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Bakayoko: “Voglio vivere a S.Siro, con il Milan, l’inno della Champions”

Il centrocampista francese si racconta ai microfoni di France Football: da un’infanzia difficile all’exploit con il Monaco, passando per il Chelsea e arrivando al Milan. Dove ha trovato in Gattuso “un allenatore che qualsiasi giocatore vorrebbe avere”.

Dichiarazioni d’amore. “Farò di tutto per far sì che il Milan si qualifichi alla prossima edizione della Champions League. Sono cinque anni che i tifosi del Milan non sentono la sua musichetta e io vorrò esserci quando tornerà a risuonare a San Siro“.

Tiémoué Bakayoko ha le idee chiare riguardo l’obiettivo stagionale e futuro della propria carriera, al di là di ogni parola di circostanza: protagonista di una lunghissima intervista rilasciata a France Football, il centrocampista del Milan si è raccontato a 360° tra passato, presente e futuro, raccontando anche il rapporto con Rino Gattuso.

“Vedremo come andrà a finire la stagione, anche perché ho un contratto con il Chelsea, che è comunque un club molto importante per me: sto facendo una buona stagione, sono molto grato al Milan e sono molto contento qui, anche se all’inizio sono stato molto criticato. Ma è normale, tutti si aspettavano di più, nessuna sorpresa. Non riesco a pensare molto al futuro. Gattuso? Non ho apprezzato le dichiarazioni post esordio con il Napoli, sia io che le persone che mi stanno vicino le abbiamo prese male. Sono state illogiche. Ha rimesso in dubbio il mio calcio e quello che avevo imparato durante il mio periodo di formazione. Secondo lui avrei dovuto imparare a orientare e modificare la posizione del corpo. Ma lui è fatto così, dice quello che pensa e vuole che gli si dicano le cose in faccia. Non è uno che porta rancore. Tutti i giocatori vorrebbero avere un allenatore come lui: è una figura paterna, con la quale puoi parlare di tutto e di niente. È molto vicino ai suoi giocatori e li protegge. E non sono tanti gli allenatori che lo fanno. È puntiglioso dal punto di vista tattico, sa il fatto suo. Non lascia nulla al caso”.

Dalle origini del proprio nome all’infanzia: “Il nome Tiémoué, pur poco comune, non ha alcun significato particolare. Era il nome di mio nonno, una delle persone più vecchie della famiglia. Mio padre l’ha scelto perchè potessi seguire i suoi passi, anche un domani. I miei genitori hanno lasciato la Costa d’Avorio per andare in Francia negli anni ’90, ho 7 fratelli e una sorella, e io sono il quinto, in mezzo al centrocampo! Ho avuto un’infanzia piuttosto difficile, ma piena di amore: ciascuno si prendeva cura degli altri. Sono cresciuto nel 14° arrondissement di Parigi. La mia zona era vicina ad Orléans, Alésia, un po’ Montparnasse: per questo vesto la maglia numero 14. Non ero mai stato in mezzo ai contrasti e le rivalità di quartiere, ‘il tuo è il meglio del mio’, ecc… Sono parigino, e sono cresciuto con il PSG. La generazione Ronaldinho, Peter Luccin, anche Nicolas Anelka, questa era la mia squadra”.

“Come mi sono avvicinato al calcio? Mio padre ha giocato in Costa d’Avorio, calcio amatoriale. Nessuno dei suoi 8 figli è scappato a questo mondo, siamo stati tutti tesserati almeno una volta in un club calcistico. È davvero nel DNA della nostra famiglia, è un qualcosa di logico, siamo fatti tutti per giocare a calcio. Mia madre ha avuto anche un ruolo molto importante, anche lei è molto appassionata. È il mio gioiello, mi ha trasmesso molti valori, anche saper superare se stessi. Durante un momento della mia infanzia, mio padre ebbe dei probemi alla schiena e lei fu l’unica a lavorare: è stata molto, molto dura per lei soddisfare tutti i nostri bisogni. Le devo molto”. Un legame familiare che si estende anche al fratello maggiore Abdoulaye: “È il mio consigliere di fiducia, mi rivolgo sempre a lui per primo prima delle partite. Conosce molto bene questo mestiere, è puntiglioso nella sua analisi e mi conosce perfettamente: questo mi permette, di conseguenza, di saper fare autocritica”.

E dire che tutto rischiava di finire già all’età di 13 anni: “Ero stato chiamato all’INF di Clairefontaine, che mi aveva avuto in prova già tre anni prima. Ero sicuramente stato uno dei migliori sul campo. La tristezza fu tanta perchè subii una lesione a tibia e perone, ricordo bene l’azione: il portiere esce, su un pallone che era un po’ lungo, allungo la gamba per evitarlo e lui mi colpisce in pieno. La mia gamba si piega in due…crac! C’è stata una lunga convalescenza alle spalle, ma il mio amore per il calcio ha preso il sopravvento, non potevo crollare”.

