Best? No, Friday. Genio, sregolatezza senza limiti: alla scoperta di un mito del football
Britannico. Talento superbo. Fragile umanamente. Problemi di alcol. Quattro indizi che farebbero una prova: George Best. La sola prova, per molti. Eppure il vero tifoso inglese potrebbe anche entrare in confusione e citarvene un altro, sicuramente meno conosciuto della leggenda dello United.
Che non ha giocato né in Premier né in Nazionale. Ma che aveva il talento giusto, unico. Un giocatore che aveva certamente il talento per farcela, ma che si è bruciato in appena un lustro diventando leggenda. Robin Friday. “The greatest footballer you never saw”.
LE ORIGINI DEL MITO – Molto meno conosciuto rispetto al collega di Belfast e dei suoi leggendari aneddoti, Friday nasce nella capitale inglese nel 1952. A 8 anni dimostra già una qualità naturale cristallina: a 10 palleggia con le arance, a 14 anni è nelle giovanili del Chelsea. A 16 anni finisce in riformatorio per via di uno scippo. Tempo di reclusione: un anno. Ma il calcio non lo ha mai lasciato perché dopo pochi mesi gli viene concesso di allenarsi tre pomeriggi a settimana con le giovanili del Reading. E lì, scocca l’incantesimo.“Qui nessuno di voi è più forte di me” disse. Ed era vero. Il ragazzino era fortissimo, incontenibile. Imprendibile. Dopo aver scontato la pena in riformatorio, Robin torna nella sua Acton e conosce Maxine, una giovane di colore. Dopo pochi mesi la sposa, arriverà un bambino. E ok, nulla di strano. Se non fosse che Friday ha solo diciassette anni e nemmeno l’ombra di un quattrino. Ma c’è di più. In quegli anni le coppie interrazziali non erano viste proprio di buon occhio. Con qualche lavoretto qua e là mette da parte qualche spicciolo e Robin – a 20 anni – si ritrova a far l’operaio. Senza mai perdere di vista il pallone. Per fortuna. Perché quel talento pazzesco meritava.
IL TALENTO C’È. LA TESTA NO – In un provino per il Walthamston Avenue Robin segna 7 gol. “Preso”. Ovviamente. Con tanto di contratto firmato in un batter d’occhio: 10 sterline a settimana. Che in proporzione ai gol che metterà a segno poi, saranno una barzelletta. Poi arriva l’Hayes, squadretta semi sconosciuta che decide di prenderlo proprio dopo aver subito una lezione di football dal ragazzino in persona. Che replicherà così: “Mi avete preso perché vi ho spaccato il culo”. Ma il contratto è importante, soldi veri. I problemi con droga e alcool sembrano passati. ‘Si, ha avuto anche problemi di droga prima dei 20 anni’. Una volta contro il D&R viene inserito tra i titolari, ma in campo non c’è. Friday è fuori dallo stadio, in un piazzale, completamente ubriaco. Lo staff della squadra lo va a prendere con la forza e lo spinge in campo quasi esanime. Senza parastinchi. Ma tanto quelli non li indossava mai, comunque. E con la maglietta messa al contrario. Robin fatica a stare in piedi. Verso il finale, la palla arriva a lui. E… gol! Il gol della vittoria. Tutti entrano in campo a festeggiarlo, ma lui li dribbla uno ad uno; poi si dirige verso l’allenatore e gli urla “Visto stronzo!? Adesso torno a bere là fuori. Vedi di non rompermi più i coglioni”. Il mister rimane di sasso ed annuisce, silenziosamente.
