Baggio 5×10 – L’inizio del campione, da Vicenza a Firenze. Una questione d’amore, Volpecina: “Amato da tutti: era questa la sua grandezza”
Un ritratto a colori, ripercorrendo tutti quelli di una carriera in cui gli infortuni hanno svolto un ruolo, purtroppo, fondamentale. In principio fu il biancorosso, quello del Lanerossi Vicenza. Per motivi geografici, furono loro i primi ad accorgersi del talento di Roberto Baggio, nativo della vicina Caldogno. Viene accolto che ha soltanto 13 anni e accompagnato nel percorso di crescita. Il sogno di diventare calciatore si fa sempre più concreto, dinnanzi agli occhi di Roberto, che non riesce a dedicarsi con successo anche allo studio. E quando il Vicenza gli chiede di aggregarsi al ritiro della prima squadra, non gli importa di non concludere le scuole superiori.
“Posso garantire che le sue doti di fenomeno si vedevano sin da quando giocava con gli allievi” racconta Raffaele Di Fusco a gianlucadimarzio.com. “Agli inizi della sua esperienza a Vicenza, veniva spesso a vedere noi grandi allo stadio e faceva il tifo. Era coccolato da tutti, anche per via della sua statura minuta. Per questo lo chiamavamo Baggetto” prosegue l’ex portiere. Quel carattere schivo, confermato anche dalle persone più care, era cosa nota già in gioventù: “Finito l’allenamento, tornava subito a casa, lui abitava poco lontano”. Ma il rammarico più grande restano sempre i continui problemi alle ginocchia. “E’ stato un peccato, chissà che sarebbe potuto diventare senza tutti quegli infortuni. Era condivisa l’impressione che potesse diventare un talento, non aveva bisogno di essere scoperto: Baggio si scopriva da solo”.
Al suo ultimo anno vicentino, proprio al termine del campionato, dopo aver condotto il Vicenza in Serie B, si procura la rottura del legamento crociato. Ma nonostante tutto, la Fiorentina decide di acquistare quel diciottenne, che dovrà attendere però prima di potersi conquistare una maglia da titolare in viola. Firenze lo aspetta, lo accudisce, lo accompagna nel percorso di recupero senza dargli fretta. Continua a credere in lui anche quando si infortuna di nuovo al rientro dal primo incidente. Il 10 maggio 1987 è una data storica per i tifosi napoletani, che festeggiano il primo scudetto. Ma lo è anche per Baggio che firma la sua prima rete in viola, proprio contro il Napoli. E’ doppia festa: per gli azzurri il campionato, per la Fiorentina quell’1-1 significa salvezza.
I suoi anni toscani li ha raccontati per gianlucadimarzio.com, Giuseppe Volpecina. “E’ stato un fuoriclasse, dentro e fuori dal campo. Era capace di vincere da solo le partite, ed in allenamento era una delizia. Una persona umile e semplice, come non se ne trovano nell’ambiente” ha detto di getto l’ex giocatore. Avendoli vissuti entrambi da vicino, è possibile confrontare Maradona e Roberto Baggio? “Tecnicamente non erano lontani. Ma Diego era vulcanico e geniale in campo, Roberto è sempre stato più posato. Ma in spogliatoio era un simpaticone: forse perché era amico di Benigni, ci raccontava sempre tantissime barzellette”. Quando c’è da descrivere la grandezza del giocatore e dell’uomo, Volpecina non ha dubbi: “Ricordo una partita di Coppa Italia con il Licata, all’epoca la fase a gironi della coppa si giocava prima del campionato. Baggio fece un gol incredibile facendo diverse finte da fermo a cui i difensori abboccarono, poi arrivò fino in porta col pallone al piede. Il pubblico lo applaudì per almeno cinque minuti ininterrotti. Lo stesso successe quando contro il Napoli prese palla e imitò Maradona contro l’Inghilterra, anche il San Paolo gli tributò omaggi. Ecco, questa era la sua grandezza: veniva apprezzato e rispettato da chiunque, nessuno dagli spalti lo offendeva e raramente, soltanto per paura, veniva fischiato”.
L’addio alla Fiorentina non avvenne a cuor leggero, anzi. Era troppa la riconoscenza di Baggio, per tutto l’amore che aveva ricevuto. “Mi hanno aspettato e voluto bene. Come potevo dimenticarli?”. Non si può. Come dimenticarsi di Baggio: semplicemente, non si può.