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Dirigente, scopritore, come un padre: tutti i giovani di Bruno Conti, cultore del talento

Basta guardare la sua scrivania per
capire l’importanza dei dettagli. Una
sfilza di nomi nero su bianco su quei fogli, alcuni ingialliti dal tempo:
“Qui c’è tutta la mia carriera”.
Giocatore? Anche, tra foto-ricordo
dei tempi che furono e le polaroid delle famiglia: moglie, marito, papà.
Esterno dal passo svelto prima, talent scout poi: “Responsabile del
settore giovanile della Roma”
. Perché a Trigoria se dici
“Bruno” pensano subito a Bruno Conti, “Marazico” oppure
“Sindaco”
. La leggenda, sì. Soprattutto oggi che compie 62 anni (leggi qui il ritratto di Conti calciatore). “Roma? E’ stata la mia vita”. Sia in campo che fuori, dietro le quinte, nell’ombra, da osservatore di talento
e del talento. Di quei ragazzi ormai suoi cresciuti come figli, quasi come
Andrea e Daniele. Generazione Conti. Quella con la 7, il Mondiale dell’82 e il
ruolo dell’ala ormai scomparso: “Sono orgoglioso di ciò che ho
rappresentato”
. L’altra, più recente, in giacca, cravatta e taccuino:
“Girando nei campetti dei dilettanti”
. Perché Bruno, oltre ad aver
vinto tanto in giallorossa, ha contribuito a plasmare i gioielli del futuro.
Testimoniati, tutti, da quei fogli bianchi dentro casa: nome, età, costo,
guadagno, plusvalenza
. Tutto. “Quando un ragazzo arriva vuol dire che la
società ha lavorato bene”
. Azzardiamo: in modo eccellente. Specie
sotto la sua gestione, dal 1994 al 2016 come coordinatore.

Trofei? Un’infinità:
2 Scudetti e 2 Coppe Italia Primavera, poi 3 titoli Allievi e 4 Giovanissimi:
“Bisogna avere la pazienza di aspettare questi giovani”. Metodo tutto
suo: “Quando ho visto alcuni ragazzi in diversi provini non c’era
disponibilità nel pensionato, pur di non perderli ne ho portati quattro a casa
mia e poi me li portavo su e giù per gli allenamenti”
. Gaetano
d’Agostino l’esempio più lampante, uno che magari – a detta di Conti – con la
Roma “non ha trovato la continuità” di cui aveva bisogno, ma ha avuto
“un’importanza economica”. In sintesi: è rientrato nell’affare Cassano, classico scambio. “Per non
perderlo lo portai a casa mia, gli lavavo i panni”
. Qualche screzio
iniziale con Franco Sensi. Questione di vedute: “Ricordo
che con un pugno sfondai la porta della biglietteria, dove c’era ancora
Esposito. Diedi le dimissioni, poi rientrarono”
. Come un padre,
soprattutto grazie alla pazienza della moglie, una “che faceva mangiare
alcuni ragazzi a casa loro”
. Poi via, col pulmino agli allenamenti. Facile intuizione: Bruno era sempre in mezzo ai campi, a
scovare talenti col suo chewing gum d’ordinanza. Mentalità vincente: “Bisogna saper guardare
in prospettiva, l’abbiamo fatto nel modo giusto”.
E l’Italia
ringrazia, aggrappandosi a quel piccolo elenco di nomi ancora stampato su quei
fogli: “Lista calciatori”.

Eccoli: De Rossi, Aquilani,
Bovo, Amelia, Pepe, Corvia, Galloppa, Okaka
. Fino alla “classe dei ’90” più
promettente: Bertolacci, Romagnoli, Florenzi, Politano, Verre, Caprari,
Viviani, D’Alessandro, Pellegrini, Antei, Federico e Matteo Ricci. Poi altri in categorie
inferiori ma sempre tra i pro: Montini (a giugno sarà del Bari), Frediani,
Pettinari, Pigliacelli, Sabelli, Scardina, Sini, Brosco e tanti altri. Merito anche di una rete
scouting all’avanguardia, composta da osservatori preparati che alla fine, come
da prassi, sottoponevano il ragazzo al giudizio finale del “Sindaco”.
Sempre pronto a dividere i meriti: “La bravura non è solo mia, ma anche
degli istruttori e degli osservatori- Se non si ha vicino gente competente, non
arrivano risultati”
. Amen. “Insomma Brù, questo? Va
bene?”
. Lui scrutava, valutava. “Vediamolo”. Alcune volte era convinto, altre no. Tipo per Politano: “Non so, è troppo piccolo” diceva. Ma Attilio Olivieri, ex osservatore della Roma, lo convinse a prenderlo quand’era ancora piccolo, funambolo del Selva Candida (leggi qui). Ps: oggi Matteo gioca titolare nel Sassuolo.

Quando scattava la
scintilla, però, Bruno andava direttamente a casa dei genitori per convincerlo, come nel
caso di Ciciretti (fantasista del Benevento, ’93): “E’ figlio di romanisti
sfegatati, sanno tutti i cori della curva, quel ragazzo ha la Roma
dentro”
. Questa la replica di Amato: “Devo tanto a Bruno Conti: mi ha
portato alla Roma, nel suo ruolo è un campione, è un punto di riferimento anche
sentendolo poco”.
Dirigente, anche in panchina nella famosa stagione dei 4
allenatori. “Ricordi indelebili, una volta piansi insieme a Rossella Sensi
negli spogliatoi, avevamo vinto a Bergamo con gol di Cassano”.
Successivamente, insieme alla Sensi, rifiutò un’offerta del Chelsea per De Rossi: “Offrivano 60 milioni, se avessimo accettato sarebbe successo un casino”. Si è saputo dopo però, perché lui è sempre stato dietro le quinte. In silenzio. Lavorano nell’ombra e scovando talenti. Portando a casa i giovani su cui avrebbe scommesso. Oggi, quasi tutti, finiti su quei fogli ingialliti dal tempo. E (fortunatamente) anche in Serie A. Auguri Brù.