Il Toro, i giovani, il futuro. Bava: “Dieci anni stupendi. Strutture? In Italia siamo indietro”
Massimo Bava si racconta in esclusiva: “Juric è da Toro. Italia, ci vuole tempo e pazienza”
Ha sempre avuto quella parlantina veloce, Massimo Bava: accelerazione naturale di un dirigente che prova sempre a guardare avanti. Per dieci anni, il suo lavoro nel Torino è stato prezioso, instancabile e insindacabile: ha rifondato un settore giovanile che ha dato lustro al club di Urbano Cairo, con tanti giovani che si stanno facendo notare in tutta Italia.
“Me la ricordo ancora, l’emozione della firma”, racconta oggi in esclusiva per Gianlucadimarzio.com. Rapide, ma poche parole, sempre: vuole essere misurato. Spazio per l’emozione però questa volta ne concede: “Quando nel 2012 scelsi il Toro, qualcuno disse che era un azzardo. Dal ‘98 lavoravo per le prime squadre, dalla D alla C2, come direttore generale. Ho fatto 14 anni tra i più grandi, di cui 6 in C con Canavese e Cuneo. C’era scetticismo, potrei anche capirlo”.
“Primavera, che orgoglio. Con Petrachi rapporto professionale”
Ma invece ha avuto la forza di portare avanti le proprie idee: “Ho cambiato tutte le metodologie di lavoro. Prima di tutto abbiamo diviso il settore giovanile in due tronconi: dagli Allievi in su, i giocatori sarebbero stati trattati come in prima squadra; le categorie più giovani invece servivano come fase di apprendimento intensivo. In Primavera avevamo istituito la palestra, la psicologa per i calciatori, avevamo aggiunto i preparatori per il recupero degli infortunati. C’era già una bella struttura, ma siamo intervenuti su questi aspetti e i risultati credo ci abbiano dato ragione”.
Tanti trofei, il ritorno alla vittoria dello Scudetto Primavera (con Moreno Longo in panchina), e un grandissimo orgoglio: “Aver portato 15mila persone allo stadio Grande Torino per vedere una partita della Primavera. Era il 20 ottobre 2015, Torino-Senica Bratislava di Youth League. Me lo ricordo bene: vincemmo 2-1 con doppietta di Edera che segnò proprio alla fine. I tifosi esplosero di gioia, per noi fu una cosa emozionante: avevamo creato un clima di empatia con tutto l’ambiente, che non si appassionava più solo dei più grandi, ma anche di tutto quello che il settore giovanile rappresentava”. Un pubblico da record europeo per una gara di Youth League. E la parlantina, lì, rallenta un momento.
Bava sa che in dieci anni, molte cose sono cambiate. “Nel 2019 raccolsi un’eredità pesantissima, quella di Gianluca Petrachi alla direzione sportiva della prima squadra. Non era facile e lo sapevo bene. Con Gianluca però il rapporto era sempre stato molto professionale: sui giovani, anche quelli che poi avrebbero lavorato in prima squadra, mi delegava sempre. Al mio arrivo, ho cercato di dare una struttura specifica allo scouting: Milanetto, Storgato, Rizzieri e Panucci hanno girato per il mondo e l’Italia, fino a quando il covid ce l’ha permesso. Ogni mese le relazioni venivano consegnate sulla scrivania del presidente Cairo, abbiamo visionato circa 3500 giocatori”.
“Juric adatto al Toro. Italia indietro per aspetti organizzativi e politici”
Lavoro interrotto con l’arrivo di Vagnati, e un nuovo anno nel settore giovanile, fino all’addio di questo luglio. “Ho avuto modo di conoscere tante persone, e tanti giocatori che in questi anni sono stati protagonisti. Penso a Sirigu, Belotti, Baselli, Rincon, Ansaldi, De Silvestri, per citarne solo qualcuno. Ero appena arrivato, ma mi hanno tutti trattato con grande rispetto. In rosa adesso c’è Lukic: la fascia da capitano se la merita tutta, e già ai tempi gli dicevo che sarebbe diventato un grandissimo giocatore. È un puro: rappresenta il classico lavoratore, non alza mai la voce e si mette a disposizione di tutti”. Non a caso piace a Juric, che Bava aveva avuto modo di conoscere prima del suo insediamento in granata, arrivato con la gestione Vagnati: “Me l’aveva presentato Milanetto e aveva subito mostrato tutte le sue caratteristiche. Molto temperamento, idee chiare: uno adatto al Torino. Con lui i giovani possono emergere molto”. E di giovani ne ha fatti lanciare parecchi.
In prima squadra, dopo aver fatto tutta la trafila, ci sono Buongiorno ed Edera. Altrove, si ricordano Lucca, Barreca, Aramu, Bonifazi, Rauti, De Luca, Segre, Candellone, Butic, Flavio Bianchi e molti altri. Ed è inevitabile cercare di capire con lui perché le cose in Italia faticano a decollare. “C’è mancanza e carenza nelle strutture, a qualsiasi livello. Se si salva solo qualche caso, vuol dire che un grosso problema c’è. Non è un problema di formazione: Coverciano è uno dei centri migliori del mondo, prepara allenatori, dirigenti, segretari ai massimi livelli. Ma siamo indietro per aspetti organizzativi e politici: non ci sono agevolazioni, nonostante tutti dicano che il calcio sia l’azienda che più di tutte fatturi in Italia. Perché il freno a mano tirato? Così davvero i ragazzi non crescono e ci troviamo a pescare molto all’estero. Forse anche troppo: la Serie C e D possono portare i giocatori giusti. Ma ci vuole tempo, pazienza e strutture, ripeto”.
Idee chiare e voglia già di ripartire. Ora Bava gira per i campi di allenamento per aggiornarsi. E studia l’inglese, per avere la parlantina giusta anche lì. Serve anche quello per guardare avanti.