Back to… Mario: dall’Inter al Brescia, la storia di Balotelli
Mario Balotelli sfida il passato: Brescia-Inter, decima giornata di Serie A, è la sua partita.
Hai 17 anni e segni due gol alla prima partita che giochi da titolare. Con la maglia dell’Inter addosso e vicino a te, in attacco, c'è Hernan Crespo. Qualcosa da dichiarare? Linea soft, voce emozionata e respiro che manca: è una possibilità, soprattutto per i più timidi. Peccato che il 19 dicembre 2007 Mario Balotelli abbia scelto l’altra strada: sincero, spontaneo, diretto. Mario Balotelli, lui, così. A dire il vero leggermente diverso rispetto ad oggi, soprattutto nel look da ragazzino: capello corto, lineare, senza ghirigori strani, nessun orecchino in vista e faccia pulita. “Sai che ti dico? Io sto pensando al gol che ho sbagliato! Boh! Non so come ho fatto. Il secondo? Hanno dormito loro, dai! L’occasione di testa? Di testa non sono bravo, me la cavo”. Un fiume di personalità. Già a 17 anni, 4 mesi e 7 giorni tutta Italia parlava di lui. Mario di qua, Mario di là, Mario di su, Mario di giù. “Il futuro dell’Inter si chiama Balotelli”, scrivevano. Pensavano in molti.
Se non avesse fatto il calciatore, probabilmente, nei suo immaginario, avrebbe tentato la strada circense perché da piccolo adorava gli acrobati. Di ‘numeri’ ne ha fatti comunque, in campo, fuori, soprattutto in nerazzurro, quando era adolescente e voleva godersi la vita da adolescente. 'Probabilmente è arrivato troppo presto a livelli così alti’ ha puntualizzato Materazzi, che ha poi aggiunto: “Io uno così forte già a 16/17 anni, che sfidava non dico me, ma gente come Sinisa, Samuel, Cordoba, Lucio e Chivu, non l’ho mai visto: è nato per il calcio, dicevo”. Ma il calcio non è solo talento e Mario all’Inter è stato di tutto e non sempre talento: irregolare, spensierato, istintivo, faceva gol bellissimi e non esultava – ‘sto solo facendo il mio lavoro, per caso un postino festeggia quando consegna una lettera?’ –, litigava con l’allenatore, dava calcioni agli avversari e chi più ne ha più ne metta. "A Mario voglio bene come a un fratellino, ma non ha mai giocato neanche al 10% delle sue qualità: il Mario che vedevo in allenamento quando aveva voglia, non si è mai visto in partita” ha detto Eto’o. Nella notte dell’impresa casalinga al Barcellona getta la maglia nerazzurra per terra, sotto gli occhi di 80mila persone, e qualche giorno dopo dichiara: “Per me non c’è nessun problema. Sono pronto per diventare il giocatore più forte al mondo”. Il giornalista incalza ‘sei impulsivo o dovresti raffreddarti…’ ma il suo agente, Mino Raiola lo porta via col sorriso sulle labbra. Un giorno era Mario, un altro SuperMario, un altro ancora semplicemente ‘niente’, come lo ha definito Mourinho in una conferenza stampa.
A proposito del portoghese, indimenticabile l’aneddoto di Kazan. "Potrei scrivere un libro di 200 pagine sui miei due anni all’inter con Mario. Ma il libro non sarebbe un dramma bensì una commedia!”. Da ridere quando, contro il Rubin, in Russia, Mourinho ha passato 14 dei 15 minuti disponibili dell’intervallo a parlargli. ‘Sei ammonito e non ho altri attaccanti a disposizione: non fare falli, non reagire, non toccare nessuno. Stai calmo’. Al minuto 1 del secondo tempo: cartellino rosso. Questo era Mario Balotelli all’Inter, un uragano tanto imprendibile – perché fisicamente dominava – quanto imprevedibile, vera e propria matrioska di emozioni. Gioia, amarezza, disappunto, esaltazione, odio, amore. E martedì sera cosa uscirà? Brescia-Inter, il Mario uomo è tornato a casa e veste bianco e azzurro. Chissà cosa dichiarerà nel post.