Dal bullismo alle scarpe rubate, dall’incubo Real al sogno Atletico Madrid: la parabola di Saùl, tra una tripletta e un rinnovo fino al 2026
Raccontarlo ora fa
un po’ male. Sì, l’ultimo Saùl non evoca bei ricordi: proprio
no. Almeno per noi italiani, gente dal cuore azzurro. Il motivo? Un
sinistro micidiale, una botta dalla distanza e un’incursione
chirurgica in area di rigore. Totale: Italia 1- Spagna 3. Azzurrini
out e Saúl
Ñíguez Esclápez
infinito. Tripletta da favola la sua, roba meravigliosa. Rojo come la
passione, quella spagnola: tecnica latina mixata a un costante lavoro
difensivo. Indole e DNA Colchoneros, sì. Da piccolino, invece, era
‘muy rubio’. Biondissimo. Un bimbo prodigio, uno speciale. Ma
soprattutto un ‘chaval muy bueno’: difficile non volergli bene,
impossibile lasciarselo scappare. E lo sa bene l’Atletico Madrid,
che oggi ha deciso di giurare eterno amore al suo Saùl.
Hasta 2026
Un rapporto
solidissimo, unico. Quasi un giuramento dettato da un legame di
sangue. Saùl e l’Atletico Madrid: ieri, oggi, domani e fino al…
2026. Ok, rileggere per sicurezza: 2026. Nessun errore, perché sarà
questo l’anno in cui scadrà il prossimo contratto di Saùl con i
colchoneros. L’accordo
attuale,
valido fino al
2021, è stato quindi
prolungato
di
altre cinque stagioni,
quando lo
spagnolo classe
1994 avrà 32 anni. Un
record. Ma per capire cosa abbia acceso questa fiamma di passione
bisogna andare oltre il pallone, immergendosi nel mondo di Saùl.
Viaggiando con lui per rivivere la sua infanzia, fatta di gioie ma
anche di timori improvvisi. E allora scopriamo assieme cosa significa
essere Saùl Niguez: molto più che un semplice campione.
Cholista puro
Tratteggiare
il Saùl calciatore è un
po’ come
dipingere
un quadro di arte bizantina: fantasia ‘spagnoleggiante’, tocco
latino e abilità d’incursione da falso esterno. Poi il sacrificio,
nel segno di un prezioso
aiuto alla squadra.
Todocampista. Più
difficile, invece, è sintetizzare
il
Saùl
pensiero,
anzi, un’espressione dogmatica forse ci
sarebbe:
“Es
un cholista puro“.
E
si sa, per questa definizione non c’è un significato preciso.
Questione
di cuore. Anima, amore e
tanto Simeone.
Il tutto nel
segno di un dualismo
inossidabile: pallone e famiglia, due parole in rima per la
stirpe dei
Ñíguez. Fedeltà e i fiducia ai valori più sani, alle piccole cose
e alle proprie passioni.
Perché
in
campo lo stile di Saùl è una metafora di vita. Si
sbatte, diverte e fattura numeri di alta scuola. Incide. Sforna
pensieri creativi e li converte in numeri di elevata sartoria
calcistica. E per rimanere in tema, è giusto accennare due cose di
calciomercato: tipo, qual è il suo valore? Saùl non ha limiti,
anche se qualche cifra pare ci sia: si parla di una
clausola
di circa 100 milioni di euro appena inserita nel suo nuovo contratto
con l’Atletico. Noccioline
insomma.
Essere un Ñiguez
Più
di un cognome. Tradizione. Storia. Perché per la famiglia di Saùl
prendere a calci il pallone è forse il valore più importante. Un
dono da portare avanti attraverso
una missione di
vita.
Il
papà, il Sign.
José
Antonio Ñíguez Vicente, è stato un calciatore dell’Elche: luogo di
nascita proprio del talento
dell’Atletico Madrid: un prodigio del 21 novembre 1994. Sì,
‘todos
son futbolistas’. I
fratelli, Aaròn e Jon, giocano
rispettivamente nel Tenerife e nel Club Alcoyano. Ah,
volete
il colmo? Da bambini, in prospettiva, Saùl pareva il meno
promettente:
e invece…
Fuggire dal Real Madrid
Nascere
a Elche, crescere a Madrid. Calma con l’Atletico, prima c’è il
Real: che chiama il baby Saùl a soli undici anni. Da sogno a incubo:
“Mi
rubavano le scarpe, mi portavano via il cibo: non solo, mi punivano
anche per delle cose che non avevo mai commesso”. Quel
biondino, buono e bravo, era vittima di bullismo. Roba seria, se non
sei nemmeno adolescente. Scherzi da spogliatoio degenerati in vere e
proprie ostilità. Tutti contro Saul: “Fui
costretto a non frequentare il centro d’allenamento per due
settimane”,
rinnegato
dal club più prestigioso del mondo. Picchiato e minacciato di stare
alla larga da Valdebebas, non proprio il campo sterrato dietro casa.
Insomma,
un clima troppo ostile per un bambino. Meglio cambiare, meglio
attraversare
il Manzanarre e accettare l’offerta dell’Atletico Madrid. L’unico
grande amore, da sempre.
Esordendo
a soli 17 anni e 108 giorni, giocando gli ultimi minuti della sfida
di Europa League contro il Besiktas. Nel mezzo, l’esperienza nel
2013/14 col Rayo Vallecano, l’ambiante ideale per maturare. E poi
Cholo, a tutto Simeone. Anima y corazon. Accanto al capitano Gabi, in
Liga, conquistando un popolo: vendicandosi di chi lo ripudiò. Contro
i blancos, nei derby, da
reietto di quella maledetta cantera. Chiamalo destino, febbraio 2015:
Koke si fa male, esce, entra Saùl. Siqueira
disegna mezzo un servizio al bacio, Ñiguez
si avvita e la butta dentro. Tripudio al Calderon, sì: contro il
Real.
Ventotto
gol in tre stagioni, 15 nell’ultima. Spaccandosi la schiena e
illuminando di magia, soprattutto in Champions League: ricordate
l’anno scorso? Serpentina seguita dal sinistro a giro nella
semifinale contro il Bayern Monaco. Dalle sconfitte in finale col
Real all’inutile colpo di testa di quest’anno. Senza rimpianti,
solo con amore.
Lavoro di cuore
Una
vita a colori, quella di Saùl. Una donna, due animali e due colori:
il biancorosso. Una perrita, Thaila, e un perro, Boris: questi i suoi
due cani. Poi c’è lei, Yaiza: la novia. Coccolata
con le lettere d’amore pubblicate sui social. Dai safari in
Tailandia al piacere della spiaggia, e il cibo? Paella a go-go, un
dogma. Tante gioie, ma anche dolore. Dal bullismo ai problemi renali,
un sanguinamento interno dopo uno scontro con Yriakos
Papadopoulos
in Champions. E
per mesi, dopo ogni partita, Saùl dovette recarsi in bagno ad urinare
sangue. Altra paura, “ma ho
giocato con un catetere interno. Ho giocato d’azzardo con la mia
salute, mosso dal desiderio di giocare per l’Atlético”.
Sempre
solidale, anche su Twitter: con i suoi valori, come quelli di La
Liga Arco Iris, ‘Por
un fùtbol sin homofobia’. Fino ai messaggi per sensibilizzare la
violenza sulle donne. Cose
da gigante, come contro l’Italia: portando a scuola i
centrocampisti di Di Biagio. Emozionando l’Europa, perché Saul è
così: mucho
mas che un giocatore.
Foto: sito AS