Novanta minuti da Inzaghi, dal prepartita “strano” all’abbraccio finale
Il prepartita di fratelli Inzaghi è strano: non si incrociano mai. Pippo passeggia e Simone fa lo stesso, mani in tasca e testa bassa. Nessun gioco di sguardi e nessuna occhiata in tribuna, mentre la famiglia osserva emozionata. Bologna-Lazio è il manifesto di due carriere parallele, lo sanno tutti e soprattutto lo sanno loro. Pippo e Simone, Simone e Pippo, il “maniacale” e il “giocherellone”. Un’ora di studio, a pochi metri di distanza, tra l’emozione di esserci e il pensiero di battere l’altro.
Simone ringrazia il tandem Luiz Felipe-Lulic e vince 2-0, altro successo sul fratello dopo aver vinto al torneo Arco di Trento nel 2013. Rivincita rimandata per Pippo, che durante la partita si arrabbia e allarga le braccia, “alta tensione” come ai vecchi tempi. Simone è più calmo, riflessivo, rispecchia il suo carattere, la prima esultanza è contenuta. Forse per rispetto. Questione di caratteri, o scaramanzie: chissà se Pippo avrà ascoltato Certe Notti e mangiato la solita bresaola. Chissà se “Mone” avrà fatto la solita cena con lo staff.
Il Natale a casa Inzaghi è stato stano quanto il prepartita: nessuna “reunion” per via di questo match, forse il più importante della loro carriera. Simone stavolta scarta il regalo e resta quarto, mentre Pippo dovrà sudare per guadagnarsi la salvezza. Va così. Due carriere parallele, ognuno per se, con due vite intrecciate da sempre, tant’è che quando entrano in campo si capisce: i due stavolta si parlano, l’ansia sparisce e subentra il legame. Pippo prende Simone sottobraccio, gli sussurra qualcosa e sorridono. Com’era bello 20 anni fa da ragazzini, com’è bello oggi da uomini.