RITORNO AL READING – Di li a poco, il Reading si ricorda di quel ragazzino-fenomeno e decide di acquistarlo. La squadra è in terza divisione. Ma l’impatto non è dei migliori: il primo giorno di allenamento chiede a un dirigente se conosce un posto sicuro dove acquistare ‘roba buona’, mentre in partitella non toglie praticamente mai la gamba, entrando durissimo, infortunando metà della sua squadra: il suo allenatore sarà costretto a lasciarlo a parte per paura di vendette da parte dei ‘senatori’. Quando ha il pallone tra i piedi però è poesia. Tifosi del Reading letteralmente impazziti per lui, lo adorano, lo venerano. Le sue esultanze poi sono incredibili: dopo un gol al Plymouth Argylle, Robin scavalca i cartelloni pubblicitari e strappa letteralmente di mano ad un tifoso la sua birra. Verrà espulso dall’arbitro. E lui? Parcamente gli rinfaccia: “Brutto stronzo, avevo sete”.
Pazzia, follia, classe. Tutte insieme. Un po’ come Best, forse più di Best. Molto di più. Al pub è impareggiabile. Ma se in campo faceva innamorare tutto lo stadio, fuori era sempre peggio. Robin viene espulso da diversi pub e locali della zona per i suoi atteggiamenti estremamente esuberanti: una volta si tolse il cappotto e… sotto era completamente nudo. Una volta tornato a casa era solito mettere dischi di heavy metal a volumi allucinanti, in orari notturni, e spesso in preda a deliri di LSD.
“Amo la droga perché mi fa stare bene. Amo l’alcol perché con lui io sono un altro. Amo le donne perché loro amano me. Ed amo il calcio perché è l’unica cazzo di cosa nella mia vita che so fare meglio di un Dio e di chiunque altro su questa corrotta e schifosa terra”.
ADDIO READING – “Geniale ma incontrollabile” ecco perché il Reading decide di farne a meno. Robin passa controvoglia al Cardiff e fa di tutto per farsi cacciare. Prende più volte il treno Cardiff-Bristol (dove risiede) senza mai pagare il biglietto. Il come è curioso: o si nasconde nei bagni oppure finge di essere egli stesso il controllore. “Qui il biglietto, prego”. Senza più restituirlo. In campo? Bene. Segna due gol al Fulham di Bobby Moore, leggenda britannica. Ma non solo. Perché durante un calcio d’angolo, Robin strizza i testicoli al capitano della Nazionale inglese campione del mondo nel ’66. “Basta”. E Cardiff che cede e lo caccia. “Ne ho abbastanza di sentire persone dirmi cosa devo o non devo fare”, è il 1977. Ha solamente 25 anni ma dirà basta al calcio giocato nonostante molti tentano di fargli cambiare idea. Ci provano addirittura Matt Busby e Brian Clough ma si sentiranno entrambi rispondere “Non ho più voglia di giocare”.
“Sarebbe meglio che nel calcio ci fossero più ragazzi sinceri come Robin Friday e meno leccaculo come Billy Bremner (ex capitano del tanto odiato Leeds United ndr.)” dirà poi Clough.
BEST&FRIDAY – Da li in poi la sua vita precipita fino alla morte il 22 dicembre del ’90, a soli 38 anni. Ad Acton c’è ancora gente che lo venera, lo ricorda come il più forte di sempre. Che non è arrivato dove avrebbe meritato soltanto per colpa di quella sua testa. Vinto ma mai morto. Bill Shankly disse “Robin Friday inizia dove finisce George Best. Insieme non avrebbero potuto giocare: la loro squadra sarebbe scesa in campo già in 9 uomini. A volte per una rissa, a volte per qualche donna, a volte per molto alcool. Però, non vederli insieme, è e sarà il più grosso rammarico che questa nazione si porterà dietro per sempre”.
Un talento, insomma, frenato soltanto dai suoi limiti. Un talento così grande, comunque, da riuscire in appena 5 stagioni di serie inferiori inglesi ad entrare cuore del football. Un uomo che non è stato campione solo perché non ha voluto esserlo.
“Sul campo odio tutti gli avversari. Non mi importa niente di nessuno. La gente pensa che sono pazzo, lunatico. Io sono un vincente.” Robin Friday.
di Oscar Toson