Cresciuto successivamente a Rennes, definito all’epoca “il miglior centro di formazione francese”, Bakayoko è poi approdato al Monaco, finendo sotto la lente di ingrandimento di tutta Europa: “Quando sono arrivato nel 2014, sono rimasto in mezzo ad una preparazione a metà con il Rennes, visto che ero in procinto di passare ad un altro club. Nel frattempo, prima del primo match ufficiale, riuscii ad essere il migliore in campo contro l’Arsenal in Emirates Cup: e Jardim, all’improvviso, mi schiera da titolare per la prima in campionato contro il Lorient, al posto di Toulalan. Ma stavamo perdendo, e pur non sentendomi l’anello debole, vengo sostituito dopo 30’. Questo ha un po’ rallentato la mia esplosione, ma dovevo immagazzinare esperienza: sono sempre stato criticato molto, anche se facevo cose buone, ma Makelele mi ha aiutato a rendermi conto del mio livello, delle mie qualità, e ne ho beneficiato. Anche Luis Campos, allora capo della cellula di recrutamento, mi parlava sempre: credeva sempre in me, mi diceva di non aver paura e che sarei riuscito a giocare in grandi club”.

Dalla super stagione nel Principato alla Nazionale Francese. Per una scelta più complessa del previsto: “Quando sono stato portato a scegliere tra Costa d’Avorio e Francia, non ho dormito: ho passato una giornata terribile. Non ero pronto a dover prendere questa decisione tanto rapidamente, mi ha scosso la chiamata del ct francese: dovevo prendere una decisione responsabile e da uomo, al di là del calcio, e ho deciso di scegliere la Francia. Per me era la logica, ho giocato con un certo tipo di generazione e ci siamo tutti affrontati nelle giovanili. In estate andrò in Costa d’Avorio con la mia famiglia: amo quel paese, come la prima volta in cui ci sono andato con mio padre, all’età di 11 anni”.

Poi, la parentesi di una stagione al Chelsea, con il successivo passaggio in prestito con diritto di riscatto al Milan: “Sarri non mi voleva? Io penso che sia stata una cosa che sia arrivata da più in alto. Il club ha deciso di intraprendere dei cambiamenti e io non facevo parte di questi piani. Sarri è arrivato e gli hanno detto quelle che erano le loro intenzioni. In più è arrivato un suo uomo come Jorginho. Una seconda stagione al Chelsea mi avrebbe permesso di giocarmi le mie carte, ma ho sentito il bisogno di cambiare aria. È stata una scelta importante, perché quella del Milan è la quarta maglia che cambio. A 24 anni è tanto. È stato Leonardo che mi ha contattato e se avessi dovuto lasciare il Chelsea, lo avrei fatto solo per il Milan, perché è stato un club che mi ha fatto sognare quando ero piccolo. Lo ringrazio sentitamente per avermi dato questa chance”.

E in rossonero “Baka”, dopo tante difficoltà iniziali, si è ritrovato, diventando leader del centrocampo rossonero: “Nel corso della trattativa Maldini, senza voler mentire, è stato straordinario. Lui e Leo sono due figure iconiche della società. Ti rendi conto della grandezza del club vedendoli arrivare. Io mi ricordo Maldini, con il suo numero 3 sulle spalle, con la fascia di capitano al braccio e i suoi capelli lunghi. Mi sembrava incredibile che mi parlasse”.

Tra un paragone e l’altro, Bakayoko sogna di continuare la propria avventura al Milan. Mostrando anche qualcosa in più rispetto a ciò che si è visto: “Desailly? Rispetto a me, era molto più difensivo. Non penso che ci siano delle somiglianze tra noi. Ma so anche che ha fatto grandi cose al Milan nel mio ruolo. Sono andato a vedere i video per curiosità. Mi lusinga essere comparato a lui. Io dribblomane? E’ una qualità che non mi viene associata, oppure non direttamente. Quando mi si vede, si pensa che io sia un giocatore fisico, ma in realtà ho delle qualità tecniche. In fase di formazione, amavo saltare l’avversario dribblandolo. E non faccio dribbling così tanto per farli. Nel mio ruolo non è una peculiarità, ma questo mi permette di mettere in difficoltà gli avversari”. Non il Milan, che dopo una stagione ad alti livelli pensa ormai sempre più fortemente al suo riscatto. Tentando di ripartire, magari con una Champions League da giocare in più, anche da Tiémoué Bakayoko.