diverte in Serie B come se fosse un ragazzino fino alla decisione di ritirarsi a 45 anni. Con la Nazionale dopo l’argento a EURO 2012 le cose non precipitano: prima l’eliminazione ai gironi del Mondiale in Brasile, poi la mancata qualificazioni ai Mondiali nel playoff contro la Svezia che coincide con la sua ultima gara in Azzurro. Meritava un addio migliore ma quelle lacrime a San Siro sembravano aver chiuso un cerchio ma neppure una batosta così forte lo aveva fermato. Ma lo sappiamo, è il lavoro dei portieri: tuffarsi, cadere e rialzarsi. I supereroi perfetti lasciamoli ai fumetti e alla serie tv.